ricotta-salata-di-norcia

RICOTTA SALATA DI NORCIA

Ha un sapore inconfondibile. Si chiama ricotta perché nella lavorazione tradizionale il siero che rimane della lavorazione del pecorino viene rimesso sul fuoco e quindi cotto di nuovo.

La lavorazione è manuale. Abili mani artigiane creano ancora oggi la ricotta da gennaio ad agosto, anche se,secondo la tradizione, veniva fatta soprattutto in estate quando le greggi che tornavano dal pascolo producevano latte in abbondanza, grazie al quale nasceva in modo rapido una delizia che, in qualche caso, era sottoposta anche ad affumicatura.

All’inizio viene fatto bollire il siero: il primo prodotto che affiora viene subito usato per la ricotta fresca. La parte che rimane viene scaldata ancora a 95°C, senza raggiungere l’ebollizione,ma solamente per far asciugare il più possibile la forma. La scolatura avviene a partire dalla rimozione della ricotta del siero. Poi viene messa in un contenitore di stoffa, da appendere, per favorire al meglio una scolatura completa. Passate dodici ore, la stoffa che avvolge il formaggio viene stretta a mano, per ottenere un’ulteriore asciugatura. Quindi la ricotta si riappende:la si lascia riposare per altre dodici ore, in attesa della salatura, che avviene facendola rotolare, una sola volta, nel sale.

Il formaggio viene lasciato a maturare in cantina. La stagionatura è fondamentale: dopo 20-30 giorni si ottiene un eccellente prodotto fresco, da taglio. Per una grande ricotta da grattugiare bisogna invece aspettare dai 4 ai 6 mesi fino ad un anno di “riposo”.

Prima della vendita le forme si ricoprono di crusca o semola di grano per assorbire meglio l’umidità e mantenere il prodotto integro. La forma finale pesa da 500 grammi a 1 chilo e mezzo.

E’ rotonda e di colore bianco. La pasta è compatta, l’esterno è privo di crosta. Il sapore deciso ma non troppo salato.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia ”L’Umbria dei formaggi” .

formaggio-farcito

FORMAGGIO FARCITO

Questo tipo di formaggio è prodotto in tutta l’Umbria e viene insaporito a piacere a seconda dei gusti e delle tradizioni locali. Oltre al più noto tartufo, anche olive, erbe aromatiche, aglio, cipolla, pepe e peperoncino possono essere aggiunti all’impasto, per trasmettere al prodotto un’aromatizzazione unica. 

Il latte utilizzato è quello ovino o vaccino, in modalità variabile. Si parte da una pastorizzazione a 70°C, che serve ad eliminare la flora batterica. Quando la temperatura del latte scende ai 36°C si aggiunge il caglio per far partire la coagulazione. La cagliata viene rotta manualmente con lo spino quindi si procede aggiungendo gli ingredienti per la farcitura, precedentemente pastorizzati tramite salatura. Si depone quindi la cagliata in fuscelle per passare alla salatura a secco e all’eliminazione del siero con getto di calore, per un’ora circa. Il giorno successivo, le forme vengono messe in celle frigorifere, a una temperatura costante di 7°C, dove rimangono per circa 30 giorni per maturare. Questa fase è continuamente controllata, tanto che le forme vengono girate di continuo. E se compaiono delle muffe, vengono lavate con acqua e sale.

Le forme ottenute hanno un peso che si aggira tra 1 e 3 chilogrammi. Il sapore finale di questo formaggio è veramente particolare. Così come il buon odore che emana. Caratteristiche dovute al processo di maturazione durante il quale le forme perdono di umidità, le sostanze aromatiche si concentrano e la microflora agisce sulle sostanze grasse.

In cucina, a seconda degli aromi aggiunti, il formaggio potrà essere utilizzato in maniere differenti. Anche se è sempre piacevole degustarlo da solo, insieme a una semplice fetta di pane, per apprezzarne al meglio l’intensità gustativa.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei formaggi” consultabile qui.

roccaccio

ROCCACCIO

A Fossato di Vico nasce la produzione di questo formaggio ovino a pasta dura, dal sapore equilibrato e il sapore e deciso.

La lavorazione avviene a partire dal latte riscaldato a 35-38°C, al quale viene aggiunto il caglio di vitello. La coagulazione, che avviene in 20 minuti circa, viene interrotta dalla rottura della cagliata e la disposizione di questa in stampi per sgrondare il siero, quindi una salatura in salamoia.

La stagionatura dura dai 12 ai 18 mesi e il formaggio finito ha un peso di 3 chilogrammi circa, una crosta liscia e gialla, mentre una pasta tra il bianco e il giallo paglierino.

La pasta è friabile e l’occhiatura è leggera.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia ”L’Umbria dei Formaggi” consultabile qui.

caciottone

FORMAGGIO MISTO O CACIOTTONE

E’ un formaggio da taglio misto, preparato con latte vaccino (80%) e ovino (20%). Chiamato anche caciottone, lo si può apprezzare presso le aziende casearie di tutta la regione. Il latte di vacca e di pecora viene miscelato prima della pastorizzazione, che avviene a 72°C per 30 secondi. Quindi, si passa a innestare i fermenti lattici e il caglio. Una volta avvenuto il coagulo, si rompe la cagliata e la si depone in stampi dal peso standard di 3 chilogrammi. Le forme, per essere asciugate, vengono messe in cassoni a chiusura ermetica e sono prima sottoposte a stufatura a vapore e poi immerse per la necessaria salatura in delle vasche di salamoia per un periodo di 36 ore.

Alla fine di questo processo, si passa alla fase di maturazione, che avviene in celle non ventilate, con un tasso di umidità molto elevato, al 95%. Grazie a questo procedimento si sviluppano muffe naturali, utili a conferire al formaggio la sua nota caratteristica.Dopo i due mesi di stagionatura, le forme vengono pulite e spazzolate sulla crosta.

Il formaggio si presenterà fresco e delicato. Con l’avanzare dei mesi emergerà invece il suo sapore piccantino, caratteristico del latte di pecora.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei Formaggi” consultabile qui.

caciotta-al-tartufo

CACIOTTA AL TARTUFO

L’area di produzione storica di questa squisitezza è il territorio Eugubino-Gualdese ma si può trovare, di grande qualità, anche in tutto il territorio regionale e, in particolare, in Valnerina, dove abbonda il “tuber melanosporum”.

La leggenda dice che la nascita del formaggio con il tartufo sia dovuta ad uno scherzo fatto da un ragazzo di un caseificio che, nel 1963, nei pressi di Sigillo, nascose del tartufo in una forma di cacio fresco che era stata destinata alla stagionatura. Nessuno si accorse di nulla fino a quando quella forma fu pronta per essere grattata sulla pasta. Il particolare sapore da allora ha incontrato un grande successo tra i consumatori. Grazie alla genuinità assicurata dagli animali che pascolano nella zona di produzione.

Il latte intero di vacca e, talvolta in piccole percentuali anche di pecora, pastorizzato e addizionato di fermenti lattici, viene fatto scaldare a 35-38°C. Poi viene aggiunto caglio di vitello. Al momento della coagulazione si procede alla rottura della cagliata:si divide dal siero e si aggiunge il tartufo in forma grattugiata. La proporzione è all’incirca di 500 grammi di tartufo per 50 chilogrammi di prodotto finito. Dal mescolamento si ottiene una pasta che viene inserita in appositi stampi adatti per sgrondare il siero. Quindi si procede anche con una stufatura a vapore in appositi cassoni, per un’ora ad una temperatura di 40-50°C. Arriva poi il momento cruciale della salatura, fatta per bagno in salamoia, per una durata di 12-15 ore circa. La maturazione del formaggio avviene in ambienti umidi all’80% ed a basse temperature (8-12°C). Non è prevista la stagionatura.

Le forme sono cilindriche, dalle dimensioni mediopiccole. La crosta è chiara, costellata di punti più scuri, mentre la pasta, internamente, è di colore paglierino. Il sapore e l’odore sono forti di tartufo. E al taglio si esprime tutta l’aromaticità del prezioso tubero.

Per il consumo, bisogna seguire il consiglio dei produttori, che raccomandano di tenere il formaggio per diverso tempo a temperatura ambiente in modo che la pasta si ammorbidisca e i profumi si liberino al meglio.

Mangiata da sola, con del pane casereccio, talvolta utilizzata in preparazioni culinarie, di questa caciotta esistono anche le alternative alla cipolla, al pepe, al peperoncino, alle olive e alle noci.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei formaggi” consultabile qui.

caciotta

CACIOTTA

Le “formette” al tempo della mezzadria venivano comprate direttamente dai pastori.Poi la produzione è cresciuta insieme al successo di questo tradizionale formaggio vaccino, che viene ricavato dal latte migliore ottenuto dal bestiame tenuto al pascolo durante il periodo primaverile.L’acquisto della caciotta è una tradizione in tutta l’Umbria. Anche perché è un formaggio di vacca e per molto tempo, nella regione, scarseggiavano i bovini che storicamente venivano utilizzati più come animali da lavoro che da latte. Per fare una buona caciotta si segue un procedimento collaudato. Prima di tutto, il latte viene pastorizzato a 72°C. Bisogna attendere che raggiunga una temperatura di 38°C circa per poter aggiungere i fermenti lattici e il caglio naturale. Si procede quindi con la rottura della cagliata, si inizia facendo sgrondare il siero e la si depone in stampi dall’ampiezza variabile, per ottenere diverse dimensioni di forme, che vanno da 1,5 a 3 chilogrammi. Le forme passano quindi alla stufatura a vapore e infine alla salatura in vasche di salamoia, dove si soffermano per 12 ore. L’ultimo passaggio è costituito dalla maturazione in celle per 15-20 giorni a una temperatura costante di 5°C circa. Quindi l’asciugatura, che dura un giorno e viene effettuata in un locale ventilato. Le forme sono ora pronte alla vendita. La caciotta si consuma fresca. Si può utilizzare per cucinare svariati piatti. Ma può essere gustata anche in un panino, tagliata a fette, insieme ad uno dei tanti salumi di qualità caratteristici dell’Umbria. In ogni caso, il suo sapore è così delicato che permette che le si possano accostare i più svariati ingredienti.

Tratta dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei Formaggi” consultabile qui.

pecorino-umbro-del-subasio

PECORINO UMBRO DEL SUBASIO

Il pecorino del Subasio è stato premiato in numerosi concorsi caseari,nazionali ed internazionali. Un paio di caseifici di qualità iniziarono la loro attività alle pendici del monte Subasio nel 1948. Prima nella zona intorno ad Assisi c’erano solo piccoli allevatori che producevano il formaggio per un consumo familiare. Poi una azienda depositò il marchio “Subasio” all’ufficio brevetti e a partire dagli anni sessanta iniziò la produzione di questi ottimi formaggi stagionati.

Sono tre le tipologie del prodotto: il pecorino Subasio, il pecorino Subasio stagionato e il pecorino Subasio canestrato.

Il latte pastorizzato viene fatto arrivare alle temperatura di 36-37°C, quindi gli viene aggiunto il caglio e i fermenti lattici. Dopo una decina di minuti si procede alla rottura della cagliata, che viene versata negli stampi.

Poi si passa alla sgrondatura del siero, e infine si procede con la salatura in vasche di salamoia per 12-48 ore, a seconda del peso delle forme stesse.

Il processo si conclude con la fase della stagionatura, che avviene in celle frigorifere,ad una temperatura di 4-5°C,per almeno 60 giorni.

Nel caso la si volesse protrarre,con la stagionatura lunga di 7-8 mesi, le forme vengono lasciate negli stessi locali ma la temperatura viene alzata a 7-8°C.

Alla fine si ottiene un formaggio con un peso che può oscillare tra 1,7 e 6 chilogrammi. A seconda della stagionatura, si avrà un prodotto più fresco e morbido o più consistente e saporito, tendente al piccante.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei Formaggi” consultabile qui.

pecorino-in-fossa

PECORINO STAGIONATO IN FOSSA

Assaggiare il pecorino in fossa è anche una ottima occasione per una visita sul Monte Cucco, il luogo più adatto alla produzione di questa delizia.

In mancanza dei frigoriferi, la fossa aveva una funzione protettiva contro gli insetti ed era un ottimo modo per nascondere le forme di formaggio ai saccheggiatori.

Il cacio viene infossato in piena estate, nel mese di agosto. Le forme vengono unte con olio di oliva per evitare la creazione di muffe. Poi vengono poste in sacchetti di tela chiusi e deposte in una fossa, resa sterile grazie alla bruciatura della paglia.Quindi impilate, una sull’altra, alternate con strati di paglia e foglie di noce.

Alla fine la fossa viene sigillata con un coperchio.

Durante il periodo di permanenza, che dura all’incirca 100 giorni, le forme acquisiscono una consistenza e un aroma unico: la fermentazione subita elimina un’importante percentuale di grasso del formaggio e dona al prodotto maggiore leggerezza.

Quando si riapre la fossa, l’aspetto del pecorino appare irregolare, a causa del peso a cui è stato sottoposto nei mesi precedenti. Inoltre manca di crosta, mentre la pasta interna è estremamente morbida e aromatica.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei formaggi” consultabile qui.

pecorino-in-botte

PECORINO STAGIONATO IN BOTTE

 

Una produzione di particolare e antica arte, quella che prevede la maturazione in botte.L’area di elezione di questo formaggio è vasta e racchiude i territori di Città di Pietralunga, Gubbio, Scheggia e Pascelupo, Costacciaro, Sigillo, Fossato di Vico, Gualdo Tadino, Valfabbrica, Nocera Umbra, Valtopina, Foligno, Trevi, Norcia, Cascia, Sellano, Preci, Monteleone di Spoleto, Cerreto di Spoleto, Poggiodomo, Vallo di Nera, Sant’Anatolia di Narco, Scheggino, Montefalco, Arrone, Polino e Ferentillo.

La materia prima è costituita da latte intero ovino, che viene precedentemente pastorizzato a una temperatura di 70°C, che poi si lascia scendere fino a 38°C per aggiungere il caglio di agnello, arricchito con erbe aromatiche come il tarassaco, il timo, la menta, l’isoppo. Si forma dunque la cagliata, che viene rotta a mano con lo “spino”, quindi sistemata nelle fuscelle, ovvero cerchi per la formatura del formaggio, poi salata a secco e posta su assi di legno ad asciugare per due giorni, fino al momento in cui il formaggio appare “bucciato”, ovvero con una buccia di diversa consistenza rispetto alla pasta interna.

Si passa dunque a ungere le forme con olio d’oliva aromatizzato con le medesime erbe inserite nella cagliata, quindi le si depone in celle frigorifere per 3-4 mesi a 12°C circa. Il trattamento con l’olio aromatizzato viene fatto ogni qualvolta che in superficie si formano delle muffe. Finito il periodo nelle celle, le forme si trasferiscono in botti di legno, dove rimangono per 45-60 giorni.

Allo scadere del tempo si fa asciugare il formaggio per un periodo di 10 giorni, quindi lo si confeziona con carta di juta e lo si inizia a vendere dopo un mese.Le forme pesano all’incirca 1-3 chilogrammi. Il senso dell’aggiunta delle erbe è da ritrovare in una duplice funzione:da una parte un’azione igienizzante,grazie alla loro capacità di azzerare la flora batterica presente nel latte e dall’altra la potente carica aromatica, che permane dalla cagliatura alla stagionatura.

A Montefalco è il vino che influenza la produzione di questo formaggio.La stagionatura,infatti, avviene in botti di rovere utilizzate in precedenza per la maturazione del vino locale. L’usanza dei pastori, tramandata fino ai giorni nostri, era quella di avvolgere le forme di pecorino migliore in foglie di noce, deposte poi in queste botti ben sigillate, in modo che non passasse aria.La permanenza in cantina andava dal giorno di San Giovanni, il 24 giugno, al giorno di San Martino, l’11 novembre,quando arrivava il momento di sostituire il vino al formaggio.

Il pecorino che si ottiene ha una crosta liscia e scura, la pasta è morbida e l’aroma divino è forte. Per una perfetta degustazione, lo si deve assaggiare a temperatura ambiente, accompagnato da miele, oppure arrostito sulla griglia. La migliore conservazione avviene in frigorifero:la forma deve essere avvolta in un telo di lino.Ma attenzione: va continuamente unta con l’olio, per evitare la formazione di muffe sulla crosta.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei Formaggi” consultabile qui

pecorino-di-norcia-del-caseificio

PECORINO DI NORCIA DEL CASEIFICIO

Per pecorino di Norcia del caseificio s’intende la versione moderna del “Pecorino del pastore” diffusa ormai tanto quanto quella tradizionale. E, come quella, di grande qualità.
Per assaporare le differenze bisogna far notare che a cambiare è la materia prima. Se nella forma del pastore il latte era crudo, in questo caso si utilizza latte intero ovino ma pastorizzato, proveniente da bestiame alimentato con foraggi verdi della zona di produzione. Una volta addizionato di fermenti lattici termofili, si porta il latte ad una temperatura di 90°C circa e si aggiunge il caglio di agnello o di capretto. Si forma la cagliata e si procede con la rottura. La si pone in apposite forme per la sgrondatura, che le fa perdere l’ulteriore siero in eccesso, ed in seguito si procede alla salatura a secco.
Trascorsi dai due ai quattro giorni, le forme si lavano e messe a stagionare, in celle frigorifere o locali con alta umidità e bassa temperatura, per un periodo che va da 60 giorni ad un anno. Le forme vengono saltuariamente trattate con olio, girate e, se utile, lavate ancora.
Questo tipo di pecorino, di forma cilindrica, ha un diametro di circa 15-22 cm e pesa quasi 3 chilogrammi. La crosta è tendente al giallo mentre la pasta va dal bianco al giallo paglierino. Il sapore è leggermente piccante.

 

Testo tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei Formaggi” consultabile qui.