città di castello

Spunti dai borghi dell’Umbria: Città di Castello

Una città che risplende da lontano: così veniva definita nel Quattrocento Civitas Castelli che appare all’improvviso, fra il verde delle colline,
entro il perimetro murato cinquecentesco lambito dal fiume Tevere, con torri e chiese tra il bianco ed il rosato, pacatamente emergenti nel
paesaggio. Una città che può vantare una cultura secolare e una visione del mondo in cui il rispetto della natura è coniugato ad una vitale realtà industriale.
Il turista ha la possibilità di arricchire la propria permanenza con momenti di arte, cultura, sport e artigianato che costituiscono tre percorsi: uno storico, uno museale ed uno artigianale.
La storia racconta di una città comunale che controlla il contado dall’alto della sua Torre Civica, posta di fronte al Palazzo Comunale.
Poi diventa splendida rappresentazione rinascimentale. Lo si vede nella riconfigurazione urbanistica attuata durante la Signoria dei Vitelli
e imperniata sull’edificazione dei quattro grandi palazzi di famiglia che, per la loro regolarità e imponenza, mutano il volto di ciascuno dei rioni cittadini.
A questo complesso architettonico si conforma gran parte del centro storico in un’armonica continuità con i giardini ed il giro delle mura.
Il viaggio nell’arte arriva fino ai giorni nostri grazie alla generosità di Alberto Burri che ha lasciato alla sua città natale un’eccezionale
collezione di opere, ora visibili a Palazzo Albizzini e prosegue poi nella Pinacoteca comunale a Palazzo Vitelli con la facciata decorata a graffiti
ideati da Giorgio Vasari.

Qui è possibile ammirare le opere di artisti come Raffaello, Luca Signorelli, Domenico Ghirlandaio, Andrea Della Robbia, Lorenzo Ghiberti, Antonio Vivarini, Raffaellino del Colle, Pomarancio, Santi di Tito. Inoltre, sono qui conservati il Paliotto e il Tesoro di Canoscio, opere di alta oreficeria sacra, insieme a collezioni di oggetti per la liturgia presenti nel Museo del Duomo.
L’arte e la tecnica donano la bellezza presente nei preziosi tessuti realizzati con telai originali del Museo della Tessitura; nella tradizione
dell’arte della stampa del Museo della Tipografia, ma anche nella presenza del Museo delle tradizioni popolari, uno dei primi esempi italiani
di memoria degli oggetti legati alla tradizione contadina.
Ancora in pieno centro, sul retro del Palazzo Vecchio Bufalini si aprono le cosiddette Logge, cortile porticato, luogo di mercato e di cultura per
tutta la città.
È questa, infine, una città fatta di note internazionali che in estate si diffondono nelle chiese, nelle ville e nei palazzi grazie al Festival delle Nazioni. La musica, che è davvero un linguaggio universale, riunisce qui l’Italia all’Europa e questa ai continenti da cui provengono ogni anno artisti d’eccezione.
Negli immediati dintorni, per coniugare storia, spiritualità e natura, si possono visitare la Basilica di Canoscio, importante simbolo della devozione mariana, e la Pieve dei Santi Cosma e Damiano (XII sec.).
Luoghi di grande raccoglimento da cui salutare la città splendente. 

Tratto dalla pubblicazione con video della Camera di Commercio di Perugia “Ritratti di Storia – VIAGGIO NEI CENTRI STORICI DEL COMPRENSORIO ALTA VALLE DEL TEVERE” 

alta valle del tevere

Le torte pasquali nell’Alta Valle del Tevere: ricette raccontate e memorie di cucina

Il lettore non si stupisca se non troverà testi uniformi di ricette, così come avviene generalmente in riviste o libri dedicati specializzati. ma abbiamo voluto conservare traccia della memoria della torta di Pasqua in Umbria e, quindi, si è intenzionalmente scelto di trascrivere le ricette esattamente così come sono state raccontate dai testimoni della tradizione oppure tali e quali a come sono state ritrovate nei ricettari, conservati tra le memorie delle famiglie che li hanno messi a disposizione.

In questi appunti, a volte disordinati, pertanto, ci sono parole e forme dialettali, sintassi non ortodosse, così come unità di misura varie e proporzioni non uniformi alle nostre consuetudini.

Chi volesse cimentarsi nel riprodurre queste torte, per semplificare il procedimento, può fare riferimento alle nostre fotoricette, che propongono le ricette base salata e dolce, a cui poi aggiungere vari aromi a gusto personale. In ogni caso, alcune torte sono state provate dall’autrice con il coinvolgimento dell’Associazione Crisalide e, quindi, sono riproposte in una versione più moderna ed al passo con i tempi.

ALTA VALLE DEL TEVERE

dal ricettario di Carla Ducci Galmacci
Città di Castello
Crostello
Ingredienti: 1 kg e mezzo di pasta lievitata (ottenuta lavorando il giorno prima 25 g di lievito di birra, 1 kg di farina e 400 g di acqua), 250 g di lardo macinato e pestato, o tagliato a cubetti; 30 g di strutto, 3 uova, una cotica di maiale, pistilli di zafferano tenuto a
bagno per una o due ore, sale e 3 g di pepe.

Preparate l’impasto il giorno prima, lavorando 25 g di lievito di birra, 1 kg di farina e 400 g d’acqua, aumentando leggermente la dose di quest’ultima se necessario. Il giorno dopo lavorate la pasta, con lo stesso procedimento utilizzato per il pane, e unite il lardo, lo strutto, le uova, i pistilli di zafferano e, se necessario altra farina, tenendo però conto del fatto che la pasta deve essere molto morbida, sale e pepe. Ricavatene dei filoncini, imprimete nella parte superiore una croce che prenda tutto il filoncino per lungo e per largo (qualcuno prepara delle pagnotte rotonde, però sempre con la croce).

Si lascia lievitare in luogo caldo e coperto da un panno bianco, si fa cuocere nel forno a legna (è l’ultima cottura dopo il pane) per una ventina di minuti (o in forno statico per 45 minuti – un’ora a 250 °C), si sfornano, si spolverano, si passano ancora caldi, nella parte superiore, con la cotica, in modo da ungerli bene.

Quando si mangiava, si spezzava in quattro con le mani lungo il segno tracciato dalla croce, nessuno lo avrebbe mai tagliato con il coltello. Pane povero, anche delle campagne circostanti fino agli anni ’50 veniva mangiato da solo, dagli anni ’50 è entrato l’uso di accompagnarlo con salame o capocollo.
Ormai lo prepara solo qualche famiglia e un forno. A Città di Castello la torta al formaggio è un uso recente, del dopoguerra, l’hanno portato le famiglie di contadini che hanno lasciato le campagne di Umbertide e Pietralunga per trasferirsi in città.

Umbertide
Torta al formaggio
1 kg di farina, 1 kg di pasta lievitata, 1 etto e 50 g di lievito di birra, 3 etti di parmigiano (un tempo pecorino, alcuni univano anche la crosta), 3 etti di unto di maiale (o anche raschiatura di cotenna), 2 etti di formaggio tenero (un tempo pecorino non stagionato),
10 uova.
Far lavorare da un uomo, mettere in tegami cilindrici capaci e molto alti, cuocere per circa un’ora alla temperatura del pane.

Torta dolce
Pasta lievitata, lievito di birra, farina, canditi a pezzetti (non sempre), uvetta rinvenuta in acqua (o vin santo), uova, strutto, zucchero, farina.
Impastare bene e a lungo, mettere negli stampi cilindrici, un tempo c’erano anche stampini piccoli per bambini, che avevano così il loro dolce personalizzato. Infornare a fuoco molto lento per un’ora. Sfornare e pennellare con alchermes e confettini la parte superiore.

A Umbertide la torta si preparava dalla domenica delle Palme in poi, anticamente non si usava lardo e per quanto riguardava la torta al formaggio molti utilizzavano solo ‘scarti’, qualche famiglia non metteva neanche le uova.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria

 

 

 

falegname

Legno: artigianato senza tempo

Legno e vita. Legno e sapere. Legno e storia.

In Umbria è radicata la tradizione della lavorazione artigianale del legno e dei mobili in stile, quanto i suoi floridi boschi sono ricchi di alberi dal nobile legno, dal noce al frassino, al rovere, al ciliegio, tanto per citarne alcuni.
I nostri artigiani, nel trasformare il legno in oggetti unici, trasmettono il loro sapere e le loro competenze, la lavorazione a mano riesce a comunicare naturalezza del prodotto ed attenzione per le finiture, dando luogo a prodotti diversi, non superficiali ma pieni di significato, di storia e di memoria. Prodotti che non temono di invecchiare, ma che, anzi, grazie al tempo acquistano maggiore fascino e pregio. Esprimono il gusto del vivere e rendono piacevole il loro uso.
I mobili in stile, le cui produzioni sono concentrate soprattutto nell’area dell’Alta Valle del Tevere (Città di Castello, San Giustino, Umbertide) ma presenti anche a Gubbio, Gualdo Tadino e Todi, sono la massima espressione di questo sapere artigianale. Di pregio anche la cosiddetta “arte povera”, ossia la produzione di mobili rustici, più essenziali e lineari rispetto ai più elaborati in stile rinascimentale e barocco. Non si può sottovalutare poi la tradizione dell’arte del restauro, dell’intarsio e dell’ebanisteria.