In Valnerina gli statuti di Cascia parlano “Della pena di chi darrà danno nel croco overo zafferano”, mentre in alcuni documenti del Cinquecento è scritto di scambi di zafferano, oro e gioielli in tutta Italia. A Cascia mercanti ebrei controllavano, almeno nel Quattrocento, il mercato, smerciando zafferano in grandi quantità a Perugia, Spoleto, Civitanova, Camerino e perfino all’Aquila.
Ma le testimonianze arrivano da tutto il territorio dello zafferano di Cascia. Lo Statuto di Norcia dispone che “Nessuno della terra di Norcia o suo distretto o forastiero in esso abitante potesse comperare o preparare croco o zafferano a richiesta di alcun forastiero, né ricevere pecunia per tale effetto, restando comminata la pena di libre cento di denari ad ogni contravventore, per ciascuna contravvenzione”, ciò per lasciare ai nursini i profitti di questo importante mercato, e, spigolando per documenti, a fine Cinquecento si trova che la professione di “incettatore”di zafferano, veniva praticata ad Agriano, Avendita e Colle di Avendita.
Cipriano Piccolpasso, nella sua relazione del 1565 al governatore pontificio di Perugia, Bussio, scrive sugli abitanti di Cerreto che “esercitano questi huomini di andar per il mondo vendendo il zafferano et pepe et altre speziarie…”e che i mercanti di Cascia, tra l’altro: “et vanno vendendo pepe et zafferano et altre aromatarie con il quale esercitio in poco tempo fanno di buone facultà”.
Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dello Zafferano”