Due le tradizioni culinarie dell’Alta Valle del Tevere: la raccolta dei frutti spontanei e la coltura di varietà tipiche.
Il rinomato porcino, l’asparago, la visciola, ciliegia selvatica, la castagna e infine l’erba di campo, costituiscono la base di pietanze semplici come di ricette elaborate.
Bieta, rape e cavoli vengono ripassati con aglio ed olio extra vergine d’oliva; finocchio selvatico, rosmarino, maggiorana insaporiscono le carni cotte negli antichi camini. A parte va ricordato il tartufo Nero ed i più rari e pregiati Bianco e Bianchetto che contribuiscono a valorizzare le aree montane della valle.
Salumi, tra i quali spicca lo squisito mazzafegato, ricotte fresche, saporite caciotte, marmellate e conserve di frutti di bosco, completano questa tradizione nata dalla civiltà contadina.
L’agricoltura dà qui i suoi frutti migliori: la rinomata patata bianca viene usata per gli gnocchi di farina conditi con il tartufo.
Grano e granturco sono la base di tanti piatti: la “torta bianca cotta sul panaro”, le tagliatelle sottili fatte a mano da cuoche esperte e condite con il sugo d’oca o con funghi e asparagi.
Le aree collinari ospitano i moderni vigneti e la diffusa coltivazione del girasole che illumina i versanti assolati. Le viti offrono anche un vino liquoroso: il vinsanto dell’alto Tevere che accompagna il “torcolo”, le “castagnole” o i “crostini ‘briachi” a Carnevale. Ed infine, non può mancare il santo olivo da cui nasce un olio purissimo e prezioso.
Spunti dai borghi dell’Umbria: Umbertide
Antico e strategico avamposto perugino con il nome di Fratta, incastonato entro uno scenario di colli sui quali si disegna il fitto reticolo
fortificato medievale, lambita dal Tevere che ne fa città d’acqua, Umbertide dimostra, oggi come ieri, la sua importanza come crocevia
delle comunicazioni tra Arezzo, Città di Castello e Perugia con la via per Gubbio. La presenza di artisti rinascimentali e manieristi fanno di questo borgo una città d’arte che vale una visita accurata.
È qui che essi hanno lasciato opere importanti o hanno dipinto, è il caso del Pinturicchio, capolavori come la Incoronazione della Vergine,
oggi nello studio privato del Papa, da sempre parte integrante della storia della comunità umbertidese. Nella Collegiata, imponente
tempio ottagonale dedicato alla Vergine Maria, si conserva un’Ascensione in cielo del Pomarancio.
È qui che le testimonianze urbanistiche più significative sono diventate luoghi vivi e pulsanti grazie alla loro valorizzazione culturale. Così la
fortezza trecentesca della Rocca è sede espositiva del Centro per l’Arte contemporanea; la Chiesa di Santa Croce è parte dell’omonimo Museo
Civico che oggi ospita l’opera più importante del patrimonio artistico della città, la Deposizione dalla Croce realizzata nel 1516 da Luca Signorelli.
Nel museo è possibile ammirare anche la grande Pala del Pomarancio. Dieci pannelli illustrano il percorso signorelliano, il restauro della pala
e la storia della chiesa stessa. Nel patrimonio artistico, la città include anche il legame secolare con la ceramica la cui evoluzione arriva fino
al Novecento, grazie alle ceramiche Rometti rinomate per il cosiddetto “Nero Fratta”, un tipo di vernice nera di particolare lucentezza.
Le opere più significative delle ceramiche Rometti sono esposte nella Galleria omonima presso la Fabbrica Moderna. Nelle vicinanze,
antica di secoli, c’è l’Abbazia di San Salvatore di Montecorona. Infatti, dagli albori del Mille questo luogo ha costituito un punto
di riferimento per le popolazioni della valle fornendo innovazioni utili all’agricoltura. Mentre i suoi monaci, provenienti da tutta Europa, si
sono occupati di cose terrene, quelli dell’Eremo di Montecorona, sorto nel XVI secolo, si sono concentrati nella preghiera seguendo le rigide
condizioni imposte dalla regola di San Romualdo.
La vita di questa città si anima costantemente con appuntamenti settimanali o annuali, nel rispetto di una tradizione che conserva le radici storiche e culturali. Affascinante il mercatino al centro del paese che si svolge ogni mercoledì mattina e che richiama gente da tutto il circondario.
La stagione calda è ricca di mostre di vario genere, feste, ricorrenze, sagre montane ed eventi sportivi. Chi, invece, vuole muoversi
e spaziare nel territorio, può usufruire di significativi reperti storici e artistici, ma anche di vecchi sapori e interessanti tradizioni locali,
spaziando tra le colline che abbracciano Umbertide da tutti e quattro i punti cardinali: dalle sommità di Civitella Ranieri e Serra Partucci
a quelle di Monte Acuto e Monte Corona, dalla vallata del Niccone, fino a sconfinare verso Montone e Pietralunga che richiamano i paesaggi
tipicamente appenninici della valle.
Da “Ritratti di Storia – Viaggio nel comprensorio dei centri storici della Alta Valle del Tevere”, Camera di Commercio di Perugia
Spunti dai borghi dell’Umbria: Lisciano Niccone
In un’area collinare fatta di sommità, passi panoramici da cui si intravede il Lago Trasimeno, tra boschi di querce secolari, si trova il territorio
di Lisciano Niccone, fin dai tempi degli Etruschi luogo di transito e collegamento tra la Val di Chiana e l’Alta Valle del Tevere. Durante l’Alto
Medioevo, lungo il torrente Niccone corre il confine del corridoio bizantino che collegava l’Esarcato di Ravenna al Ducato di Roma.
La più antica testimonianza datata 29 Maggio 1202 su Lisciano è la sottomissione di tutti i castelli, ville, borghi, uomini e famiglie da parte dei Marchesi del Monte ai Consoli di Perugia. Il prediale Lisciano deriverebbe dal nome di un probabile Licius o Lisius, proprietario di quel possedimento sulla collina ad est sovrastante l’odierno comune posto sulle pendici del Monte Castiglione. Del castello di Lisciano – che ha legato le sue sorti a Perugia fino al 1479, quando è passato allo Stato Pontificio sino al 1861 – rimangono alcuni edifici e la chiesa di San
Tommaso che custodiva alcune tele oggi conservate nella chiesa di Santa Maria delle Corti. Gran parte del territorio è ricoperto da boschi di querce e castagni che offrono da maggio a novembre una grande quantità di prodotti pregiati: i funghi, tra cui il pregiato porcino, il tartufo nero estivo e le castagne, il cui albero è rappresentato nello stemma comunale. Alla consolidata vocazione agricola del grano, dell’orzo, dell’avena, dei girasoli e del tabacco, si accompagna la vocazione turistica che negli ultimi anni si sta affermando a livello sia nazionale che internazionale. Il territorio di Lisciano è polo di attrazione per un tipo di turismo che coniuga la bellezza del paesaggio alla qualità dell’ambiente e alla vicinanza alle città d’arte umbre e delle vicine regioni.
Dall’abitato si può iniziare un trekking che giunge alle località Belvedere, dove è situato l’Osservatorio Ambientale, e Corgna per arrivare all’area attrezzata di Monte Castiglione (mt. 802).
L’itinerario, di circa 6 Km, studiato per essere percorso a piedi, a cavallo e in mountain bike, offre l’opportunità di una totale immersione nella
natura e nel paesaggio di indiscussa bellezza.
Del corridoio bizantino restano come segni visivi i castelli di Lisciano, di Reschio, le torri di avvistamento, i ruderi dell’Abbazia dei Benedettini, chiamati dai Marchesi del Monte a bonificare la valle a partire dal X sec., e la Chiesa di San Niccolò a Val di Rose – annessa al romitorio
dei monaci camaldolesi presso il quale risiedette San Pier Damiani – dove è custodita la pregevole pala d’altare attribuita ad Eusebio di Jacopo
di Cristofaro, detto da San Giorgio, allievo del Perugino, raffigurante la Madonna con il Bambino tra San Nicola di Bari, il beato Bucarello, la Beata Francesca Romana e San Romualdo.
Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Ritratti di Storia – Viaggio nei centri storici del comprensorio dell’Alta Valle del Tevere”