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QUANDO IL VINO ENTRA IN PENTOLA

 

Pasteggiare con il vino è altra cosa da cucinare con il vino. Le doti del vino come condimento sono note da secoli e non esiste in pratica pietanza che non possa trovare giovamento se accompagnata da un vino. Tanto per fare un esempio, un vino bianco leggero è il giusto compagno di zuppe chiare, fricassee, piatti a base di pollame o di pesce, oltre che di molti dolci e ricette a base di frutta.

Il rosso, invece, è ottimo con zuppe scure , salse e carni rosse.

per cucinare si può scegliere il vino che si preferisce purché non sia un cosiddetto vino da cucina, ma come dice un vecchio detto: “un vino da cucina può essere tutt’al più quello che il cuoco beve in cucina”.

La funzione del vino in cucina, infatti è quella di valorizzare la ricetta che si sta preparando e l’armonia degli ingredienti che si stanno per portare a tavola. Anche un semplice arrosto di carne o di pollo può essere irrorato con vino bianco, durante la cottura, per irrobustirne il sapore.

Il vino non solo deve essere buono, ma bisogna usarlo nel momento giusto . Nel caso dell’arrosto, ad esempio, deve essere aggiunto quando il pezzo di carne è ben rosolato e non si deve mai bagnare la carne, ma il fondo di cottura.

Il vino è ottimo nella marinatura che precede la cottura di carni, pesci, selvaggina e animali da cortile. Si possono aggiungere spezie e ortaggi e la durata della marinatura può andare dalle 12 alle 24 ore.

Per una minestra o per una salsa si può, ad esempio, usare lo stesso vino che si servirà a tavola insieme a tale pietanza. Comunque i piatti aromatizzati con un vino di una data zona di produzione si apprezzano meglio se serviti in abbinamento con un vino della stessa zona.

In cucina è meglio utilizzare vini secchi ed equilibrati, nelle preparazioni a lunga cottura, invece, si preferiranno le qualità più amabili, per evitare che l’evaporazione della cottura porti eccessivamente in risalto la componente acidula del vino. Per il resto sperimentare a piacere.

 

Tratto da “Sapori di una terra – Prodotti tipici della Provincia di Perugia” a cura dell’Assessorato allo Sviluppo Economico della Provincia di Perugia e della Camera di Commercio di Perugia

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IL VINO E LA SALUTE: LE CREDENZE DEL PASSATO

Nell’antica Grecia il vino era ritenuto beneficio di in alcune forme di patologie digestive ed Ippocrate nel suo “Libro della Salute” parla delle opportunità di somministrarlo puro, temperato, caldo o freddo, considerandolo uno stimolante non solo delle funzioni digestive, ma anche delle funzioni psichiche e renali.

Nel Medioevo, la Scuola Medica Salernitana rese noti i vantaggi alimentari e salutari del vino e nel capitolo IX del “Flos Medicinae” attribuì al vino il valore di un vero medicamento:”Il vino, se puro, ti dà parecchi benefici: conforta il cervello, allieta il tuo stomaco, sottrae dal tuo corpo ii vapori nocivi, rilassa il tuo ventre se pieno, acuisce il tuo ingegno, nutre la tua vista e schiarisce il tuo udito, rinforza il tuo corpo ed irrobustisce le tue membra”.

Il buon senso popolare del resto ci tramanda i rapporti tra salute e vino:

Il buon vino fa sangue” è un antico detto popolare che sottolinea l’azione antianemica, vasodilatatrice e tonica di alcune qualità del vino.

In vino veritas” e “Bere per dimenticare” sono detti che ci fanno ricordare l’effetto del vino sull’attività psichica dell’uomo.

Il vino è il latte dei vecchi” è un altro curioso detto che dimostra come il vino fosse considerato dagli anziani un vero e proprio alimento come il latte per i bambini.

Nei tempi passati il vino era considerato un ottimo disinfettante: Ciro il Grande , durante la marcia contro Babilonia, aveva ordinato di distribuire quantità di vino “sufficienti a tutelare la salute dei soldati fintanto che essi  non si fossero gradatamente avvezzati dalle nocive acque locali”.

Sembra che durante l’epoca romana il dilagare di forme infettive di carattere epidemico tra i soldati fosse impedito dall’uso del vino.

Nei secoli scorsi le proprietà antibatteriche del vino erano tenute in grande considerazione.

Nel XVII secolo, negli ospedali di Roma il vino era ritenuto così utile da prescrivere ai malati le “zuppe di vino” e nelle raccomandazioni dell’11 ottobre 1691 si leggeva che “il vino degli infermi deve essere assaggiato prima dai medici onde controllare se i cantinieri non abbiano avuto l’ardire di aggiungervi l’acqua”.

All’inizio del novecento molti medici ancora consigliavano il vino contro il “mal sottile” delle giovinette o contro forme anemiche e di deperimento in genere.

Oggi molte credenze sono cadute e sono stati riconosciuti sempre più gli effetti dannosi dell’alcool: il vino, utilizzato in passato come medicamento, deve essere considerato principalmente un alimento che trova la sua collocazione nella dieta dell’uomo.

(tratto da “Sapori di una terra – prodotti tipici della Provincia di Perugia” a cura dell’Assessorato allo Sviluppo Economico della Provincia di Perugia e della Camera di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato e Agricoltura di Perugia)

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LA FESTA DI SANT’ANTONIO A SANTA MARIA DEGLI ANGELI

A Santa Maria degli Angeli (Assisi) la festa religiosa di Sant’Antonio Abate, che cade il 17 di gennaio, è stata sempre particolarmente sentita. La tradizione prevede che venga celebrata la domenica successiva al giorno dedicato, con una processione, la benedizione degli animali e la distribuzione del pane benedetto, il cosiddetto Piatto di Sant’Antonio.

L’origine di questa tradizione viene ricondotta al fatto che a Santa Maria degli Angeli, via di transito dei postiglioni postali tra Firenze e Roma, vi era la stazione per il cambio dei cavalli. Dopo il 1860 scoppiò una grave epidemia, che colpì in modo particolare i cavalli di dette scuderie. I padroni preoccupati, si rivolsero fiduciosi a Sant’Antonio Abate, protettore delle bestie, pregando i religiosi della Porziuncola di fare un triduo in onore del Santo, di cui in quei giorni ricorreva la festa.

Ottenuta la grazia con la fine del morbo e scongiurato il pericolo della morte dei cavalli, in ringraziamento al Santo fu celebrata con grande solennità quell’anno la sua festa, fu fatta la processione per le vie del paese e fu distribuito un pranzo ai poveri, che prese la denominazione di “Piatto di Sant’Antonio”.