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IL LINGUAGGIO DEI FIORI E LE DECORAZIONI DELLA TAVOLA

Poeti, scrittori, storici, ognuno ha raccontato l’origine delle rose, generando opinioni contraddittorie.

Tuttavia gli antichi sono concordi nel ritenere che le prime rose fossero solo bianche…Una leggenda vuole che sia stata la dea Venere che, correndo a recare soccorso al suo amante Adone, abbia posato il piede sopra un rosaio e sia stata punta da una spina. Da qui, dal regale sangue della dea Venere, le rose cominciarono a tingersi di rosso.

Protagonisti delle tavole e delle grandi occasioni, i fiori per le decorazioni sono scelti dalla padrona di casa che può prediligere ciò che preferisce e ciò che rappresenta al meglio la sua personalità e il suo speciale “progetto” di condivisione con i suoi ospiti. Il bon ton suggerisce che le decorazioni siano o molto basse o molto sottili ed alte in modo tale da non ostruire la visione dei commensali, e che non abbiano profumi intensi, in modo da non creare disagio o alterare la percezione olfattiva di cibi e bevande.

Tratto da “Il Merletto in Tavola – Tradizioni antiche e nuovi linguaggi nell’arte del ricevere” Camera di Commercio di Perugia

oro

L’oro in tavola: tra simbologia e superstizioni

L’oro, simbolo di ricchezza e prosperità, è stato associato spesso alla tavola. A lungo, dai Romani in poi, si è ritenuto un ricostituente per tutte le facoltà dell’uomo e come compenso alle fatiche amatorie. L’imperatore Vitellio lo usava, ridotto in foglie e polvere, come speciale condimento, per gli gnocchi, mescolando con frutta glassata al miele, erbe aromatiche, spezie e semi di anice.

L’epoca barocca segna gradualmente un passaggio d’uso del prezioso materiale dal cibo agli elementi di arredo della tavola e, quando si diffonde il merletto come simbolo di prestigio e di eleganza, si punta immediatamente a collegare questo con l’oro, attraverso una ricerca spasmodica d’un filo duttile e malleabile che potesse essere adatto allo scopo.

Il fatto di legare l’oro alla tavola non deriva solo dallo sfoggio di una ricchezza e prosperità esclusiva ma anche e soprattutto dal desiderio antico di esorcizzare, attraverso l’uso di un elemento incorruttibile, la paura dell’aldilà, sempre presente quando si parla di tavola e di riunione conviviale.

CURIOSITA’

Durante il Rinascimento era invalsa la consuetudine di ricoprire, con lamine d’oro, frutta, pane ed arrosti interi, mentre spruzzatine d’oro in polvere accompagnavano spesso qualunque tipo di vivanda. Un garzone di bottega di Valerio di Fiandra, maestro delle vetrate del duomo di Milano, in occasione del suo matrimonio con la figlia del maestro, tentò di emulare lo  “spolverato” con polvere d’oro utilizzando dello zafferano, ritenuto fino ad allora esclusivamente un colorante per pittura. Ed è così che nasce a Milano, sul finire del Cinquecento, il risotto condito con lo zafferano.

NOTE SULL’ARTE DI RICEVERE

Il fatto di legare l’oro alla tavola non deriva solo dallo sfaggio di una ricchezza e prosperità esclusiva, ma anche, e soprattutto, dal desiderio antico di esorcizzare, attraverso l’uso di un elemento incorruttibile, la paura dell’aldilà, sempre presente quando si parla di tavola e di riunione conviviale. L’oro in tavola, infatti, è augurio di lunga vita.

Tratto da “Il Merletto in Tavola Tradizioni antiche e nuovi linguaggi nell’arte” del ricevere Camera di Commercio di Perugia

bicchieri

I bicchieri

Come il piatto, anche il bicchiere sulla tavola non è sempre stato specificato del singolo commensale: durante il Medioevo sarebbe stata ritenuta grave scortesia non dividere il bicchiere con il vicino…!dal Cinquecento si diffondono gli splendidi e ricchissimi vetri di Murano, alti bicchieri di forma elaborata, con intrusioni di polvere d’oro e colori come il rubino o il turchese.

A volte sono provvisti di coperchio (antiveleno e antimanomissione), perché nell’impianto delle grandi tavole tardo rinascimentali, il bicchiere non ha più un posto stabile sulla tavola, ma deve essere preso da una bottigliera, o credenza a ripiani, e portato, volta per volta, dal coppiere, su un’alzata d’argento o di vetro.

Oggi, un servizio “classico” di bicchieri di cristallo si imposta su almeno tre pezzi per posto tavola: acqua, vino e flute (calice alto per champagne, spumanti secchi, aperitivi); per arrivare a cinque con il vino rosso e il porto (o madera).

Per la disposizione vale il principio pratico delle posate, e cioè quello del posizionamento in base all’ordine d’uso.

I bicchieri quindi prendono posto sulla destra, in alto, rispetto all’eventuale piatto segnaposto, nell’ordine in cui saranno poi usati (a partire dal bicchiere più vicino) ed avendo cura di mettere il bicchiere più alto sempre dietro a quello più basso.

CURIOSITA’

Una volta i bicchieri erano dei veri e propri vasi rivestiti di merletto. Nel Cinquecento i capricci erano dei bicchieri altissimi. Anche 30-40 cm; oggetti così particolari da essere collezionati nelle wunderkammer – camere delle meraviglie.

NOTE SULL’ARTE DEL RICEVERE

Oggi si sta assistendo ad una piccola “rivoluzione” in fatto di contenuto dei bicchieri sulla tavola. In mancanza del classico balloon, grande bicchiere nato espressamente per la degustazione, e in presenza di vino rosso corposo, l’AIS Associazione Italiana Sommelier propone di versare il vino nel bicchiere più grande, in quello che l’800 ha storicamente individuato come bicchiere da “acqua”.

Tratto da “Il Merletto in Tavola Tradizioni antiche e nuovi linguaggi nell’arte del ricevere” Camera di Commercio di Perugia

banchetto

La tovaglia

 

“La tovaglia è esistita praticamente “da sempre”, a creare uno speciale, spesso prezioso, piano “vestito”, su cui predisporre gli oggetti del banchetto.

Nella grande casistica della storia  del convivio si va dal concetto di tavolo-portantina, che arriva già imbandito nei banchetti-spettacolo della Roma imperiale, associato in questo caso al triclinio, o letto da pranzo (veniva ritenuto da “barbari “ o “da schiavi” il fato di sedersi tutti attorno a una tavola!), alle tovaglie a strati in epoca rinascimentale e barocca, che accompagnano i vari servizi di tavola e da togliere volta per volta insieme a questi.

Il fatto che, per noi, la tovaglia sia importante deriva dal fatto che essa, sempre più preziosa (il merletto si diffonde, sulla biancheria da tavola, dal Seicento in poi, come segno di massimo prestigio), ha da sempre rappresentato lo speciale collegamento, non solo fisico, ma culturale, tra i partecipanti del momento conviviale, al punto che durante il Medioevo esisteva una regola ben precisa che permetteva l’uso dello stesso tavolo a persone di diverso rango (un borghese con un nobile ad esempio), ma non l’uso della stessa tovaglia.

E il massimo disonore, che corrispondeva all’accusa, gravissima, di fellonia, consisteva nell’isolamento dell’ospite, che si lasciava sedere alla stessa tavola, tagliando però subito la tovaglia ai due lati per separarlo dagli altri.”

CURIOSITA’

Il bon ton insegna che la tovaglia per gli ospiti deve essere rigorosamente stirata. Un tempo invece, avere una tovaglia con tutte le pieghe impresse era indice di grande considerazione dell’ospite, perchè significava che la tovaglia non era stata ancora usata, e quindi lasciata per un’occasione davvero importante.

Tratto da “Il Merletto in Tavola – Tradizioni antiche e nuovi linguaggi nell’arte del ricevere” Camera di Commercio di Perugia