La Porchetta in Umbria
Sfoglia digitalmente la pubblicazione 2021 de “L’Umbria in Porchetta – Una regione e i suoi profumi, tra tradizione e sapori, territorio e saperi”.
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La Porchetta in Umbria
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Seme molto piccolo color crema, di forma allungata; colorazione varia, con differenti screziature.Conosciuta fin dal tempo degli Etruschi, questo particolare tipo di legume è tipico della zona del Lago Trasimeno dove la presenza di terreni particolarmente umidi ne ha favorito la coltivazione. Essa è rimasta, fino al secondo dopoguerra, l’alimento proteico principale per le popolazioni locali, ma a causa del progressivo spopolamento delle campagne e delle difficoltà di coltivazione era andata scomparendo: si trattava infatti di una coltura lunga e faticosa da effettuarsi senza l’ausilio di mezzi meccanici. Da alcuni anni la coltivazione della fagiolina è stata ripresa da un gruppo di coltivatori che, riunitisi in consorzio, si stanno adoperando per la sua tutela e valorizzazione.
La caratteristica principale di questo prodotto è la piccola dimensione del seme, bianco come un chicco di riso ed è per questo che si chiama anche risina. La maturazione, inoltre, è scalare: i fagioli devono essere raccolti ogni giorno per un paio di settimane.
Le ricette locali a base di fagiolina sono semplicissime: quella essiccata si mangia lessa con un po’ di olio extravergine di oliva, mentre quella fresca, detta anche cornetto, si passa in tegame con pomodoro e aglio.
Non necessita di riposo in acqua prima della cottura purché questa avvenga a fuoco lentissimo.
I brocoletti del lago sono coltivati nei terreni sabbiosi adiacenti il Lago Trasimeno in particolare nell’area he interessa Comuni di Magione, Passignano sul Trasimeno, Tuoro sul Trasimeno, Castiglione del Lago e Panicale. I brocoletti(o camette) sono i ricacci che la pianta della rapa emette numerosi se viene cimata prima che sbocci il fiore e che, dopo essere bolliti e risaltati in padella con olio e aglio, vengono apprezzati per il delicato sapore amarognolo.
La semina viene effettuata nella seconda decade di agosto. Irrigazioni se necessarie dopo la semina, secondo la stagione. La raccolta si effettua a fine inverno, inizio primavera.
L’area del Lago Trasimeno da sempre è stata caratterizzata dalla produzione di ortaggi, grazie al clima mite e al terreno “sciolto” di questa zona. Tuttavia, nel corso del tempo, tali produzioni hanno subìto la pressante concorrenza delle produzioni extraregionali, tanto che sono quasi scomparse le varietà un tempo coltivate.
Noti invece ai consumatori regionali sono i “broccoletti” e i fagiolini, che tutti chiamano però “fagiolina”, entrambi apprezzati per la particolare tenerezza e il gusto dolciastro, da sempre consigliati nella tradizione gastronomica locale.
Questo tipo di rapa, dalla radice ridotta, è molto rustica e ben adatta all’ambiente, per cui non richiede trattamenti antiparassitari.
O Torta di Pasqua, è una torta salata rotonda e alta, diffusa in tutta la regione umbra e tipica del periodo pasquale, anche se oggi viene prodotta durante tutto l’anno.
Ingredienti: farina tipo “0”, uova, formaggio pecorino, pecorino romano, grana padano o parmigiano reggiano, olio extra vergine di oliva, strutto, sale, pepe, lievito naturale (mantenuto in frigo a temperatura di 10°C) e lievito di birra, latte.
Lavorazione: gli ingredienti vengono lavorati nell’impastatrice. Il composto ottenuto viene sistemato in stampi da forno ben unti, riempito fino a meno della metà. Si lascia lievitare in luogo umido fino a che la
pasta non sfiora il bordo dello stampo (“deve lievitare tre volte, cioè aumentare il suo volume per tre volte” * Si cuociono in forno a temperatura media.
Conservazione: il prodotto va conservato in luogo fresco e asciutto e consumato entro qualche giorno.
*CATANELLI Luigi, Vocabolario del dialetto perugino, Tibergraph Ed., 1995.
La “torta al testo” è un alimento molto antico, è una schiacciata di farina, acqua, olio di oliva, un pizzico di sale (nel caso la si voglia far alzare si aggiunge una punta di bicarbonato o di lievito di birra). Il nome deriva dal “testo”, la pietra piatta refrattaria resa rovente dal fuoco ed utilizzata in origine per la sua cottura, ma è conosciuta anche con i nomi di “crescia” (Gubbio), “torta del panaro” o “pizza sotto il fuoco” (Terni).
Economicissima e facile da preparare spesso nelle famiglie umbre era utilizzata come sostituivo del pane. Nel comprensorio eugubino la “crescia” veniva fatta cuocere nei tradizionali “panieri” (testi) appoggiati al camino delle case contadine accanto al fuoco. Le occasioni per prepararla erano quelle relative ai grandi lavori dei campi (mietitura, vendemmia, uccisione del maiale), quando occorreva saziare appetiti robusti con un cibo di difficile digestione che permettesse di risparmiare il più prezioso pane. Oggi la torta al testo si degusta naturale o farcita con prosciutto, salsiccia cotta, verdure lessate, porchetta, stracchino e rucola.
Ingredienti: farina di grano tenero, acqua, sale, lievito chimico.
Varianti: aggiunta agli ingredienti sopracitati di: olio di semi o d’oliva, parmigiano e/o pecorino, uova, bicarbonato.
Lavorazione: gli ingredienti vengono lavorati a mano fino ad ottenere un impasto morbido ed omogeneo, il quale viene poi spianato con il rasagnolo di legno su piano di legno formando delle torte basse, rotonde e bucherellate con una forchetta. La cottura viene effettuata sul testo, o panaro, precedentemente riscaldato a contatto di fonti di calore. La torta va girata sul testo più volte fino a cottura.
Conservazione: il prodotto va conservato in luogo fresco e asciutto e consumato preferibilmente in giornata.
“Spesso nelle nostre campagne la torta al testo, “sul panaro” a Gubbio, sostituiva il pane, era economicissima e facilmente preparabile”
COPPINI Remo, Umbria a tavola – aneddoti, folclore, tradizioni, usanze e… ricette, Ed. Guerra, Perugia, 1983.
Gli stinchetti, chiamati anche “ossi dei morti” sono dei dolcetti secchi a forma di tibia (osso di stinco), tipici del comune di Perugia, preparati nel periodo da Novembre a Natale.Ingredienti: parte esterna (pasta reale): zucchero, albume d’uovo, colla di pesce; parte interna: mandorle (dolci e amare), zucchero o miele, cacao, cannella, vaniglia, scorza grattugiata di limone, albume d’uovo, ostie.
Lavorazione: si montano gli albumi con lo zucchero e la colla di pesce come per una glassa; si impasta sul piano di marmo fino ad ottenere una pasta consistente ed omogenea. Intanto vengono tostate le mandorle, tritate finemente, si uniscono lo zucchero, il cacao, il pizzico di cannella, la scorza grattugiata del limone e la vaniglia e si impasta il tutto con l’albume d’uovo. Si saranno ottenuti così due impasti: l’uno bianco, l’altro nero, dai quali vengono prese, per ogni stinchetto, due palline di grandezza diversa, più grande la bianca con la quale si otterrà un disco di 5-6 cm di diametro al centro del quale si porrà una pallina nera delle dimensioni di una noce. Queste due palline vengono arrotolate con le mani in modo che combacino, il tutto viene esteso per ottenere un cilindro di circa 10 cm. di lunghezza, si schiacciano le estremità per dare la forma di una tibia (ossi di stinco). Si fanno asciugare su teglie ricoperte di ostie per un giorno. Una volta asciugati, gli stinchetti si cuociono in forno a temperatura media per circa 15-20 minuti.
Conservazione: il prodotto non si mantiene a lungo; va conservato in luogo fresco e asciutto per 2-3 giorni al massimo.
“Gli stinchetti riproducono in marzapane tibie umane, la qual cosa faceva scrivere a Paul Valéry nel suo libro L’Italie confortable: «Cet horrible bonbon, qui a sa moelle comme les ossements humains, rappelle, par sa forme et son nom, l’ancienne réputation de férocité des habitants, heureusement fort adoucie!». Evidentemente il Valéry ignorava che il mondo dei dolci in Umbria e in Italia è dominato dalla magia simpatica e che nel caso specifico degli stinchetti c’è una concezione animistica secondo la quale il mangiare le riproduzioni fortifica l’organo riprodotto”.
CUNSOLO Felice, Guida Gastronomica d’Italia, vol. 6, Umbria – Lazio, Istituto Geografico De Agostini Novara, 1975.
La schiacciata al formaggio, tipica della regione umbra è una focaccia bassa di forma ovale, quadrata o rettangolare.
Ingredienti: farina di grano tenero, uova, formaggio pecorino, pecorino romano, grana padano o parmigiano reggiano, olio extra vergine di oliva, sale, lievito naturale (mantenuto in frigo a temperatura di 10°C).
Lavorazione: gli ingredienti vengono lavorati a mano o nell’impastatrice. Il composto ottenuto viene steso a mano fino a formare delle focacce basse di forma ovale (o quadrata o rettangolare) sistemate su teglie da forno, unte o ricoperte di carta da forno. Vengono fatte lievitare per circa 1 ora e poi cotte in forno a circa 200°C.
Conservazione: il prodotto fresco va conservato ad una temperatura di 6°/8° C e consumato entro 2/3 giorni.
Dolce di pasta sfoglia ripiena, arrotolato dalla particolare forma di serpente. Si prepara da autunno fino a gennaio e in particolare per la festività dei Santi e dei Morti.
La rocciata, sebbene molto simile allo strudel trentino, è un dolce tipico di Foligno, diffuso anche in altre zone tra cui Assisi, Bastia Umbra, Spello, Bettona, Cannara e Bevagna. Probabilmente la sua origine è legata proprio alle tradizioni ereditate dai popoli nordici, arrivati in queste zone dopo la caduta dell’Impero Romano. La rocciata è composta da una sottile sfoglia sopra la quale si stende uno strato di mele tagliate sottilmente, a cui sono aggiunti gherigli di noci, nocciole, pinoli, uvetta e svariati tipi di frutta secca, come prugne, fichi, etc…La sfoglia viene arrotolata su se stessa col suo grande ripieno, si piega a ferro di cavallo (assumendo la caratteristica forma di serpente) e si inforna. Ingredienti per la sfoglia: farina, sale, acqua, uova. Per il ripieno: mele, fichi, marmellata, noci, uva sultanina,
pinoli, mandorle, cacao (facoltativo), cannella, limone, vaniglia.
Lavorazione: gli ingredienti per la sfoglia si impastano in una macchina impastatrice o a mano: si stende poi la sfoglia, o a mano o
con macchina sfogliatrice. All’interno di essa vengono poi posti gli ingredienti del ripieno, si arrotola la sfoglia dando la forma a
spirale, tipo un serpentone e si cuoce in forno.
Conservazione: il prodotto fresco va conservato ad una temperatura di circa 6°/8° C per 2/3 giorni al massimo.
Le pinolate sono dei pasticcini secchi alle mandorle e pinoli di forma rotonda, sono una specialità natalizia, periodo in cui la cucina da sempre si fa più ricca e durante il quale quasi non si badava alle spese, per mantenere vive le tradizioni familiari legate a feste importanti.
L’inverno è la stagione in cui si consuma con facilità, oltre che con piacere, la frutta secca, per cui molte ricette di questo periodo, legate ad importanti ricorrenze religiose, hanno come ingredienti di base mandorle, noci, nocciole, pinoli. Le pinolate sono appunto dolcetti rotondi, ciascuno di circa 4-5 cm di diametro, in cui una stessa quantità di mandorle tritate e di zucchero viene amalgamata con albumi montati a neve. Un gradevolissimo gusto amaro viene dato dall’aggiunta di mandorle amare.
Il nome deriva dai pinoli che, interi e triturati, sono distribuiti sulla superficie di ogni dolcetto e che i più ghiotti amano centellinare, masticandoli uno dopo l’altro, prima di aggredire il corpo principale del dolce.
Ingredienti: fecola di patate, mandorle tritate, zucchero, albume d’uovo, pinoli.
Lavorazione: gli ingredienti (eccetto i pinoli) vengono lavorati a mano in una bacina fino ad ottenere un composto morbido ed omogeneo. Si formano poi delle palline leggermente schiacciate che vengono sistemate su teglie da forno e ricoperte di pinoli. Le pinolate possono essere cotte nel forno ad una temperatura media oppure lasciate per circa un giorno nel laboratorio dove è situato il forno, ad una temperatura di circa 30°C, affinché non induriscano troppo.
Il prodotto fresco va conservato in luogo fresco e asciutto e consumato entro qualche giorno.