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Gli animali della campagna umbra: il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale

 

La carne bovina è uno dei migliori prodotti della campagna umbra, e più precisamente della provincia di Perugia, oggetto di esportazione in tutto il territorio nazionale.

Di particolare prestigio è il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale che ha ottenuto l’IGP per la carne ottenuta da bovini delle razze Chianina, Marchigiana e Romagnola.

Queste tre razze hanno una storia agricola in gran parte comune, in quanto nate nella tipica azienda collinare dell’Italia centrale ed utilizzate dapprima per il lavoro nei campi e poi come razze specializzate da carne.

La particolare conformazione fisica, dovuta al loro patrimonio genetico, ma anche alle tecniche di allevamento e di alimentazione, dona alle carni di questi bovini caratteristiche qualitative specifiche e ben identificabili.

I sistemi di allevamento consentiti fino al periodo di svezzamento sono il pascolo e la stabulazione, libera o fissa. Dopo l’allattamento, effettuato solo con latte materno, e lo svezzamento, gli animali, lasciati liberamente pascolare o allevati in stalla, son alimentati con mangimi di produzione aziendale e macellati nei centri riconosciuti.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Sapori di una terra – La carne e la norcineria”

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Miele di melata

Anche nella nostra terra l’apicoltura è una tradizione antica e grazie ai veri studi e all’utilizzo delle tecniche sempre più avanzate è oggi possibile, nel nostro territorio, trovare molteplici varietà di miele.

Il miele di melata, generalmente scuro, a volte quasi nero con tonalità dal rossastro all’ebano, raramente è oggetto di processi di cristallizzazione.

La melata proviene dalla linfa dei fiori, ricca di sostanze zuccherine, estratta dagli afidi ed espulsa sotto forma di goccioline che le api raccolgono e trasformano in miele.

esistono molti tipi di miele di melata; in Umbria il più diffuso è quello di quercia, dal sapore forte, di colore bruno tendente all’ebano.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Sapori di una terra – I prodotti del bosco”

Proprietà

Il miele di melata presenta proprietà lenitive e antibatteriche: in particolare può calmare la tosse e lenire i disturbi a carico delle vie aeree. 

I polifenoli di cui è ricco lo caratterizzano anche per proprietà antiossidanti, mentre gli olisaccaridi presenti contribuiscono al fisiologico funzionamento dell’apparato gastrointestinale.

Rispetto al miele di nettare, presenta un maggior contenuto di sali minerali e oligominerali, tra cui magnesio, manganese, potassio e ferro, nonchè un indice glicemico più basso anche rispetto alla maggior parte dei dolcificanti.

 

miele di girasole

Miele di girasole

Anche nella nostra terra l’apicoltura è una tradizione antica e grazie ai veri studi e all’utilizzo delle tecniche sempre più avanzate è oggi possibile, nel nostro territorio, trovare molteplici varietà di miele.

Il miele di girasole, dal colore giallo vivo e intenso, ha un sapore leggermente erbaceo, che tende a stemperarsi diventando delicato dopo la cristallizzazione.

È un ottimo emolliente per le tossi stizzose  delle prime vie respiratorie.

Classico miele estivo, racchiude nelle sue caratteristiche tutta la solarità della pianta e della stagione.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Sapori di una terra – I prodotti del bosco”

pampepato

Pampepato/Panpepato di Terni

A Terni è il dolce di Natale per eccellenza, le cui origini affondano nel lontano passato tanto che si pensa possano risalire al 1500.

Tanti gli ingredienti che lo compongono: la tradizione ha attinto da ciò che l’economia rurale consentiva di mettere da parte nel corso dell’anno…noci, nocciole, pinoli, mandorle, mosto cotto, uva passa, miele, canditi, cioccolato, pepe, cannella.

La ricetta e altre curiosità nell’opuscolo allegato realizzato anche dalla Camera di Commercio di Terni.

pampepato/panpepato di Terni

pampepato/panpepato di Terni interno

LISCIANO NICCONE

Spunti dai borghi dell’Umbria: Lisciano Niccone

In un’area collinare fatta di sommità, passi panoramici da cui si intravede il Lago Trasimeno, tra boschi di querce secolari, si trova il territorio
di Lisciano Niccone, fin dai tempi degli Etruschi luogo di transito e collegamento tra la Val di Chiana e l’Alta Valle del Tevere. Durante l’Alto
Medioevo, lungo il torrente Niccone corre il confine del corridoio bizantino che collegava l’Esarcato di Ravenna al Ducato di Roma.

La più antica testimonianza datata 29 Maggio 1202 su Lisciano è la sottomissione di tutti i castelli, ville, borghi, uomini e famiglie da parte dei Marchesi del Monte ai Consoli di Perugia. Il prediale Lisciano deriverebbe dal nome di un probabile Licius o Lisius, proprietario di quel possedimento sulla collina ad est sovrastante l’odierno comune posto sulle pendici del Monte Castiglione. Del castello di Lisciano – che ha legato le sue sorti a Perugia fino al 1479, quando è passato allo Stato Pontificio sino al 1861 – rimangono alcuni edifici e la chiesa di San
Tommaso che custodiva alcune tele oggi conservate nella chiesa di Santa Maria delle Corti. Gran parte del territorio è ricoperto da boschi di querce e castagni che offrono da maggio a novembre una grande quantità di prodotti pregiati: i funghi, tra cui il pregiato porcino, il tartufo nero estivo e le castagne, il cui albero è rappresentato nello stemma comunale. Alla consolidata vocazione agricola del grano, dell’orzo, dell’avena, dei girasoli e del tabacco, si accompagna la vocazione turistica che negli ultimi anni si sta affermando a livello sia nazionale che internazionale. Il territorio di Lisciano è polo di attrazione per un tipo di turismo che coniuga la bellezza del paesaggio alla qualità dell’ambiente e alla vicinanza alle città d’arte umbre e delle vicine regioni.

Dall’abitato si può iniziare un trekking che giunge alle località Belvedere, dove è situato l’Osservatorio Ambientale, e Corgna per arrivare all’area attrezzata di Monte Castiglione (mt. 802).
L’itinerario, di circa 6 Km, studiato per essere percorso a piedi, a cavallo e in mountain bike, offre l’opportunità di una totale immersione nella
natura e nel paesaggio di indiscussa bellezza.
Del corridoio bizantino restano come segni visivi i castelli di Lisciano, di Reschio, le torri di avvistamento, i ruderi dell’Abbazia dei Benedettini, chiamati dai Marchesi del Monte a bonificare la valle a partire dal X sec., e la Chiesa di San Niccolò a Val di Rose – annessa al romitorio
dei monaci camaldolesi presso il quale risiedette San Pier Damiani – dove è custodita la pregevole pala d’altare attribuita ad Eusebio di Jacopo
di Cristofaro, detto da San Giorgio, allievo del Perugino, raffigurante la Madonna con il Bambino tra San Nicola di Bari, il beato Bucarello, la Beata Francesca Romana e San Romualdo.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Ritratti di Storia – Viaggio nei centri storici del comprensorio dell’Alta Valle del Tevere” 

 

pane egitto

Il pane all’epoca dell’antico Egitto

Tutti i popoli del Mediterraneo conoscevano il grano fin dagli albori della loro storia, ma non tutti cominciarono a panificare nello stesso tempo. Secondo gli storici il primato spetta agli egiziani, presso i quali la coltivazione dei cereali era una delle attività più importanti, favorita dalle annuali inondazioni del fiume Nilo, che, lasciando sul terreno grandi quantità di fertile limo, consentiva di effettuare anche due raccolti all’anno. Una leggenda vuole che l’impasto del pane sia nato proprio in seguito ad uno straripamento del Nilo, le cui acque bagnarono le scorte di farina conservate nei magazzini del faraone. Ad un altro “leggendario” aneddoto si lega la scoperta del lievito: una domestica egizia, per far dispetto alla padrona, gettò nella pasta del pane il residuo della preparazione della birra, che provocò la fermentazione dell’impasto.

Ma al di là delle fantastiche narrazioni, è plausibile che gli egiziani scoprissero presto che il principio della fermentazione dei cereali con cui preparavano la birra, tra gli alimenti base della loro dieta, potesse essere applicato alla panificazione.

Nell’antico Egitto il lavoro del fornaio era considerato una vera e propria professione e il pane cotto nei forni rappresentava – al pari dei cereali – una moneta di scambio. In un documento risalente al Nuovo Regno (1570 -1085 a.C.), il periodo di massimo splendore della civiltà, vengono enumerati addirittura quaranta varietà di pani e di dolci.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno”