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RICETTA TORCOLO DI SAN COSTANZO

Ingredienti:
600 gr di farina
330 gr di acqua tiepida
170 gr di zucchero
170 gr di cedro candito
85 gr di olio extravergine d’oliva
85 gr di burro
170 gr di uvetta sultanina
170 gr di pinoli
un uovo
25 gr di lievito di birra
semi di anice a piacere

Preparazione:
in una ciotola disporre la farina a fontana, inserire al centro il lievito di birra ed impastare con l’aiuto dell’acqua tiepida. Lavorare la pasta per qualche minuto, riporre la ciotola in un luogo caldo e al riparo dalle correnti d’aria.
Quando la pasta avrà raddoppiato il suo volume, rovesciare l’impasto sulla spianatoia, spianandola leggermente con
il palmo della mano.
aggiungere il cedro candito tagliato a dadini, l’uvetta, i pinoli, l’olio, il burro, lo zucchero e due cucchiai di semi d’anice.
Lavorare la pasta per una decina di minuti. A questo punto arrotolarla e dare la forma di ciambella.
Metterla in una tortiera precedentemente imburrata, e lasciare lievitare nuovamente per circa tre ore in un luogo caldo al riparo dall’aria, predisponendo una pentola con acqua bollente per facilitare la lievitazione.
Spennellare la superficie con il tuorlo d’uovo e con la punta del coltello incidere lievemente la pasta con cinque tagli. Cuocere in forno caldo (180°) per 45 minuti circa.

Abbinamento consigliato: Vinsanto umbro.

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OCCHIOLINO, PRESAGIO DI NOZZE

Costanzo, un dolce ed un…occhiolino. Per sapere cosa lega tra loro questi tre elementi occorre indagare nelle tradizioni secolari della città di Perugia, quando i rioni erano ad un passo dalla campagna limitrofa, e le ragazze in età da marito si recavano speranzose nella antica Chiesa dedicata al patrono di Perugia.
Il perché? …oltre che per esprimere la propria devozione al Santo della grande freddura (per distinguerlo da San Lorenzo, il patrono della grande calura venerato il 10 di agosto, altro protettore, insieme ad Ercolano, della città) anche per avere risposta ad un interrogativo sostanziale: arriveranno le nozze entro l’anno?
Secondo una antica usanza, infatti, il 29 gennaio, giorno dedicato al Santo martire, le ragazze nubili, vestite a festa, si recavano alla Chiesa di San Costanzo. Qui era custodita, in un angolo scarsamente illuminato, una statua lignea del santo vestita con i paramenti cerimoniali tipici del vescovo.
La fisionomia di Costanzo non doveva essere particolarmente attraente: lo scultore pare avesse dedicato poca attenzione ai particolari del volto, tant’è che sembra, come confermato da coloro che ne conservavano la memoria, che un occhio apparisse più piccolo dell’altro.
Il risultato era che, per un sottile gioco di luci riflesse, in certe condizioni di illuminazione, poteva aversi l’impressione che il Santo si dilettasse a…fare l’occhiolino: dal verificarsi di questo cenno, le giovani donne in età da marito, traevano la conferma che sarebbero convolate a nozze entro l’anno.
In caso contrario, nella speranza di rinviare l’agognato ammiccamento all’anno successivo, le giovani meno fortunate sussurravano la frase “San Costanzo dall’occhio adorno famme l’occhietto sinnò n’ciartorno” (“San Costanzo dall’occhio adorno fammi l’occhiolino sennò non ci ritorno”). Come consolazione, il dolce tipico della festa veniva donato loro dal fidanzato.
Questa credenza legata al Santo conferma il forte legame dei perugini con il proprio patrono che, per la ricchezza di leggende e tradizioni a lui collegate, può a tutta ragione essere considerato tra gli altri santi protettori della città quello che maggiormente ne ha colpito la tradizione popolare.
Sembra infatti che avesse il potere di aiutare l’unione tra uomo e donna e favorirne la procreazione: si narra di come in passato, venisse realizzata in occasione della festa una statua del Santo interamente prodotta con l’impasto del torcolo: mangiarne un pezzo, si credeva aiutasse le donne a guarire dai problemi di sterilità.

Da visitare, la Chiesa di San Costanzo, che sorge nel centro storico di Perugia, immediatamente fuori dalla porta di San Costanzo collocata alla fine di Borgo XX Giugno, ed edificata nel 1143 sul luogo in cui il Santo fu sepolto dopo il martirio.

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Storia del Torcolo di S.Costanzo

Dolce tipico della città di Perugia, la tradizione vuole che venga preparato il 29 gennaio in occasione della Festa di San Costanzo, primo vescovo e patrono della Città, insieme a San Lorenzo e Sant’Ercolano. È un torcolo di pasta di pane lievitata, dal delicato gusto di anice arricchito da canditi, uvetta e pinoli.
Alla forma del dolce la tradizione associa diverse origini, riconducibili in ogni caso all’evento del martirio del Santo, avvenuta per decapitazione nel 170 circa (verosimilmente proprio il 29 gennaio) al tempo dell’imperatore Marco Aurelio, durante le persecuzioni dei cristiani ad opera dell’Impero Romano.
Per alcuni, quindi, il buco rappresenterebbe il collo decapitato di Costanzo, mentre la forma a ciambella simboleggerebbe la corona tempestata di gemme preziose (i canditi!) che si sarebbe sfilata al momento della decapitazione.
Per altri, invece, il dolce raffigurerebbe la ghirlanda floreale che, dopo la decapitazione di Costanzo, sarebbe stata pietosamente posta sul collo del Santo per nascondere i segni del martirio: i canditi e l’uvetta sarebbero la rappresentazione dei petali dei fiori della ghirlanda.
 Sull’origine dei 5 tagli praticati diagonalmente sulla sommità del dolce, la tradizione popolare concorda nell’individuarvi le cinque porte corrispondenti ai cinque rioni del centro storico di Perugia (Porta Sole, Porta San Pietro, Porta Susanna, Porta Eburnea, Porta Sant.Angelo).

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torcolo di S. Costanzo

Dolce tipico della zona di Perugia dalla classica forma a ciambella con incisione pentagonale a indicare, secondo la tradizione, le cinque porte di Perugia). Il Torcolo di San Costanzo è stato creato in onore di San Costanzo, patrono di Perugia, condannato alla decapitazione. E’ nato come dolce povero, preparato con ingredienti semplici e facilmente reperibili; l’impasto di base, infatti, veniva preparato con la pasta del pane.
Sull’origine della sua forma a ciambella esistono varie versioni:
a) si dice che il buco rappresenti il collo decapitato del Santo;
b) si dice che la forma a ciambella rappresenti la collana del Santo ricca di pietre preziose (da qui il cedro candito), che
si è sfilata al momento della decapitazione;
c) si dice sia stato fatto con il buco semplicemente per poterlo infilare facilmente nei bastoni per trasportarlo alle fiere
o ai mercati.
(Dalle interviste ai produttori: Carla Shucani (Sandri); Mario Lupi (Lupi); Gianfranco Alunni (Alunni).

Ingredienti: (dalla ricetta dell’Accademia Italiana della Cucina di Perugia): farina di grano tenero, acqua, lievito (la ricetta originale prevede l’utilizzo del “lievito acido”, un lievito naturale ottenuto dalla fermentazione di farina e acqua; tuttavia, la ricetta consente l’utilizzo o l’aggiunta di lievito di birra), olio extra vergine di oliva, zucchero, uva passa, vero candito di buon cedro candito (colore verde, sapore adeguato), pinoli, semi di anice. Lavorazione: si impastano farina, acqua e lievito; lievitazione dell’impasto, detto “biga”, a temperatura media e costante per circa 3-4 ore, in contenitori di plastica coperti; quando l’impasto ha raddoppiato il suo volume, si aggiungono: zucchero, uva passa, cedro candito a cubetti, pinoli, anice e olio extra vergine di oliva; si lavora ancora l’impasto fino a renderlo omogeneo e, si formano delle ciambelle praticando su ognuna di esse cinque incisioni diagonali, che rappresentano le cinque porte di Perugia. Le ciambelle vengono poi collocate su teglie da forno e infornate per circa 30 minuti.
Il prodotto fresco va conservato ad una temperatura di circa 6°/8° C per 2/3 giorni al massimo.