fontana

STORIA E TRADIZIONE DELLA CARNE: DAL MEDIOEVO AL RISORGIMENTO

Con l’affermarsi delle culture celtiche e germaniche, in cui un pasto non era considerato tale senza una buona razione di carne e un traboccante boccale di cervogia (l’antica birra), gli animali vengono rimessi al centro della dieta di tutti i giorni.
La carne, simbolo di vigore fisico e della capacità dell’uomo di imporsi sugli altri esseri viventi, diventa uno strumento di legittimazione del nuovo potere.È così che nel Medioevo i potenti signori, spesso chiamati a fare la guerra, dimostravano forza fisica e status sociale nutrendosi di carne, lasciando ai più poveri il consumo dei legumi.
Viceversa, le regole della “temperanza cristiana” professate dalla Chiesa imponevano l’astinenza dal mangiare carne come mezzo per la salvezza dell’anima, specie durante le ricorrenze religiose. Era uno dei modi per mettere in discussione il modello “barbaro” di società dei potenti. Ma le basi della nuova dieta d’Occidente sono ormai gettate.
A partire dal IX secolo non esiste feudo in cui non fiorisca l’allevamento di ogni capo di bestiame e, con la sempre crescente domanda di cibo nelle città, quello del macellaio – insieme all’oste e al fornaio – diviene uno tra i mestieri più importanti delle cosiddette Arti.

Nelle botteghe dei “macellarii”, adiacenti ai mattatoi posti per ragioni sanitarie fuori dalle mura urbane e vicine ai corsi d’acqua, si trovano carni bovine e suine macellate il giorno stesso. I chioschi sono attrezzati con un solido banco in primo piano per tranciare la carne e, alle spalle dell’artigiano, si trovano mannaie, coltelli e ganci per appendere la merce.

A partire dal 1200, nella Perugia amministrata dai Priori, vengono istituite le Matricole, albi professionali ante litteram che inquadrano i cittadini esprimendo il governo della città. Fra queste, una delle più vaste è proprio quella dei Macellai, che riunisce gli addetti alla macellazione e alla vendita delle carni. L’importanza di questa categoria è testimoniata da un bassorilievo della Fontana Maggiore, progettata nel XIII secolo,che raffigura la macellazione del maiale nel mese di dicembre.Il monumento è, infatti, una vera e propria sintesi architettonica dei fermenti economici e sociali del tempo.Con il fiorire delle arti durante il Rinascimento, una sempre maggiore ricerca gustativa e visiva nelle pietanze dà alla cucina un ruolo centrale nella cultura dell’Umanesimo.

Secondo la concezione intellettuale del tempo, la genuinità degli alimenti è posta su una scala gerarchica che dal punto più basso,sotto terra, sale in alto fino in cielo avvicinandosi a Dio. In base a questa visione, gli alimenti meno pregiati sono i tuberi e gli ortaggi, mentre i più raffinati sono le carni dei volatili. Subito dopo le carni “da penna”, vengono poi quelle suine e bovine.

È in questo periodo che la cucina viene annoverata tra le ‘Belle Arti’ e diventa Gastronomia: da un lato si diffondono nuove ricette come arrosti, torte, pasticci e paste ripiene (in genere impreziosite da abbondanti spezie esotiche), dall’altro il servizio a tavola diventa un vero e proprio culto. Nei ricevimenti, accanto allo “scalco” incaricato di dirigere il cuoco e la servitù, è sempre presente il “trinciante”, addetto al taglio e al servizio delle carni.

 

Testo tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle Carni” Consultabile qui.

etruschi

STORIA E TRADIZIONI DELLA CARNE: DAGLI ETRUSCHI ALLA CARNE DEI BARBARI

Nelle società antiche il bestiame rappresentava un elemento molto importante per l’economia degli insediamenti.
Gli Etruschi, ad esempio, erano ghiotti di carne di maiale che, nei fitti boschi di querce lungo le sponde del Tevere, proliferava libero di razzolare.Greci e Romani, invece, non erano abituati a mangiare frequentemente carne, alimento centrale nelle sole festività. Anche loro in genere preferivano il suino, spesso arrostito o stufato in un sugo di olio, miele e vino.
Perno della cultura grecoromana era in realtà l’agricoltura fondata su grano, vite e olivo. Gli animali, oltre ad avere un valore centrale nei sacrifici in onore degli dèi, rappresentavano un’assicurazione sulla forza lavoro della terra, sulla produzione di latte per i formaggi e su quella di pellame. Dunque, i capi bovini si uccidevano solo se strettamente necessario e comunque quando l’animale era troppo vecchio per essere utile.
Tuttavia, sul fare del V secolo d.C., con le cosiddette “invasioni barbariche”, la carne acquista uno spazio sempre maggiore anche nella dieta quotidiana delle culture mediterranee, sulle quali è fondata la moderna civiltà occidentale.
Testo tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle Carni” consultabile qui.

origine

STORIA E TRADIZIONI DELLA CARNE: LE ORIGINI

Cosa sarebbe il genere umano senza la carne? Forse nemmeno esisterebbe.Secondo studi recenti i nostri antenati del Pleistocene, a partire da un milione e mezzo di anni fa, hanno iniziato a costruire i primi strumenti in pietra per cacciare grandi animali erbivori. Da quel momento l’apporto nutrizionale della carne, soprattutto in termini di proteine e vitamine del gruppo B, ha determinato un aumento della capacità cranica e delle dimensioni del cervello, favorendo inoltre l’irrobustimento del corpo.Così il genere Homo si è adattato alle difficili condizioni climatiche di allora. È la cosiddetta “dieta paleolitica”, che ha messo uno sull’altro i primi mattoni del nostro attuale corredo genetico.

Ma è stata l’attitudine a migliorare sempre di più le proprie condizioni di vita che, nel Neolitico, ha convinto i nostri lontani parenti a non contare esclusivamente sulla caccia e a controllare le risorse alimentari per vivere più a lungo e meglio.È così che, a partire da circa 12mila anni fa, l’uomo cacciatore-raccoglitore, a cui piaceva vivere alla giornata campando di quello che la natura riservava occasionalmente,ha deciso di coltivare la terra e addomesticare gli animali, assicurandosi in questo modo sufficienti provviste di cibo in ogni periodo dell’anno.

In particolare i bovini si sono dimostrati animali molto preziosi perché, oltre a garantire forza lavoro, concime per la terra e pellame per gli indumenti, fornivano latte e carne. Dove siano nati i primi allevamenti è ancora questione dibattuta fra gli studiosi, ma sembra che in Europa, intorno al 6000 a.C., si addomesticassero antiche specie di bovino giunte dall’India. Tra queste una chiamata Bos primigenius, un bue primitivo alto due metri, con lunghe corna e un carattere aggressivo. Insomma, già da allora il mestiere dell’allevatore doveva essere piuttosto difficile. Anche il suino domestico, discendente del cinghiale (Sus scrofa) si era diffuso in Europa più o meno negli stessi anni. Libero di scorrazzare nei villaggi, oltre che nei boschi dove poteva cibarsi di ghiande e radici, variava la dieta con i rifiuti alimentari gettati dalle abitazioni. È così che ha progressivamente aumentato la tendenza all’ingrasso.

 

Testo tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle Carni” consultabile qui.

cottura

MODALITA’ DI COTTURA DELLA CARNE

La cottura consiste nel sottoporre la carne a un innalzamento di temperatura grazie al contatto con aria, acqua, grasso o una superficie calda. Ma cosa succede alla carne durante questo processo? I tessuti sono costituiti da fibre muscolari riunite in fasce e avvolte da un tessuto connettivo, il “collagene”. Questa si scioglie in acqua a una temperatura di circa 65°C. Più un animale esercita i muscoli più è ricco di collagene e, quindi, necessita di cotture prolungate che ne favoriscano la tenerezza. Per questo è molto importante scegliere la giusta modalità di cottura e temperatura in base al taglio di carne che si cucina.I sistemi di cottura sono essenzialmente due, a secco e in umido, ma possono essere anche usati insieme.Vediamoli nel dettaglio.

A SECCO

Ne fanno parte la cottura al forno, alla griglia, alla piastra e sullo spiedo.Ma anche la gratinatura (cioè con il calore dall’alto), la rosolatura e la frittura.Sono metodi adatti alle carni di animali giovani o che non sono stati sottoposti a eccessivo sforzo fisico.

IN UMIDO

I metodi più usati sono la bollitura (la carne è messa a lessare completamente immersa in acqua a 100°C), la brasatura o stufatura (cottura lenta e costante in casseruola con aggiunta di brodo o vino), a bagnomaria (il recipiente della carne è posto in un altro riempito con acqua e posto sul fuoco) e infine la cottura a vapore. Sono metodi ideali per carni ricche di tessuto connettivo, come quelle dei tagli più robusti o ricavate da animali macellati in età avanzata.

TECNICA MISTA
Questa modalità risulta molto utile per cuocere a puntino le carni ricche di collagene all’interno ma che hanno una pelle particolarmente grassa. È ad esempio il caso dello stinco di maiale, prima stufato in casseruola e poi rosolato all’esterno; oppure quello della porchetta, cotta a vapore e poi rosolata al forno, per rendere la carne ben tenera all’interno ma la cotenna croccante.

 

Testo tratto dalla pubblicazione ella Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle Carni” consultabile qui.

conservazione

COME CONSERVARE LA CARNE

 

È molto importante conservare la carne in modo opportuno, per evitare che la diffusione di microrganismi indesiderati ne alterino la composizione e il gusto, con effetti spiacevoli anche sulla nostra salute. La prima regola è quella di non interrompere mai la cosiddetta “catena del freddo”, o farlo per il minor tempo possibile.

La distribuzione commerciale dispone degli strumenti adatti a mantenerla (celle e banchi frigoriferi) ma il consumatore, spesso distratto, è l’anello debole di questa catena. Una volta acquistata dal macellaio, la carne va riposta nel ripiano basso del frigorifero nel più breve tempo possibile, lasciandola nell’incarto ben chiuso.

In generale, per mantenere integre tutte le sue qualità, è bene consumarla entro le 24 ore, ricordando che i tagli grossi resistono più di quelli piccoli o macinati.

Se invece si vuole conservare la carne per mangiarla più in avanti bisogna congelarla. Il congelamento è una tecnica di conservazione che consiste nel portare l’alimento ad una temperatura inferiore allo zero. In questo modo si favorisce la solidificazione dell’acqua contenuta nei tessuti e la carne può conservarsi anche 6 mesi. I refrigeratori domestici permettono un congelamento lento a temperature di circa -5°C, mentre quelli professionali (gli abbattitori) possono raggiungere in breve tempo i -20°C. Nel primo caso si formano però dei microcristalli di ghiaccio che rompono la parete delle cellule e, in fase di scongelamento, la carne perde acqua e nutrienti. Con il congelamento rapido, invece, le perdite nutrizionali sono ridotte al minimo.

È bene ricordare che, per impedire ai batteri di proliferare, la carne non va mai scongelata a temperatura ambiente bensì in frigorifero e consumata entro le 24 ore successive.

frollatura

COS’E’ LA FROLLATURA?

Le carni appena macellate, specie quelle bovine, risultano in genere dure.Questo perché, dopo l’abbattimento dell’animale, i muscoli si irrigidiscono e tendono a perdere liquidi.

È dunque necessario sottoporre le carni ad un processo di maturazione spontanea, utile a rendere la carne più tenera:la frollatura.I quarti dell’animale vengono posti in una cella frigorifera a una temperatura compresa tra 0 e 4°C per circa due settimane.

Tuttavia, carni economiche vengono frollate per 24-48 ore mentre altre, particolarmente prelibate, vengono fatte maturare anche alcuni mesi e per questo sono decisamente più costose.

Non esiste ad oggi una legge che indica modalità e tempi di frollatura per i vari tipi di taglio.Ciò significa che la qualità della carne a seguito di una giusta maturazione è affidata esclusivamente alla competenza del macellaio.

Testo tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle Carni” consultabile qui.

brodo

BRODO O BOLLITO?….I CONSIGLI DEL MACELLAIO

Per ottenere un brodo nutriente è preferibile mettere la carne in acqua fredda e solo successivamente accendere il fuoco portando a ebollizione. In questo modo la carne rilascerà gradualmente nell’acqua tutte le sostanze solubili.

Diversamente, se si preferisce ottenere un bollito senza perdere troppi nutrienti, si consiglia di mettere la carne quando l’acqua inizia a bollire. Così i tessuti esterni tenderanno a sigillarsi per lo shock termico, impedendo ai succhi di fuoriuscire.

Nota tratta dalla pubblicazione della camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle carni” consultabile qui.

anagrafe-suina

ANAGRAFE SUINA

La sicurezza delle carni è fondamentale per il nostro benessere. È pertanto necessario che tutta la catena,“dal campo alla tavola”,sia assolutamente trasparente. La tracciabilità delle carni è garantita da un sistema di registrazione e identificazione degli animali:l’anagrafe zootecnica. Questo sistema,inizialmente riguardante la sola specie bovina, si è poi ampliato a tutte le altre specie.

Anagrafe suina: i maiali si identificano, invece, mediante il codice dell’azienda di nascita tatuato all’interno dell’orecchio sinistro o nella parte esterna delle cosce. Anche per le carni suine c’è, finalmente, una maggiore attenzione nell’indicare al consumatore la provenienza dell’animale e la sua storia. Sull’etichetta delle carni di suino deve essere riportata una di queste due indicazioni, a scelta tra:
a. “Allevato in…” seguito dal nome dello Stato membro dell’Unione europea o del Paese terzo e poi “Macellato in…” sempre indicando il Paese;

b.“Origine…” seguito dal nome dello Stato membro o del Paese terzo, ma solo se l’animale è nato, allevato e macellato in un unico Stato menbro o Paese terzo;

Pertanto, solamente quando troviamo in etichetta quest’ultima dicitura “Origine:Italia” possiamo essere certi che si tratta di un maiale made in Italy al 100%, vale a dire nato, allevato e macellato in Italia. In caso contrario, con la prima dicitura, l’animale potrebbe essere stato allevato e macellato in Italia, ma senza essere nato nella Penisola. Non c’è, infatti, alcun obbligo di legge di riportare in etichetta la sola dicitura ‘Nato in…’, come avviene invece per la carne bovina.

Testo tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle Carni”, consultabile qui.

anagrafe-bovina

L’ANAGRAFE BOVINA

La sicurezza delle carni è fondamentale per il nostro benessere. È pertanto necessario che tutta la catena, “dal campo alla tavola”, sia assolutamente trasparente. La tracciabilità delle carni è garantita da un sistema di registrazione e identificazione degli animali: l’anagrafe zootecnica. Questo sistema, inizialmente riguardante la sola specie bovina, si è poi ampliato a tutte le altre specie.

Anagrafe bovina: come stabilito dal Ministero della Salute, l’Anagrafe Nazionale Bovina è un sistema di identificazione e registrazione dei capi che ha lo scopo di tutelare il patrimonio zootecnico e la salute pubblica dei consumatori.Gli strumenti sono la tracciabilità (il percorso dell’animale, dalla nascita al banco di vendita) e l’etichettatura del prodotto. Nella Banca Dati Nazionale (BDN), accessibile a tutti via internet, sono registrati i dati identificativi dei capi. Il Servizio Veterinario delle ASL certifica l’iscrizione nella BDN e provvede al rilascio del “passaporto”:il documento d’identificazione che accompagna l’animale in ogni suo spostamento, contenente i dati anagrafici e il codice identificativo apposto sulle placche auricolari. L’etichetta delle carni bovine prevede regole molto più vincolanti rispetto ad altri alimenti. La legge obbliga all’indicazione delle seguenti informazioni:

1. Codice di rintracciabilità: numero auricolare;

2. Nato in… (Paese);

3. Allevato in… (Paese, anche più di uno);

4. Macellato in… (numero di riconoscimento dello stabilimento dove è avvenuta la macellazione);

5. Età anagrafica al momento della macellazione. Con l’indicazione della denominazione di vendita: ‘vitello, vitellone o bovino adulto’.

6. Sezionato in… (Paese di sezionamento delle carni e numero di riconoscimento del laboratorio).

Testo tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle Carni” consultabile qui.

tartare

LA CARNE CRUDA: TARTARE E CARPACCIO

La Tartare, il cui nome deriva da come mangiavano la carne i Tartari (i barbari), vale a dire cruda, si prepara utilizzando solitamente il filetto, la noce o lo scamone del vitello.

La carne viene tritata al coltello, insaporita con senape, salsa Worcester, cipolla, sale e pepe, e leggermente bagnata con succo di limone. Infine, impiattata con l’aiuto di un coppa pasta, può essere ulteriormente condita con olio extra vergine d’oliva, tabasco, capperi sminuzzati e tuorlo d’uovo intero.

Il Carpaccio, inventato dal fondatore del veneziano Harry’s Bar Giuseppe Cipriani, è un piatto a base di sottilissime fettine di bovino servite crude sul piatto da portata e insaporite con un filo di maionese artigianale o salsa rosa. In alternativa,si consuma con rucola, scaglie di Parmigiano e olio extra vergine d’oliva.

 

Nota tratta dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle Carni” consultabile qui.