merletto

Ricami, pizzi e merletti…che passione!

 

Ricami, pizzi e merletti sono da tempi immemorabili passione di tutte le donne che amano arredare con gusto la propria casa, senza considerare l’alto valore che, nella moda del passato, apportavano nel guardaroba femminile. In Umbria, si spazia da pizzi e merletti di finissima fattura, a nobili ricami dai colori raffinati e a tessiture dal gusto rustico ma moderno, come quelle di Montefalco.
A partire dal Medioevo, nel cuore verde d’Italia, si tramanda una viva tradizione di ricamo, con anedotti risalenti anche ad illustri personaggi, quali, ad esempio, Santa Chiara per il punto Assisi o Caterina de’ Medici, la quale portò alla sua corte e poi in Francia il punto Madama, appreso dalle ricamatrici umbre.
Pochi lo sanno, ma la cittadina di Deruta, nota al mondo per le sue favolose ceramiche,a sua volta, ha dato vita a due tipologie di ricamo , il primo, denominato “Deruta Antico” risalente al XIII secolo, mentre il secondo “ Deruta Moderno”, risalente al XX secolo, riproduce su tela gli splendidi decori degli abili ceramisti.
Si pensa che il filet a modano sia originario di San Feliciano, località rivierasca del Comune di Magione, prodotto grazie all’abilità sviluppata dalle rammendatrici delle reti da pesca, principale risorsa economica locale dei tempi passati. Famoso, sempre nell’area del Trasimeno, il pizzo Irlanda, che prevede una pregiata lavorazione ad uncinetto, e l’Ars Panicalensis di ricamo su tulle.
Degne di nota sono anche le tessiture manuale che si realizzano tuttora a Perugia – famosa in epoca medievale per le tovaglie denominate “perugine”, utilizzate come tovaglie d’altare nelle chiese, rappresentanti figure geometriche e zoomorfe in turchese, rosso e marrone – e nell’Alta Valle (non solo tovaglie, ma anche arazzi e tappeti), nonché i tovagliati ed i  merletti dell’area dell’orvietano.
Per tutte le appassionate, ma anche per gli appassionati di queste arti mirabili, si consiglia una visita al Museo del Tulle di Panicale, al Museo del Merletto dell’Isola Maggiore  a Tuoro sul Trasimeno ed alla Collezione Tessile di Tela Umbra di Città di Castello.

Legno e…

In Umbria è radicata la tradizione della lavorazione artigianale del legno e dei mobili in stile, quanto i suoi floridi boschi sono ricchi di alberi dal nobile legno, dal noce al frassino, al rovere, al ciliegio, tanto per citarne alcuni.

I nostri artigiani, nel trasformare il legno in oggetti unici, trasmettono il loro sapere e le loro competenze, la lavorazione a mano riesce a comunicare naturalezza del prodotto ed attenzione per le finiture, dando luogo a prodotti diversi, non superficiali ma pieni di significato, di storia e di memoria. Prodotti che non temono di invecchiare, ma che, anzi, grazie al tempo acquistano maggiore fascino e pregio. Esprimono il gusto del vivere e rendono piacevole il loro uso.
I mobili in stile, le cui produzioni sono concentrate soprattutto nell’area dell’Alta Valle del Tevere (Città di Castello, San Giustino, Umbertide) ma presenti anche a Gubbio, Gualdo Tadino e Todi, sono la massima espressione di questo sapere artigianale. Di pregio anche la cosiddetta “arte povera”, ossia la produzione di mobili rustici, più essenziali e lineari rispetto ai più elaborati in stile rinascimentale e barocco. Non si può sottovalutare poi la tradizione dell’arte del restauro, dell’intarsio e dell’ebanisteria.

falegname

Legno: artigianato senza tempo

Legno e vita. Legno e sapere. Legno e storia.

In Umbria è radicata la tradizione della lavorazione artigianale del legno e dei mobili in stile, quanto i suoi floridi boschi sono ricchi di alberi dal nobile legno, dal noce al frassino, al rovere, al ciliegio, tanto per citarne alcuni.
I nostri artigiani, nel trasformare il legno in oggetti unici, trasmettono il loro sapere e le loro competenze, la lavorazione a mano riesce a comunicare naturalezza del prodotto ed attenzione per le finiture, dando luogo a prodotti diversi, non superficiali ma pieni di significato, di storia e di memoria. Prodotti che non temono di invecchiare, ma che, anzi, grazie al tempo acquistano maggiore fascino e pregio. Esprimono il gusto del vivere e rendono piacevole il loro uso.
I mobili in stile, le cui produzioni sono concentrate soprattutto nell’area dell’Alta Valle del Tevere (Città di Castello, San Giustino, Umbertide) ma presenti anche a Gubbio, Gualdo Tadino e Todi, sono la massima espressione di questo sapere artigianale. Di pregio anche la cosiddetta “arte povera”, ossia la produzione di mobili rustici, più essenziali e lineari rispetto ai più elaborati in stile rinascimentale e barocco. Non si può sottovalutare poi la tradizione dell’arte del restauro, dell’intarsio e dell’ebanisteria.

ceramica

L’ARTE A PORTATA DI MANO

 

L’Arte a portata di mano. In questo modo potremmo definire la ceramica artistica di produzione Umbria, senza dimenticare la maiolica e la più povera terracotta. Oggetti d’uso comune – caraffe, piatti, vasi anche da farmacia, tanto per citarne alcuni – diventano affreschi veri e propri, occasioni per sfoggiare, in casa propria, motivi raffaelleschi, decori minuziosi frutto di mani esperte, ritratti storici, paesaggi senza tempo, colori a volta accesi e contrastanti, altre volte tenui ed armoniosi… Ma non solo, conoscere la nostra ceramica, arte ampiamente diffusa nella nostra terra, equivale a ripercorrere nel tempo la sua affascinante storia e a viaggiare per l’Umbria, raggiungendo le molteplici città in cui viene prodotta. Da Orvieto a  Deruta, da Gubbio a Gualdo Tadino,  da Città di Castello ad Umbertide, da Perugia ad Assisi, è possibile ammirare la maestria dei nostri artigiani, che, pur appartenendo a scuole e correnti differenti, sono accomunati dalla stessa passione e dedizione per la lavorazione dell’argilla, la quale, grazie al loro lavoro, si esprime in pezzi unici, opere destinate a durare nel tempo. Se, alle origini, tali produzioni sono state favorite dalla stessa morfologia geografica, per la presenza di terreni argillosi di buona qualità, di acque fluviali e di boschi quali riserve di legna per le fornaci, attualmente, invece, potremmo dire che la ceramica sia diventata la scelta per molti artigiani di coltivare il bello, tant’è che la tradizione è stata rinnovata con slanci verticali e forme essenziali oltre che con richiami moderni.

Il lento girare del tornio, le mani che modellano l’argilla o che  usano piccoli pennelli per le decorazioni, persone che con la loro arte fanno vivere le proprie botteghe sono le migliori motivazioni per decidersi a percorrere la via della ceramica, non solo attraverso il video qui riportato, ma anche dal vivo. Segnaliamo, dunque, le principali tappe di questo avvincente itinerario.

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Il ferro battuto

TRA I VICOLI STORICI, CON NASO ALL’INSÙ… Camminando con il naso insù, nella miriade dei centri storici che costellano l’Umbria,

è facile ammirare i mille volti del ferro battuto, sinuose balaustre dei palazzi antichi, abbellite da ricchi vasi di gerani, solide ringhiere che costeggiano ripide scalinate, grate dai motivi geometrici o floreali che proteggono le piccole finestre delle abitazioni, inferriate dal colore brunito che contrasta armonicamente con il bianco rosato delle costruzioni tipiche. Le stesse chiese sono ornate da lampadari, candelabri ed altri arredi sacri in ferro battuto.
Tutto ciò è frutto del lavoro faticoso e prezioso dei fabbri, che hanno ereditato dal Medioevo la loro arte, capace di modellare, con estro e fantasia, il duro metallo in opere artistiche dalle funzioni quotidiane.
Ma non solo. L’attuale produzione è a servizio anche degli interni delle abitazioni, con oggetti e complementi di arredamento, come letti, sedie e tavoli, generalmente con il piano in vetro,  lampade e lampadari. I principali centri di produzione sono Assisi, Bevagna, Spello, Città della Pieve, Cascia, Città di Castello e Terni, unitamente a Gubbio. Per quest’ultima, si apre un capitolo a parte. Dall’uso domestico, alla riproduzione storica, è questa la strada intrapresa dagli eugubini, ormai famosi per la produzione di splendide armature ed armi dai modelli antichi. 
Chicche di colore: Preci, in Valnerina, insieme a Norcia si distinse a partire dal ‘500 per la produzione di alto valore di ferri chirurgici, mentre a fine maggio a Montone e a giugno a Bevagna, è possibile ammirare dal vivo la rappresentazione dell’antico mestiere.
Complementare in qualche modo al lavoro del fabbro, è quello del vetraio. Sebbene in Umbria la lavorazione del vetro artistico sia una nicchia, ha lasciato comunque un’impronta di valore nelle splendide vetrate artistiche di tante chiese, in primis del Duomo di Orvieto. La città, però, che vanta la tradizione più antica è Piegaro, nel comprensorio del Trasimeno, in cui si può visitare l’interessante Museo del Vetro, che ci permette di conoscerne il ciclo produttivo, dalla mescola al prodotto finito. All’interno del Museo, si possono ammirare anche opere nobili risalenti al XIX secolo come oggetti d’uso comune della civiltà contadine, quali gli autoctoni damigiane e fiaschi, che prevedevano l’apporto di altri artigiani per l’impagliatura, realizzata con la locale paglia lacustre. Tra le curiosità legate al museo, il residuo dell’ultima lavorazione dell’Officina che aveva luogo nell’edificio, che appare al visitare come un enorme cumulo verde smeraldo, conservato nei cunicoli dei sotterranei.



fornaio

IL FORNAIO

Inizialmente il fornaio, che poteva esercitare il suo mestiere dopo un lungo tirocinio come garzone, cuoceva il pane che le donne preparavano in casa: veniva pagato mensilmente, annotando su una tavola di legno, una sorta di “libretto delle spese” ogni acquisto che realizzava. Il lavoro del fornaio era sottoposto a rigide regole: doveva prestare giuramento davanti alle autorità di non barare sulla qualità e quantità del pane. Inoltre, pena un risarcimento in denaro, era tenuto a produrre e a consegnare, all’interno di una gerla, il pane, che portava inciso il nome del “committente”, ben cotto: se il fornaio non cuoceva bene il pane, oltre a pagare l’ammenda doveva pure rifare l‘infornata. Nacque in questa epoca la superstizione che il pane posato in tavola capovolto portasse sfortuna: questa credenza popolare traeva origine dal modo in cui i fornai consegnavano in segno di disprezzo il “pane del boia”, preparato senza compenso per doveri di legge. Dopo il 1200 i mugnai e i fornai appartenevano alle rispettive corporazioni di mestieri.

mugnaio

IL MUGNAIO

 

L’utilizzo del mulino per la macinazione dei cereali, è testimoniato fin dall’antico Egitto. Come pure in Grecia e a Roma, i mulini erano azionati principalmente da animali, ma anche da schiavi, cittadini poveri, delinquenti condannati. Un documento risalente al I secolo a.C. testimonia l’uso del mulino ad acqua, particolarmente diffuso nell’antica Roma, che troverà la sua massima espansione nel medioevo. Solo nel XII secolo la tecnica di macinazione con il mulino a vento, originaria della Persia, venne introdotta in Europa. Leggi severe regolavano l’uso del mulino: il grano veniva pesato prima della macinazione e, una volta trasformato in farina, si procedeva a pesarne i sacchi. Al proprietari o del grano veniva restituita la corrispondente quantità di farina, decurtata del quantitativo trattenuto dal mugnaio come prezzo del suo lavoro. Nel medioevo il prezzo della macinazione prendeva il nome di “molitura” o “nolo”: corrispondeva al 2% in peso del macinato. La molitura poteva essere pagata in natura oppure in moneta. In ogni caso, il mugnaio era considerato un individuo privilegiato: nei periodi in cui la popolazione soffriva la fame chi si occupava di farina, anche solo con i residui della lavorazione, aveva assicurato il “pane” per la propria famiglia.

prodotti_tipici_umbria

ATLANTE DEL GUSTO

Guida enogastronomica per muoversi tra i sapori e le suggestioni delle specialità enogastronomiche del territorio ternano. Dettagliate schede dei prodotti ed i dati delle imprese produttrici della provincia di Terni, illustrano le caratteristiche peculiari del territorio.

atlante del gusto

castagne

CASTAGNE…cibo portafortuna

Sono considerate un cibo portafortuna a ragione del loro aspetto doppiamente corazzato, che assicura una assoluta protezione del seme interno (ciò che noi mangiamo!!) da “attacchi esterni”: allo scudo fornito del guscio coriaceo del seme si unisce la protezione fornita dalle spine del riccio, il vero e proprio frutto dell’albero.
La tradizione contadina tramanda inoltre come la pianta del castagno fosse considerata l’albero del pane: era infatti una fonte di materie prime e di una certa autosufficienza alimentare ed economica.