Da Tiferno a Castello, per la felicità di Plinio

 

Il nome romano di Città di Castello era Tifernum Tiberinum. Tanto è vero che, ancora oggi, gli abitanti si chiamano tifernati.

Numerosi documenti riportano l’antico nome. Lo cita anche Plinio il Giovane, che possedeva una villa nei dintorni e accompagnava ai vicini bagni termali di Fontecchio la moglie Calpurnia, per rigenerare la sua leggiadra bellezza.

Alla caduta dell’Impero Romano, la città fu contesa tra Bizantini e Longobardi. Non era più un municipio, ma un centro militare fortificato e il suo nome cambiò in Tifernum Castrum.

Poi, sotto il dominio longobardo, il nome mutò ancora. Divenne Castrum Felicitatis, forse perché Plinio il Giovane vi aveva fatto erigere un tempio alla dea della felicità che aveva colpito i Longobardi.

Sotto il Sacro Romano Impero, la città diventò poi Civitas Castri e infine, verso l’anno Mille, Città di Castello.

TRATTO DALLA PUBBLICAZIONE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI PERUGIA, “UMBRIA DELLE MIE TRAME. Tessuti, merletti e ricami: gli itinerari dell’alto artigianato artistico”, testi a cura di Federico Fioravanti

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