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Sulle tracce dello Zafferano in Umbria: curiosità dalla Valnerina tra il XV e XVI secolo

In Valnerina gli statuti di Cascia parlano “Della pena di chi darrà danno nel croco overo zafferano”, mentre in alcuni documenti del Cinquecento è scritto di scambi di zafferano, oro e gioielli in tutta Italia. A Cascia mercanti ebrei controllavano, almeno nel Quattrocento, il mercato, smerciando zafferano in grandi quantità a Perugia, Spoleto, Civitanova, Camerino e perfino all’Aquila.

Ma le testimonianze arrivano da tutto il territorio dello zafferano di Cascia. Lo Statuto di Norcia dispone che “Nessuno della terra di Norcia o suo distretto o forastiero in esso abitante potesse comperare o preparare croco o zafferano a richiesta di alcun forastiero, né ricevere pecunia per tale effetto, restando comminata la pena di libre cento di denari ad ogni contravventore, per ciascuna contravvenzione”, ciò per lasciare ai nursini i profitti di questo importante mercato, e, spigolando per documenti, a fine Cinquecento si trova che la professione di “incettatore”di zafferano, veniva praticata ad Agriano, Avendita e Colle di Avendita.

Cipriano Piccolpasso, nella sua relazione del 1565 al governatore pontificio di Perugia, Bussio, scrive sugli abitanti di Cerreto che “esercitano questi huomini di andar per il mondo vendendo il zafferano et pepe et altre speziarie…”e che i mercanti di Cascia, tra l’altro: “et vanno vendendo pepe et zafferano et altre aromatarie con il quale esercitio in poco tempo fanno di buone facultà”.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dello Zafferano”

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SUINO NERO CINGHIATO DI NORCIA

Fino agli anni ‘30 del secolo scorso in tutta Italia erano allevate molte razze suine selvatiche.

Tra queste, una appenninica tipica della Valnerina, della quale sono state rinvenute numerose testimonianze iconografiche dal Prof. Luciano Giacché dell’Università di Perugia.

Contraddistinto da una fascia retroscapolare chiara, questo maiale aveva un mantello scuro e setoloso, oltre a una carne di alta qualità.

Estintosi in epoca moderna a causa della diffusione degli ibridi commerciali, questo maiale antico è stato ricreato grazie ad un progetto di selezione da esemplari di Cinta Senese.

Così il Nero Cinghiato  è stato reintrodotto in alcuni allevamenti dell’Umbria per essere allevato allo stato brado nel suo territorio originario.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle carni” consultabile qui.

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LA VECCHIA FERROVIA SPOLETO NORCIA

 

 

È il 1926 l’anno di inaugurazione della linea ferroviaria alpina che da Spoleto arrivava a Norcia. Un tracciato difficile, per addolcire il quale gli ingegneri dell’epoca adottarono brillanti soluzioni.

Numerosi viadotti, gallerie e ponti di ferro furono realizzati e scavati lungo i suoi 51 Km per permettere al convoglio, una volta lasciata Spoleto, di salire fino al valico della galleria di Caprareccia (lunga 1936 metri), ridiscendere nella valle del Nera e proseguire su un tratto pianeggiante fino alla stazione di Norcia attraversando la valle del Corno e quella del fiume Sordo.

La dismissione del tratto ferroviario è datata 1968, ma recentemente è stata eseguita una accurata messa in sicurezza del tracciato proprio per mantenere la memoria di questi luoghi del valore paesaggistico, culturale ed emozionale di rilievo.

L’opera di riqualificazione ha riguardato anche i fabbricati viaggiatori delle ex-stazioni di Spoleto, Caprareccia, Sant’Anatolia di Narco-Scheggino, Piedipaterno-Vallo di Nera e Borgo Cerreto-Sellano, luoghi destinati a punti di accoglienza e informazione per i turisti. L’itinerario è meta di percorsi anche in mountain bike: punto di riferimento è l’ex-stazione di Sant’Anatolia di Narco, sede del recente info point,  che può considerarsi l’ideale divisione tra la parte del percorso più impegnativa, quella in direzione Spoleto, da quella più agevole in direzione Norcia.

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STRANGOZZI AL TARTUFO NERO

Ingredienti per 4  persone:
3 hg e ½  di Strangozzi
1 hg di Tartufo Nero di Norcia
Olio Extra-vergine d’oliva Umbro
1 noce di burro
1 spicchio di aglio vestito
Sale q.b.

Su un padellino caldo versare l’olio extra vergine d’oliva e lo spicchio d’aglio. Aggiungervi il tartufo ben lavato e grattugiato e cuocere a fiamma dolce per una decina di minuti circa.
Quando la pasta è cotta al dente, scolarla su un piatto da portata, aggiungervi il burro ed amalgamare bene.
Condire con la salsa di tartufo preparata e mescolare il tutto.

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POLENTA AL FORNO CON TARTUFO NERO E PERCORINO

 

Ingredienti  per 4 persone :
350 grammi di farina di mais
1 tartufo nere 
200 g di pecorino di Norcia stagionato
40 grammi di burro
sale q.b.

Portare ad ebollizione 1 litro e mezzo di acqua, salare e versarvi a pioggia la farina di mais, avendo cura di mescolare bene per evitare la formazione di grumi.

Cuocere per circa 40 minuti finché la polenta non diventa di consistenza morbida.

Nel frattempo tagliare a scaglie il tartufo ben pulito ed a lamelle il pecorino.

Una volta pronta, versare un primo strato di polenta su una pirofila imburrata, cospargervi alcune lamelle di pecorino, qualche fiocco di burro e alcune scaglie di tartufo. Proseguire con gli strati fino ad esaurimento degli ingredienti. L’ultimo strato deve essere di sola polenta e pecorino.

Cuocere in forno a 180° C per 20-25 minuti circa, finché sulla polenta non si sarà formata una crosticina croccante.

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Lenticchie di Castellucio di Norcia con salsicce

DOSI X 4 PERSONE

400 gr. di lenticchie di Castelluccio di Norcia

8 salsicce

5 – 6 foglie di salvia

400 gr. di pomodoro passato

olio extravergine d’oliva

sale e pepe.

Mentre lessate le lenticchie, scottare le salsicce in acqua bollente. A parte preparare un soffritto con olio e salvia e aggiungere il pomodoro passato. Far insaporire il sugo e aggiungere le salsicce e le lenticchie. Cuocere a fuoco basso e servire.

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Corallina

Uno dei più conosciuti salumi di Norcia, è la corallina di Norcia, prodotta con la polpa di spalla scelta mondata del grasso e dei tendini e con l’aggiunta di parti di grasso duro tagliato a dadini. L’impasto, prima aromatizzato con sale, pepe (sia macinato che intero) e aglio, viene lasciato macerare nel vino e poi insaccato in dei budelli naturali. Dopo un periodo di asciugatura di circa una settimana, in un luogo aerato e spesso riscaldato da camini o stufe a legna, viene lasciato stagionare per alcuni mesi. Si differenzia dai restanti insaccati per la notevole dimensione della grana di carne di puro suino, per la presenza di pepe nero macinato ed in grani e per il tradizionale odore conferitogli dalla particolare stagionatura, un tempo realizzata in cantine prive di pavimenti, che stimolavano l’azione di lieviti e di microrganismi tipici permettendo il formarsi di uno strato superficiale di muffe, che conferivano un profumo caratteristico.