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LA MAGIA DELLE FUSERUOLE

“Un’inedita collezione di fuseruole è ospitata nel Museo regionale della Ceramica di Deruta, il più antico d’Italia.

Nacque infatti nel 1898,grazie al notaio derutese Francesco Briganti che ebbe l’idea di istituire un “Museo artistico pei lavoranti in maiolica”.

Le piccole perline in maiolica a corredo dei preziosi ricami, sono chiamate anche fusaiole o pittole.

Quasi nascondono le iniziali dell’innamorata, che spesso sono seguite dalla lettera B, che sta per “bella”.

A volte i nomi sono scritti per intero. O si usano vezzeggiativi. In qualche caso, le dediche sono scritte addirittura al contrario.

I pegni d’amore sono famosi in tutto il mondo, come testimoniano le quindici fuseruole esposte al British Museum di Londra.”

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Umbria delle mie Trame” testi a cura di Federico Fioravavanti

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IL PAESE DELLE TERRECOTTE

 Ripabianca è un pregevole borgo arroccato, nel  Comune di Deruta, non molto distante da Marciano, e deve il suo nome all’argilla estratta dal suo terreno, particolarmente adatta per la lavorazione di terrecotte e laterizi, tant’è che può essere definita a buon ragione il “paese delle terrecotte”, come testimoniano le fornaci a legna, di cui una ancora perfettamente in funzione.

Nel paese,  il comparto della terracotta è ancora molto vivace e di stampo per lo più artigianale, con forti radici tradizionali e con una ricca produzione di orci, vasi da giardino, riproduzioni di ziri, scine, pignatte ed altri utensili utilizzati in passato nelle cucine e nelle case.
Curiosità legate alla civiltà contadina umbra: gli ziri sono i vasi in terracotta in cui veniva conservato l’olio, prodotto prezioso e salutare della nostra terra, mentre le “scine” sono dei catini ,in cui si effettuava il bucato con la cenere.

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L’UMBRIA DELLE TERRECOTTE E DEI LATERIZI

Marsciano è un centro conosciuto in particolare per la produzione di laterizi e terrecotte che rappresentano per la città il fil rouge attraverso il quale si snoda la sua storia, non solo da un punto di vista architettonico ed urbanistico, ma anche e soprattutto, di quello dei rapporti commerciali ed economici, delle famiglie imprenditoriali e della stratificazione sociale. La collocazione geografica di Marsciano e del suo territorio lungo l’importante corridoio di traffico rappresentato dall’antica via Orvietana, la ricchezza di argille di buona qualità, di boschi da cui trarre il legname e la disponibilità di acqua hanno reso possibile lo sviluppo e la presenza costante nel corso dei secoli della produzione fittile. Tale produzione nel periodo rinascimentale ha conosciuto un fiorente sviluppo documentato dalla presenza nell’area di almeno ventinove ollai, tanto che in alcuni scritti storici del ‘500 veniva affermato che “l’essercitio principale di quegli huomeni è di fare le pignatte”.
A poco a poco, la produzione delle terrecotte perse consistenza, a seguito anche della nascita di industrie che producevano in serie e
con materiali diversi le suppellettili utilizzate nella vita quotidiana. A partire dalla seconda metà del XVIII sec. l’attività si orientò verso la fabbricazione di elementi per l’edilizia con la nascita di aziende industriali legate alla produzione dei laterizi, il cui sviluppo porterà all’affermazione nel ‘900 delle Fornaci Briziarelli che rappresentano il principale gruppo umbro operante nel settore. Oggi Marsciano è sede dell’Associazione Italiana Città del Laterizio, una rete nazionale che unisce tutte le città (circa una ventina), dove si è sviluppata negli anni una significativa attività nel campo della produzione dei laterizi a livello industriale, artigianale o artistico.

TRATTO DA ABITARE IL TERRITORIO volume 1

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Dove la ceramica si veste di storia

Ad Orvieto, la tradizione ceramica affonda le sue radici nel periodo etrusco, tant’è che l’importanza di questo comparto per l’economia locale ha risvegliato un interesse verso gli scavi archeologici, i quali hanno riportato alla luce buccheri di pregio, a cui si ispirano alcune produzioni odierne. La caratteristica, però, peculiare delle ceramiche orvietane è la tridimensionalità dei decori, dovuta alla tecnica di campitura “a reticolo”, unita alle applicazioni a rilievo.

Degno di nota è, infine, ricordare come le tessere dei mosaici, sapientemente alternati ad elementi sculturoei, della splendida facciata del medievale Duomo di Orvieto siano di produzione locale che, a partire da questo evento artistico, fu diffusamente conosciuta con la denominazione di “stile orvietano”.

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Gualdo Tadino e la sua ceramica

Sulla scia della vicina Gubbio, nel ‘500, sebbene si registrino testimonianze precedenti, prende vita a Gualdo Tadino una fiorente produzione ceramica, che si sviluppa nel ‘700 con molteplici raffigurazioni di Madonna con Bambino ed ex voto, ma che trova la sua migliore espressione a fine ‘800, grazie a Paolo Rubboli, con cui collaborò anche il noto pittore indigeno Giuseppe Discepoli, ed Alfredo Santarelli. Rubboli si insediò a Gualdo nel 1875 e riprese la tecnica dei lustri oro e rubino ereditata da Mastro Giorgio. L’eco risorgimentale trova testimonianza anche nelle sue produzioni, per esempio con piatti commemorativi degli eroi del tempo, come Giuseppe Garibaldi. Santarelli, a sua volta, inizialmente prosegue l’opera di Rubboli per poi trovare una sua propria strada, in cui reinterpreta motivi e decori degli stili più disparati, dal medioevo al rinascimento, dall’ispanico – moresco al liberty e al decò. La produzione attuale è ancora connotata dalla tecnica del lustro e dalla testimonianza di questi grandi maestri, a riprova della loro capacità creativa e della loro originalità. Presso la Rocca Flea, infine, nel Museo Civico, è possibile ripercorrere l’avvincente storia della ceramica gualdese.

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Buccheri, ceramica e le brocche della Festa dei Ceri

A Gubbio, le origini della lavorazione ceramica risalgono al Medioevo, con una produzione caratterizzata dal blu cobalto, lo sviluppo, però, avviene tra la fine del ‘400  e gli inizi del ‘500, grazie alla presenza di Mastro Giorgio Andreoli, a cui, per la riconosciuta importanza, sono dedicati alcuni toponimi del centro storico cittadino.  Mastro Giorgio introduce la tecnica del riverbero e del lustro dai colori intensi oro, argento, verde e soprattutto rosso rubino. Nel ‘900, invece, è stato Aldo Ajò a lasciare una sua personalissima impronta nel comparto, con accenti d’avanguardia. Nella seconda metà del XX secolo, poi, si sviluppano lo stile  “fiorato” e la particolare lavorazione di buccheri, di tendenza etrusca, decorati a graffito con smalti policromi ed oro. Per approfondire e gustare con gli occhi il mondo della ceramica, Gubbio propone le Biennali d’Arte della Ceramica e dei lavori in Metallo, fucina di esperienze di artisti a livello nazionale, unitamente all’apposita sezione dedicata all’interno del Museo Comunale.

Una nota legata alla tradizione del posto: in occasione della Festa dei Ceri (15 maggio), al momento dell’alzata in Piazza dei Consoli, ogni Capodieci getta la brocca in ceramica del proprio cero di appartenenza, che si rompe in mille pezzi ed i presenti si contendono i frammenti della brocca stessa, quale ricordo e portafortuna!

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La ceramica di Deruta

Non è semplice descrivere la rinomata ceramica derutese senza rischiare di sembrare retorici, visto quanto è famosa e nota nel mondo. Basti dire che nel centro storico di Deruta ha sede, per l’importanza di questa produzione, uno specifico museo regionale, ampliamento di quello fondato dal natio avvocato Briganti, in cui è presente una ricca esposizione di manufatti, oltre che spazi per mostre a tema. La ceramica di Deruta trova la sua massima ispirazione nel lungo periodo che va dalla seconda metà del ‘400 fino a tutto il ‘600. In questi due secoli e mezzo,   si sviluppano diversi stili, come il “petal back”caratterizzato da semplici decorazioni a forma di petali sul retro dei piatti e da motivi in “stile severo” sul fronte oppure raffigurazioni più complesse, come le scene ed temi allegorici contornati da moduli geometrici (a corona di spine, a denti di lupo, a embricazioni, a girali floreali, a porcellana), come il ritratto, come lo stile raffaellesco con le caratteristiche tonalità azzurro e giallo di tipo pastello e meno accese rispetto ai colori della produzione gualdo – eugubina, e poi come i “bianchi” ed il “calligrafico” in monocromia blu o arancio. Gli oggetti che segnano il passaggio da una ceramica di tipo domestico ad una più ornamentale sono i grandi piatti da pompa, le coppe amatorie, i vasi globulari a doppia ansa su alto piede.  Nel seicento nasce anche lo stile compendiario che propone motivi pittorici essenziali applicati su forme complesse, quasi scultoree, dai contorni flessuosi.
Quali esempi dell’arte ceramica derutese, meritano una menzione il pavimento della Chiesa di San Francesco e gli ex voto del vicino Santuario della Madonna dei Bagni.
A seguito di una crisi del settore avviatasi nel ‘700, dopo l’unità d’Italia, a partire da un’iniziativa del Comune di Deruta del 1872, riprende vigore la produzione locale, con forti richiami alla tradizione e con punte di innovazione, quali riflesso dell’arte contemporanea, a tal proposito si suggerisce una visita alla Galleria Moretti.

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L’ARTE A PORTATA DI MANO

 

L’Arte a portata di mano. In questo modo potremmo definire la ceramica artistica di produzione Umbria, senza dimenticare la maiolica e la più povera terracotta. Oggetti d’uso comune – caraffe, piatti, vasi anche da farmacia, tanto per citarne alcuni – diventano affreschi veri e propri, occasioni per sfoggiare, in casa propria, motivi raffaelleschi, decori minuziosi frutto di mani esperte, ritratti storici, paesaggi senza tempo, colori a volta accesi e contrastanti, altre volte tenui ed armoniosi… Ma non solo, conoscere la nostra ceramica, arte ampiamente diffusa nella nostra terra, equivale a ripercorrere nel tempo la sua affascinante storia e a viaggiare per l’Umbria, raggiungendo le molteplici città in cui viene prodotta. Da Orvieto a  Deruta, da Gubbio a Gualdo Tadino,  da Città di Castello ad Umbertide, da Perugia ad Assisi, è possibile ammirare la maestria dei nostri artigiani, che, pur appartenendo a scuole e correnti differenti, sono accomunati dalla stessa passione e dedizione per la lavorazione dell’argilla, la quale, grazie al loro lavoro, si esprime in pezzi unici, opere destinate a durare nel tempo. Se, alle origini, tali produzioni sono state favorite dalla stessa morfologia geografica, per la presenza di terreni argillosi di buona qualità, di acque fluviali e di boschi quali riserve di legna per le fornaci, attualmente, invece, potremmo dire che la ceramica sia diventata la scelta per molti artigiani di coltivare il bello, tant’è che la tradizione è stata rinnovata con slanci verticali e forme essenziali oltre che con richiami moderni.

Il lento girare del tornio, le mani che modellano l’argilla o che  usano piccoli pennelli per le decorazioni, persone che con la loro arte fanno vivere le proprie botteghe sono le migliori motivazioni per decidersi a percorrere la via della ceramica, non solo attraverso il video qui riportato, ma anche dal vivo. Segnaliamo, dunque, le principali tappe di questo avvincente itinerario.

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