castagne

Castagne

Le castagne umbre appartengono prevalentemente alla qualità del marrone ed in molte zone dell’Umbria, la loro raccolta costituisce una sorta di rituale, e questo spiega perché, nonostante sia un prodotto di nicchia, rivesta tanta importanza in questi territori.

Negli antichi scritti, si rinvengono molte notizie su alcuni prodotti umbri pregiati, come lo zafferano, il tartufo, ma nulla si dice riguardo al marrone, nonostante le sue ottime qualita’ organolettiche e la finezza della pasta.

La tradizione contadina tramandava come la pianta del castagno dovesse essere considerata l’albero del pane, in quanto rappresentava una fonte di approvvigionamento e di materie prime altrimenti difficilmente reperibili. Infatti nelle famiglie contadine la produzione di castagne, insieme al pascolo ed alla raccolta a terra dei frutti, garantivano loro un’ autosufficienza alimentare ed economica.

miele

miele

I primi dati storici circa la produzione di miele risalgono all’antico Impero Egizio, quando vennero avviati i processi di domesticazione e allevamento delle api. In questo periodo storico i prodotti dell’alveare trovavano una larga utilizzazione non solo nell’alimentazione ma anche nella medicina e nella cosmetica. 
Non meno dediti all’apicoltura furono i Greci che svilupparono un sistema produttivo alquanto progredito e ricco di varie qualità di miele. 
Il miele era molto presente nella dieta alimentare ed era alla base di molti cibi: particolarmente utilizzato nei dolci (torte al miele e cotte mielate), per le conserve di frutta (miele e pere) e per moderare il sapore aspro del vino greco.

Gli studi contemporanei ci consentono di definire il miele sotto due punti di vista: considerando l’aspetto biologico il miele deve essere definito come un alimento di riserva delle api, che attraverso la raccolta di nettare e polline assolvono alle loro necessità di accumulare scorte di cibo, mentre dal punto di vista alimentare può essere visto come una fonte di zuccheri semplici e per questo è un cibo altamente energetico e dolcificante.

In questa categoria è l’unico che non necessita di nessuna trasformazione per arrivare dalla natura alla nostra tavola.

Anche nella nostra terra l’apicoltura è una tradizione antica e grazie ai vari studi e all’utilizzo di tecniche sempre più avanzate oggi, nel nostro territorio,è possibile trovare molteplici varietà di miele.

Il miele millefiori è quello maggiormente prodotto e consumato; non è facile descriverne le caratteristiche in quanto variano a seconda dei fiori usati di volta in volta dalle api, ma può essere considerato il re dei mieli.
 Un’unica caratteristica accomuna tutti i millefiori: la cristallizzazione che avviene quasi sempre nel corso di alcune settimane.

Il miele di castagno, dal colore scuro con tonalità rossastre, si caratterizza per avere un sapore forte, leggermente amarognolo e aspro, per essere ricco di sali minerali, soprattutto di ferro; è adattissimo ai convalescenti, agli anemici e agli sportivi.

Dal colore più chiaro, che va dal bianco al giallo paglierino, il miele di acacia, caratterizzato da un’alta percentuale di fruttosio, ha un sapore particolarmente delicato ed è noto come miele che resta sempre liquido per l’assenza dei processi di cristallizzazione.

Il miele di girasole, dal colore giallo vivo e intenso, ha un sapore leggermente erbaceo, che tende a stemperarsi diventando delicato dopo la cristallizzazione. 
È un ottimo emolliente per le tossi stizzose delle prime vie respiratorie. Classico miele estivo, racchiude nelle sue caratteristiche tutta la solarità della pianta e della stagione.

Tra i mieli primaverili abbiamo il miele di sulla, simile a quello di acacia sia per il sapore che per il colore.

Il miele di lupinella ha un sapore delicato e molto gradevole, ma oggi è considerato raro, in quanto la coltivazione di lupinella, utilizzata come foraggio per il bestiame, è stata quasi ovunque abbandonata.

Infine il miele di melata, generalmente scuro, a volte quasi nero con tonalità dal rossastro all’ebano, raramente è oggetto di processi di cristallizzazione. 
La melata proviene dalla linfa dei fiori, ricca di sostanze zuccherine, estratta dagli afidi ed espulsa sotto forma di goccioline che le api raccolgono e trasformano in miele .
Esistono molti tipi di miele di melata; in Umbria il più diffuso è quello di quercia, dal sapore forte, di colore bruno tendente all’ebano.

 

 

 

 

funghi

funghi

In Umbria, una delle regioni d’Italia a più alto indice di boscosità, la raccolta dei funghi è attività da sempre molto praticata.
Anche intorno a questo frutto del bosco si hanno numerosi racconti e storie legate alla mitologia e alla tradizione: si dice che nell’antico Egitto gli unici ad essere degni di mangiare questo prodotto fossero i faraoni e che durante l’Impero romano i soldati si cibassero dei funghi per avere più forza.
Nel nostro territorio sono molte le varietà che si possono incontrare nel sottobosco umbro: si possono raccogliere porcini, la specie più pregiata ma anche la più difficile da trovare, mentre turrini, rosciole, sanguinosi e manine possono essere scovati con maggior facilità.
Ci sono varie specie di porcini, ma tutti si caratterizzano per avere un cappello carnoso e sodo ed un gambo grosso e panciuto.
Si raccolgono nel periodo autunnale, ma è possibile incontrarli anche in primavera in boschi di latifofoglie, ma anche di conifere a seconda della specie.
Il turino, detto in molte zone anche prataiolo, è uno dei funghi maggiormente raccolti; di colore bianco sporco, con un gambo robusto e a seconda della specie, lungo e tozzo, si può raccogliere nei pascoli montani, ma anche in ampie radure ai margini del bosco, purché in zone umide.

tartufo

Tartufo

Il Tartufo rappresenta l’espressione massima dei prodotti del bosco tra i quali si pone come dominatore incontrastato delle tavole e della fantasia dei buongustai.
 I primi a decantarnele qualità furono i Babilonesi e gli Egizi: lo stesso faraone Cheope li apprezzava in modo particolare soprattutto cotti, rivestiti di grasso d’oca. 
È poi testimoniato l’uso gastronomico che i Greci fecero di questo pregiato fungo: il filosofo Teofrasto, allievo di Aristotele, nei suoi studi di botanica, ne opera una prima classificazione scientifica, attribuendo la nascita del tartufo alla combinazione, di matrice divina, tra pioggia e tuono.
Non minore utilizzo ebbe in epoca romana quando i suoi elogi furono cantati da numerosi filosofi, poeti e gastronomi: il più noto gastronomo romano Marco Gavio Apicio, nella sua opera De Re Coquinaria ne tesse particolarmente le lodi e ne descrive le prime modalità di preparazione nella cucina romana.
Nel Medioevo gli studi sul tartufo si incentrarono sulla disputa della sua origine e costituzione botanica: venne definito come una escrescenza degenerativa del terreno, addirittura cibo del diavolo o delle streghe e alcuni sostenevano che fosse l’anello di congiunzione tra il regno animale e quello vegetale.
Nel 1700 il tartufo era considerato uno dei cibi più pregiati presso tutte le Corti europee. 
La sua ricerca costituiva un divertimento di palazzo per cui ospiti e ambasciatori stranieri erano invitati ad assistervi. Nelle epoche successive non poche furono le personalità della cultura che dichiararono pubblicamente di apprezzare i pregi di questo prezioso prodotto: solo per ricordare i principali, citeremo il Conte Camillo Benso di Cavour che nelle sue attività politiche utilizzò il tartufo come mezzo diplomatico, Gioacchino Rossini che lo soprannominò Il Mozart dei funghi, Lord Byron che lo teneva sulla scrivania perché il suo profumo gli destasse la creatività e Alexandre Dumas che lo definì il Sancta Santorum della tavola.

CARATTERISTICHE DEL TARTUFO
Il tartufo è un fungo ipogeo, che in milioni di anni di evoluzione ha scelto questo tipo di habitat protetto dal clima e dagli animali di superficie.
Nasce e si sviluppa vicino alle radici degli alberi, soprattutto pioppi, tigli, querce e salici, diventando, dopo la formazione, un vero e proprio parassita.
Si caratterizza per il suo forte profumo aromatico che emana solo quando le sue spore sono perfettamente mature. 
In fase di raccolta il corpo fruttifero deve essere estratto in perfette condizioni di maturazione perché mantenga tutti i pregi organolettici: l’esemplare acerbo si presenta più pesante rispetto a quello maturo, ma risulta completamente privo di aroma.
La raccolta avviene solo in determinati periodi dell’anno, quando le spore hanno terminato la loro fase di maturazione, ed esclusivamente con l’ausilio dei cani (una volta si usavano anche i maiali).
La tutela di questo prodotto impone di evitare l’uso di mezzi meccanici o manuali, che provocherebbero gravi danni allo sviluppo di nuovi filamenti, che risultano profondamente interconnessi con il sistema radicale delle piante verdi del bosco.
Il territorio del perugino può considerarsi un enorme tartufaia anche grazie ai numerosi boschi presenti: oltre ai tartufi bianchi ed al tartufo nero pregiato, esistono nel territorio almeno altre sette-otto specie di tartufi presenti in tutto l’arco dell’anno.

Ecco i diversi tipi di tartufo che si trovano nel territorio umbro:

IL TARTUFO NERO PREGIATO UMBRO
Il Tartufo Nero Pregiato umbro (Tuber Melanosporum Vittadini) è la qualità prevalente presente nel territorio: è conosciuto in tutto il mondo quello di Norcia e di Spoleto ma è diffuso anche nei comuni di Cascia, Preci, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo, Scheggino, Sant’Anatolia di Narco, Vallo di Nera, Cerreto di Spoleto, Sellano, Campello sul Clitunno, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria e Stroncone..
La sua area di diffusione comprende tutti i territori che fiancheggiano il corso del Nera e, nella provincia di Perugia, si trova principalmente sul monte Subasio. 
Cresce e vegeta in terreni calcarei, con un buon contenuto di argilla, vive in simbiosi con altre piante, soprattutto quercia e leccio, ma anche con il faggio ed il castagno.
La sua grandezza può variare da quella di una noce per arrivare alle dimensioni di una mela, è rotondeggiante, spesso irregolare; la superficie risulta ruvida al tatto, ma non spigolosa. 
Si caratterizza per avere un forte profumo aromatico, una polpa nero rossastra con venature sottili bianche. La lavorazione prevede una prima fase di cernita e di lavaggio. La cernita permette di selezionare i tartufi in base alla specie, alla pezzatura, allo stadio di maturazione ecc. essa viene eseguita a mano da
personale esperto. Il lavaggio permette di eliminare tutte le particelle terrose ed estranee presenti sulla superficie del carpoforo e avviene mediante lavatrice per tartufi. Dopo la cernita ed il lavaggio, i tartufi
vengono separati nelle seguenti categorie:
Tartufi super extra, tartufi di prima scelta, tartufi di seconda scelta, pezzi di tartufo, tritume di tartufo. Le diverse frazioni ottenute, possono essere utilizzati mediante l’uso del freddo o del caldo.
– Utilizzazione mediante la linea del freddo:
Con questa linea i tartufi delle categorie superiori, possono essere conservati in sotto vuoto e quindi congelati rapidamente mediante l’abbattitore della temperatura.
– Utilizzazione mediante la linea del caldo:
Con questa linea vengono conservate tutte le categorie di tartufo e tutti i preparati quali, salse, creme, patè ecc. Il prodotto viene posto in vasi di adeguate dimensioni che vengono tappati e immessi in
autoclave per la sterilizzazione. La sterilizzazione si ottiene alla temperatura 120 -130 °C per 30 minuti. Per la preparazione delle creme viene utilizzato il cutter che consente di omogeneizzare il
preparato.

IL TARTUFO BIANCO O TRIFOLA
Il tartufo bianco è il più raro e pregiato di questa classe di prodotti.
Il nome scientifico è Tuber Magnatum Pico: magnatum, perché è destinato ai magnati, ai grandi signori della tavola; Pico, dal cognome del medico torinese che per primo ne descrisse le caratteristiche nel 1788 . 
È il tartufo che può raggiungere le maggiori dimensioni; di forma ovoidale, di colore giallo biancastro con una polpa di colore nocciola a seconda del grado di maturazione e con sfumature rossastre. 
È presente nei terreni calcarei dei Comuni di Città di Castello, Umbertide, Pietralunga, Montone, Monte S. Maria Tiberina, Citerna, S. Giustino, Gubbio, Scheggia, Pascelupo, Costacciaro, Sigillo, Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Valfabbrica, Orvieto, Porano, Montecchio, Baschi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Allerona, Ficulle, Parrano, Montegabbione, Monteleone d’Orvieto, Fabro. La lavorazione prevede una prima fase di cernita e di lavaggio. La cernita permette di selezionare i tartufi in base alla specie, alla pezzatura, allo stadio di maturazione ecc. essa viene eseguita a mano da personale esperto. Il lavaggio permette di eliminare tutte le particelle terrose ed estranee presenti sulla superficie del carpoforo e avviene mediante lavatrice per tartufi. Dopo la cernita ed il lavaggio, i tartufi vengono separati nelle seguenti categorie:
Tartufi super extra, tartufi di prima scelta, tartufi di seconda scelta, pezzi di tartufo, tritume di tartufo. Le diverse frazioni ottenute, possono essere utilizzati mediante l’uso del freddo o del caldo.
– Utilizzazione mediante la linea del freddo: con questa linea i tartufi delle categorie superiori, possono essere conservati in sotto vuoto e quindi congelati rapidamente mediante l’abbattitore della temperatura.
– Utilizzazione mediante la linea de l caldo: con questa linea vengono conservate tutte le categorie di tartufo e tutti i preparati quali, salse, creme, patè ecc. Il prodotto viene posto in vasi di adeguate dimensioni che vengono tappati e immessi in autoclave per la sterilizzazione. La sterilizzazione si ottiene alla temperatura 120°-130°C per 30 minuti. Per la preparazione delle creme viene utilizzato il cutter che consente di omogeneizzare il preparato.

SCORZONE
Lo scorzone è un tartufo meno pregiato di quello nero, che a seconda della stagione è chiamato scorzone d’estate e scorzone d’autunno, due tipologie di tartufi che presentano analogie nella forma pur avendo differenti periodi di maturazione.
Lo scorzone estivo può raggiungere dimensioni notevoli, e il suo odore è leggermente aromatico e meno intenso del tartufo nero. 
Cresce in terreni, sia sabbiosi che argillosi, nei boschi di latifoglie; a volte lo si può trovare anche nelle pinete. E’ molto apprezzato e viene utilizzato per la produzione di insaccati e salse. 
Il periodo di raccolta va da Maggio a Dicembre.
Lo scorzone autunnale ha una scorza liscia, di colore marrone bruciato ed internamente presenta venature molto visibili. 
Si raccoglie dal 1 Ottobre al 31 Dicembre.

IL BIANCHETTO O MARZUOLO
E’ una specialità di tartufo molto diffusa che si trova in pianura, in collina o in montagna, a poca profondità, in terreni calcareoargillosi, associati sia alle latifoglie che alle conifere. 
È di piccole dimensioni, esternamente liscio, di colore rosso bruno; internamenteè chiaro con numerose venature ramificate.
Emana un profumo debolmente agliaceo e per questo risulta poco apprezzato.

IL TARTUFO NERO D’INVERNO E IL TARTUFO MOSCATO
Queste due specie sono molto diffuse nel territorio provinciale essendo meno esigenti dal punto di vista ambientale. 
Esteriormente sono neri con verruche poco ungenti al tatto; l’interno è grigio nerastro con venature bianche molto marcate; nel tartufo moscato l’interno è nero con venature molto larghe.
Il primo ha un profumo forte e penetrante, mentre il secondoè pressoché inodore. 
Entrambi maturano nei mesi invernali.