san_costanzo

OCCHIOLINO, PRESAGIO DI NOZZE

Costanzo, un dolce ed un…occhiolino. Per sapere cosa lega tra loro questi tre elementi occorre indagare nelle tradizioni secolari della città di Perugia, quando i rioni erano ad un passo dalla campagna limitrofa, e le ragazze in età da marito si recavano speranzose nella antica Chiesa dedicata al patrono di Perugia.
Il perché? …oltre che per esprimere la propria devozione al Santo della grande freddura (per distinguerlo da San Lorenzo, il patrono della grande calura venerato il 10 di agosto, altro protettore, insieme ad Ercolano, della città) anche per avere risposta ad un interrogativo sostanziale: arriveranno le nozze entro l’anno?
Secondo una antica usanza, infatti, il 29 gennaio, giorno dedicato al Santo martire, le ragazze nubili, vestite a festa, si recavano alla Chiesa di San Costanzo. Qui era custodita, in un angolo scarsamente illuminato, una statua lignea del santo vestita con i paramenti cerimoniali tipici del vescovo.
La fisionomia di Costanzo non doveva essere particolarmente attraente: lo scultore pare avesse dedicato poca attenzione ai particolari del volto, tant’è che sembra, come confermato da coloro che ne conservavano la memoria, che un occhio apparisse più piccolo dell’altro.
Il risultato era che, per un sottile gioco di luci riflesse, in certe condizioni di illuminazione, poteva aversi l’impressione che il Santo si dilettasse a…fare l’occhiolino: dal verificarsi di questo cenno, le giovani donne in età da marito, traevano la conferma che sarebbero convolate a nozze entro l’anno.
In caso contrario, nella speranza di rinviare l’agognato ammiccamento all’anno successivo, le giovani meno fortunate sussurravano la frase “San Costanzo dall’occhio adorno famme l’occhietto sinnò n’ciartorno” (“San Costanzo dall’occhio adorno fammi l’occhiolino sennò non ci ritorno”). Come consolazione, il dolce tipico della festa veniva donato loro dal fidanzato.
Questa credenza legata al Santo conferma il forte legame dei perugini con il proprio patrono che, per la ricchezza di leggende e tradizioni a lui collegate, può a tutta ragione essere considerato tra gli altri santi protettori della città quello che maggiormente ne ha colpito la tradizione popolare.
Sembra infatti che avesse il potere di aiutare l’unione tra uomo e donna e favorirne la procreazione: si narra di come in passato, venisse realizzata in occasione della festa una statua del Santo interamente prodotta con l’impasto del torcolo: mangiarne un pezzo, si credeva aiutasse le donne a guarire dai problemi di sterilità.

Da visitare, la Chiesa di San Costanzo, che sorge nel centro storico di Perugia, immediatamente fuori dalla porta di San Costanzo collocata alla fine di Borgo XX Giugno, ed edificata nel 1143 sul luogo in cui il Santo fu sepolto dopo il martirio.

muvit

Vino e Olio al… Museo!

Olio e Vino al… Museo!

Torgiano è una ridente cittadina, nei pressi di Perugia, che ha la fortuna di ospitare, nelle sue fertili terre, vigneti inebrianti ed olivi eccezionali, da cui si ricavano, rispettivamente, ottimi vino ed olio, prodotti tipici tra i più noti dell’Umbria. Da tale binomio, su volontà di Maria Grazia Lungarotti, sono scaturiti gli originali musei dedicati, il MUVIT Museo del Vino Torgiano (1974) ed il MOO Museo dell’Olio e dell’Olivo (2000), che presentano insoliti itinerari tra storia, arte, viticoltura, olivicoltura, divertimento, gusto e conoscenza, per approfondire, in un ambiente gradevole ed accogliente, i preziosi alleati della nostra enogastronomia.

MUVIT Museo del Vino
Corso V. Emanuele 31, Torgiano (PG)
Tel: 075 9880200
museovino@lungarotti.it
http://www.lungarotti.it/fondazione/muvit/index.php

MOO Museo dell’Olivo e dell’Olio
Via G. Garibaldi 10, Torgiano (PG)
Tel: 075 9880300
museoolio@lungarotti.it
http://www.lungarotti.it/fondazione/moo/index.php

merlettaie

Museo Virtuale delle Arti Tessili

Nel 2007, con la creazione di un apposito Centro Studi e Ricerche di supporto, nasce il Museo Virtuale delle Arti Tessili “Arnaldo Caprai”, con lo scopo di valorizzare una tipologia artigianale, quale quella del merletto e dei ricami, che in Umbria vanta un’antica tradizione. Tali arti, con punte di innovazione, sono tornate a fiorire a partire dagli anni ’80 e contribuiscono a rendere grande il nome dell’Umbria, anche a livello internazionale.

Il museo virtuale permette la visita di quattordici “stanze”, divise per epoche storiche, a partire dal XV secolo fino al XX, e contengono circa 22.000 opere d’arte di ricami e merletti. Per gli appassionati del genere, ma anche per gli storici e per chi lavora nel settore, sarà molto gradita la visita del museo  http://www.museocaprai.it/ita/index.php .

Interessantissime, inoltre, la sezione dedicata alle tecniche di lavorazione, con tanto di video e bibliografia per approfondimenti, e quella sulle curiosità, la quale abbraccia tematiche come il corredo, l’introduzione del merletto e l’arte del ricevere.

tradizionando

Tradizionando

Per i più curiosi, consigliamo la visione del video “tradizionando”, per conoscere mestieri, tecniche e modelli dell’artigianato tradizionale umbro.
Alla riscoperta delle professionalità che hanno reso viva la nostra economia locale, con gustosi riferimenti alle storie dei maestri artigiani, dai seggiolai agli impagliatori, dagli artigiani della cannina del Trasimeno a quelli dei cesti in vimini, dai fabbri ai costruttori di raspe di Sellano, dagli orafi ai liutai, dai falegnami agli ebanisti, dai ceramisti agli artigiani delle terrecotte.

{youtube}jN5ens0Ywvk{/youtube}

 

jacopa

MOSTACCIOLI: UN DONO PER SAN FRANCESCO

Secondo la tradizione i mostaccioli erano il dolce preferito di San Francesco.

Si racconta che Jacopa de’ Settesoli, nobildonna romana, nata nella Città Eterna nel 1190 in seno ad una illustre famiglia residente a Trastevere. Si era sposata con un ricco signore di Roma, tale Graziano Frangipane e con lui aveva avuto due figli. Rimasta vedova presto, a soli 27 anni, era stata costretta a diventare l’amministratrice delle molte proprietà del marito fra cui la cittadina di Marino. Due anni dopo, nel 1219, san Francesco arrivò a Roma per predicare e Donna Jacopa lo conobbe, diventando da quel momento una sua fedele seguace e una sua ottima guida per le vie dell’Urbe. Da allora, Jacopa de’ Settesoli si convertì nella più valida collaboratrice del neonato movimento francescano nella città dei Papi e anche delle Clarisse. Fu lei ad ottenere dai Benedettini di San Cosimato in Trastevere la cessione dell’ospedale di San Biagio, che divenne il primo luogo romano dei Minori. Nel 1231, immediatamente dopo la canonizzazione di Francesco e per iniziativa della stessa Jacopa de’ Settesoli, l’ospedale fu trasformato nel convento di San Francesco a Ripa con annesa chiesa ristrutturata poi nel Seicento: all’interno si trova la cappella di San Francesco che ricalca grossomodo la cella dove dimorò il Santo mentre era a Roma, e che contiene una pietra che il Poverello usava come cuscino. Jacopa de’ Settesoli era talmente attiva e risoluta, da indurre Francesco a chiamarla affettuosamente Frata Jacopa. La loro amicizia durò fino alla morte del santo, avvenuta la notte fra il 3 e il 4 ottobre del 1226.
Fu proprio durante quel suo primo soggiorno romano che Francesco assaggiò quello che sarebbe diventato il suo perenne “peccato di gola”: certi biscotti “boni e profumosi”, diceva il santo, che la stessa Jacopa de’Settesoli preparava e che gli offrì un giorno a casa sua. Tipici del periodo della vendemmia, erano fatti con la pasta di pane, semi di anice, zucchero, mandorle e mosto d’uva e detti forse per quest’ultimo ingrediente “mostaccioli”: ma già nella Roma antica si conoscevano dei biscotti simili con il nome di “mortarioli”, a base di zucchero e mandorle pestate nel mortaio… In ogni modo, sia quale sia l’origine del nome, quei mostaccioli di Frata Jacopa de’ Settesoli piacevano talmente tanto a san Francesco da desiderarli anche in punto di morte! Quando Francesco sentì avvicinarsi la sua ultima ora, volle dettare ad un frate una lettera alla sua cara amica Frata Jacopa, per informarla della sua morte imminente e chiedendole di raggiungerlo alla Porziuncola, portandogli una veste per la sepoltura e candele per il funerale e…quei dolci:

 

“A donna Jacopa, serva dell’Altissimo, frate Francesco, poverello di Cristo, augura salute nel Signore e comunione nello Spirito Santo. Sappi, carissima, che il Signore benedetto mi ha fatto la grazia di rivelarmi che è ormai prossima la fine della mia vita. Perciò, se vuoi trovarmi ancora vivo, appena ricevuta questa lettera, affrettati a venire a Santa Maria degli Angeli. Poiché se giungerai più tardi di sabato, non mi potrai vedere vivo. E porta con te un panno di colore cenerino per avvolgere il mio corpo e i ceri per la sepoltura. Ti prego anche di portarmi quei dolci, che tu eri solita darmi quando mi trovavo malato a Roma”.

copia-di-tartufo

BLACK/WHITE Umbria Terra di Tartufo

Il Tartufo è un dono di natura, per eccellenza, e la terra umbra ne custodisce varietà dalle caratteristiche straordinarie: il nero pregiato, il bianco, il bianchetto, lo scorsone estivo. Tuberi ineffabili dalla crescita spontanea e inesplicabile, arcano mistero della natura, che si manifesta solo in alcuni particolari territori e non in altri, “un qualcosa che sta fra quelle cose che nascono ma che non si possono seminare” secondo la definizione di Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia.

Ecco allora una agile guida al territorio e alle città in cui sono presenti manifestazioni riconosciute sul tartufo, di cui si mettono in luce le bellezze storico culturali, anche attraverso un ricco repertorio di immagini fotografiche, le caratteristiche del tartufo in essi presente, dati non solo sulle relative manifestazioni, ma anche sugli altri eventi di rilievo. E ciò per consentire al visitatore di conoscere non solo la nostra tradizione enogastronomica, ma anche la bellezza dei luoghi, le particolarità e curiosità ad essi legate.

Cascia, Citerna, Città di Castello, Gubbio, Norcia, Pietralunga, Scheggino, Valtopina … nella Guida si può trovare il percorso giusto per approdare al proprio tartufo, a quello che più di altri soddisfa i propri sensi, da scegliere tra le quattro grandi specie che crescono in Umbria: il nero di pregio, il bianco, il bianchetto, lo scorzone estivo. Specie reperibili tutto l’anno, magari nel corso delle manifestazioni inserite in un calendario anch’esso annuale, da febbraio con Nero Norcia alla fine di novembre con la Mostra Mercato Nazionale del Tartufo e dei Prodotti Tipici a Valtopina.

La guida è scaricabile direttamente da questa pagina, ma è anche reperibile gratuitamente in formato cartaceo tascabile presso Promocamera, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Perugia BLACK WHITE 1

 

coloriamo-i-cieli

COLORIAMO I CIELI

In ogni aquilone, sono racchiusi sogni di pace, voglia di volare e desideri di libertà. Con ogni mongolfiera, si libra nell’aria tersa il desiderio di conoscere il mondo e raggiungere posti nuovi. Coloriamo i cieli, la manifestazione internazionale che ogni anno, nel mese di aprile, si svolge a Castiglione del Lago, porta con sé tutto ciò e forse anche per questo riceve dal pubblico sempre maggiore apprezzamento e partecipazione. Dal Lago Trasimeno, è possibile ammirare un esercito pacifico di aquiloni, molti dei quali costruiti negli appositi laboratori allestiti per l’evento, e mongolfiere anche di produzione internazionale, che danzando nei cieli, rallegrano grandi e piccini.  La manifestazione rappresenta anche un appuntamento privilegiato per conoscere il Lago Trasimeno ed i suoi dintorni, la sua ricca enogastronomia  capace di coniugare terra ed acqua dolce, le sue manifestazioni e la sua offerta di attività e sport all’aria aperta.

Per sognare tra le nuvole, proponiamo la visione del video della manifestazione!

{youtube}glDPVRLSE4s{/youtube}

pepita-oro

IL FASCINO DELL’ORO

In Umbria, la tradizione orafa trova le sue radici nelle lavorazioni etrusche, che ancora oggi vengono riproposte, anche con influenze dell’Antica Roma, da alcuni artigiani locali.

Presso il Museo di Palazzo Faina di Orvieto, in special modo, è possibile ammirare una nutrita esposizione di reperti etruschi, denominata “Oro degli Etruschi”, per scoprire un lato poco conosciuto del Cuore Verde d’Italia. Gli Etruschi, popolo affascinante che conserva ancora oggi dei misteri, dalla lingua particolare alle splendide tombe come l’Ipogeo dei Volumni, ha saputo esprimere la bellezza in forme diverse, dalle ceramiche alla scultura, dall’Arco Etrusco di Perugia fino ad una pregevole produzione di monili. Ma l’artigianato artistico umbro di metalli preziosi – concentrato soprattutto nelle città di  Città di Castello, San Giustino, Citerna, Perugia, Torgiano, Spoleto, Terni e Orvieto – non si limita a ricalcare le orme etrusche, è stato bensì capace di innovarsi e rinnovarsi, fondendo in sé arte ed artigianalità, moda, contemporaneità e fascino.

Alcuni dei Maestri Orafi locali, che non producono solo gioielli ma anche pale d’altare e complementi di arredo, sono specializzati nell’incastonatura delle gemme preziose, altri in forme e trame particolari, altri nella lavorazione a mano di filo d’oro oppure in quella dello sbalzo, altri nel colore oppure nella luce oppure nella monocromia, altri nello smalto e pietre semipreziose, altri nelle perle e nei diamanti, altri nell’accostamento a materiali inconsueti, altri nell’utilizzo dell’argento e del platino, altri ancora nell’espressività plastica e stilistica al pari dell’utilizzo di segni e simboli. Conoscere l’Umbria significa, dunque, conoscere anche i suoi Maestri Orafi, alla scoperta di un tesoro di arte e bellezza raffinato e sempre capace di intrigare, affascinare, sedurre.

gaite-2

IL MERCATO DELLE GAITE IN BEVAGNA

 

1250 – 1350: è questo il periodo storico nel quale vi troverete immersi se verrete a Bevagna alla fine di giugno di ogni anno.

E sarà facile pensare di essere stati catapultati in un passato lontano visto che ogni particolare, dalle luci delle vie, ai rumori degli attrezzi da lavoro delle botteghe di antichi mestieri, agli invitanti profumi delle taverne, insieme ai personaggi in tuniche e calzari, avranno la capacità di farci sentire parte di un medioevo ritrovato.
La fonte di tanta cura nel ricreare ambienti e abitudini fedeli alla vita quotidiana del XIV-XV secolo è lo Statuto cinquecentesco del Comune di Bevagna da cui sono attinte le preziose informazioni per la ricostruzione storica della vita politica, amministrativa, economica e sociale della città.
Era quella l’epoca in cui Bevagna era divisa in quattro quartieri, San Giorgio, San Giovanni, San Pietro e Santa Maria, denominati, appunto, Gaite: su questa si basava l’organizzazione amministrativa della città.

In occasione della manifestazione le Gaite competono tra loro nel riproporre una rievocazione storicamente fedele del ruolo che rivestiva in epoca medioevale.
Quattro sono gli ambiti oggetto della rivalità: la gara del mercato, la gara dei mestieri, la gara gastronomica, ispirata ad antiche ricette, e la gara sportiva di tiro con l’arco.
Il vincitore, giudicato per la sua attinenza storica da una commissione di esperti, riceve in dono il palio della vittoria.
Il mercato rappresenta un momento molto significativo: i banchi, con prodotti semplici, tipici o più elaborati, animano le strade, insieme all’attività riprodotta nelle botteghe dove oltre ad ammirare i personaggi intenti nelle antiche tecniche di lavoro, si possono trovare stoffe, carta, oggetti in cuoio, vimini, ferro battuto o rame, cordami, candele lavorate a mano, formaggio, pesce, pane caldo e focacce.
Il tutto in un’atmosfera gioviale e festosa, arricchita da momenti di approfondimento, da coreografie, momenti musicali e teatrali e di gioco.