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Scorzone Estivo o Tartufo d’Estate

Il tartufo scorzone estivo o tartufo d’estate (Tuber piramidate,aestivum Vittadini) ha peridio o scorza grossolanamente verrucosa di colore nero, con verruche grandi e gleba o polpa dal giallastro al bronzeo, con e gleba o polpa dal giallastro al bronzeo, con venature chiare e numerose, arborescenti, che scompaiono nella cottura. Se si seziona mostra spore ellittiche, irregolarmente alveolate, scure. È di grandezza variabile fino a una piccola arancia, può arrivare però anche ai 500 grammi di peso, l’odore è leggermente aromatico, il sapore gradevole anche se meno intenso che nel tartufo nero pregiato. Buon commestibile. Il periodo di raccolta va dall’ultima domenica di maggio al 31 agosto.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli”

scorzone-invernale

Scorzone Invernale o Tartufo Uncinato o Tartufo Nero

Il tartufo scorzone invernale o tartufo uncinato o tartufo nero (Tuber Uncinatum Chatin) ha verruche poco sviluppate e gleba o polpa dal colore nocciola scuro al cioccolato, con numerose venature ramificate chiare. Ha spore ellittiche, con reticolo ben pronunciato, ampiamente alveolate riunite in asco in numero fino a cinque, che presentano papille lunghe e ricurve a uncino. Emana un profumo gradevole e aromatico, più intenso rispetto allo scorzone estivo per la minor disidratazione dovuta al periodo di crescita. Il suo diametro può arrivare a 10 centimetri, non è raro trovare scorzoni invernali del peso di 400 grammi. Vive in simbiosi con querce, carpini, faggi, noccioli, pini, pioppi e fruttifica quasi in superficie. Viene considerato un buon commestibile. La raccolta va dal 1° ottobre al 31 gennaio.

Dalla pubblicazione della Camera di Comemrcio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli

bianchetto

Bianchetto o Marzuolo

Il tartufo bianchetto o marzuolo (Tuber Borchii Vittadini) ha peridio o scorza liscia di colore biancastro tendente al fulvo e gleba o polpa chiara tendente al fulvo fino al violaceo-bruno con venature numerose e ramose. Se si seziona mostra spore leggermente ellittiche regolarmente alveolate o reticolate a piccole maglie. Emana un profumo tendente un po’ all’odore dell’aglio, mediamente va dai pochi millimetri ai cinque, sei centimetri, il peso in genere non supera i 150 grammi. Il periodo di raccolta va dal 15 gennaio al 15 aprile. Si trova in pianura, collina e montagna fino a 1600 metri di altitudine, a poca profondità, in simbiosi sia con aghifoglie che con latifoglie.

Tratto dalla Camera di Commercio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli

nero-brumale

Tartufo Nero d’Inverno o Trifola Nera, varietà brumale

Il tartufo nero d’inverno o trifola nera, varietà brumale (Tuber brumale Vittadini, varietà brumale) ha peridio o scorza rosso scuro che diviene nera a maturazione, con verruche piramidate e gleba o polpa grigio-nerastra debolmente violacea, con venature bianche ben marcate che scompaiono con la cottura assumendo tutta la polpa un colore cioccolata più o meno scuro. Se si seziona, ha spore ovali brune, traslucide a maturità, aculeate non alveolate, più piccole di quelle del nero pregiato e meno scure. L’odore forte, persistente e gradevole, ricorda l ’odore delle nocciole ancora verdi. Convive con querce, carpini, noccioli e altre latifoglie ed è un buon commestibile. La raccolta va dal 1° gennaio al 15 marzo.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli

moscato

Tartufo Moscato, Trifola Nera o Tartufo d’Inverno

Il tartufo moscato, o trifola nera o tartufo d’inverno (Tuber brumale Vittadini forma moschatum) ha peridio o scorza nera con piccole verruche molto basse e gleba o polpa scura con larghe vene bianche; è di grossezza mai superiore a un uovo. Se sezionato mostra spore aculeate non alveolate. Emana un forte profumo e ha sapore piccante. Vive in simbiosi con roverella, noccioli e altre latifoglie, le dimensioni variano da uno a cinque centimetri, il peso da pochissimi a 60 grammi. La raccolta va dal 1° dicembre al 15 marzo.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli

lavaggio

I Tartufi: la pulizia

La pulizia deve, di norma, essere effettuata solo prima di preparare il tartufo per il piatto di cucina prescelto e, in alcuni casi, prima di prepararlo per la conservazione. Il lieve strato di terra che lo avvolge, infatti, contribuisce a mantenerlo fresco. L’acqua è un elemento indispensabile per la pulizia, la regola secondo cui non si dovrebbe utilizzare è una delle tante leggende nate intorno al tartufo. La tecnica cambia, però, a seconda del tipo di tartufo. La scorza del tartufo bianco pregiato è particolarmente delicata, può essere facilmente scalfita e non è molto impermeabile. I tartufi bianchi pregiati devono essere lavati rapidamente, con acqua a temperatura ambiente, spazzolati delicatamente con uno spazzolino morbido e tamponati con carta da cucina perché non rimangano umidi. La loro superficie liscia, del resto, facilita le operazioni di pulizia. Per tutti gli altri tartufi, a cominciare dal nero pregiato, è necessario metterli a bagno per qualche minuto in acqua tiepida e poi togliere la terra rimasta attaccata, ma resa più morbida dall’ammollo, con uno spazzolino e con uno stecchino, per quanto riguarda gli interstizi tra una verruca e l’altra. La scorza non va mai tolta: è squisita e va consumata al pari della polpa del tartufo.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli

tartufo-bianco

Il Tartufo Bianco pregiato

Lungo i fiumi e in collina: è questo l’habitat che favorisce la nascita e la crescita del tartufo bianco pregiato, conosciuto anche come tartufo bianco pregiato dell’Altotevere umbro e dell’Altochiascio, (Tuber magnatum Pico) dalle inconfondibili caratteristiche, nell’aspetto e nell’aroma.

Il tartufo bianco pregiato ha peridio o scorza non verrucosa ma liscia, di colore giallo chiaro e gleba o polpa dal marrone al nocciola più o meno tenue, talvolta sfumata di rosso vivo, cono verdicchio, venature chiare fini e numerose che scompaiono con la cottura.

All’interno, se sezionato, mostra spore ellittiche o arrotondate, largamente reticolate o alveolate. Emana un profumo forte e gradevole, persistente. Il sapore è gradevole, vagamente agliaceo.

È il tartufo che può raggiungere dimensioni maggiori, fino a 10, 15 e perfino 20 centimetri di diametro e un peso che può variare dai 250 ai 500 grammi ma può essere superiore al chilo: ne sono stati trovati di peso perfino superiore ai due chili, ma questo naturalmente è un record. La produzione tardiva, invece, può dare tartufi più piccoli di una nocciola.

Si usa crudo, in piccole quantità (molti lo considerano più che un ingrediente un aroma), ed è particolarmente digeribile. La sua corteccia è ricca di umidità e quindi la sua conservazione si limita a pochi giorni.

Il periodo di raccolta del tartufo bianco pregiato va dall’ultima domenica di settembre al 31 dicembre. In provincia di Perugia si trova principalmente nell’Alta Valle del Tevere, nell’Eugubino Gualdese, nel territorio del parco del Subasio, in particolare intorno a Valtopina, e in qualche altra area limitata. I luoghi dove è possibile trovarlo sono gli argini dei fiumi e dei corsi d’acqua, boschi di pianura e media collina, vicino a querce, salici, pioppi, tigli, carpini e noccioli, con cui vive in simbiosi, generalmente fino a 400 – 500 metri d’altitudine, anche se può spingersi in collina fino a 800 metri.

Vive in terreni ricchi di argilla, in pianura nelle gole scavate tra le montagne. Una fitta vegetazione erbacea, che assicura il mantenimento di un’umidità ambientale anche in periodi estivi carenti di piogge, ne segnala la presenza. In genere i tartufi bianchi si formano a poca profondità, più raramente a 60-90 centimetri.

Il tartufo bianco pregiato della provincia di Perugia fino alla fine degli anni ’40 del secolo scorso era destinato principalmente all’alta cucina locale, solo nel dopoguerra ne è iniziata l’esportazione, fresco e conservato, a livello internazionale.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli

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Il Tartufo Nero pregiato

Il tartufo nero pregiato, noto anche come tartufo nero pregiato di Norcia e Spoleto (Tuber melanosporum Vitt.) viene considerato “il diamante nero della cucina”, ha il peridio o scorza nera rugosa con verruche minute, poligonali e gleba o polpa nero-violacea a maturazione, con venature bianche fini che divengono un po’ rosseggianti all’aria e nere con la cottura.

All’interno, se sezionato, mostra spore ovali bruno scure opache a maturità, aculeate non alveolate. Emana un delicato profumo molto gradevole.

Matura da metà novembre a metà marzo. Le dimensioni variano generalmente da quelle di una nocciola a quelle di una mela, il peso infatti varia da qualche grammo a 200 – 300 grammi, ma può raggiungere anche i 600 -700 grammi, raramente un peso superiore.

Appena colto è ricoperto da un leggero strato di terra argillosa: questa terra umida ne evita l’avvizzimento, in genere viene venduto così. L’aroma è gradevole, delicato e intenso, non si altera con la cottura. Il tartufo nero pregiato, infatti, viene cotto, anche se sono consigliati tempi brevi, se non addirittura brevissimi, perché dia il meglio di sé. Il periodo di raccolta del tartufo nero pregiato va dal 1° dicembre al 15 marzo.

In  provincia di Perugia è diffuso in Valnerina, nello Spoletino, ma anche in Valtopina, nel Gualdese, nell’Alto Chiascio in genere e in altre aree ristrette in misura molto minore. Si raccoglie nei boschi d’alta collina e di montagna (può arrivare fino a mille e perfino 1200 metri d’altitudine), e si trova interrato fino a 10-30 centimetri, ma anche fino a mezzo metro, vicino a querce, carpini, noccioli, lecci, ma talvolta anche faggi e castagni, cisti, in prossimità dei quali forma un’area più o meno estesa e circolare chiamata “pianella”. Trova il suo habitat ideale in terreni calcarei ricchi di pietrisco forniti di una buona dose di argilla, è di colore rossastro per la presenza di ferro. Preferisce boschi aperti e piante isolate, e soffre per l’ombreggiamento di cespugli e piante erbacee.

Anche nel caso del tartufo nero pregiato le sfumature d’aroma e di sapore sono influenzate, a volte in modo significativo, dalle piante con cui vive in simbiosi e dalle particolarità del terreno. Tartufi neri pregiati eccellenti nascono e crescono in simbiosi con il Cisto (Cistus inconus) in terreni molto pietrosi e isolati.

A portarlo sui mercati esterni, a Roma soprattutto, sono stati i norcini e pizzicagnoli che per secoli si sono distinti per la loro professionalità e abilità in Italia centrale, ma anche nel resto del Paese e in Europa. Insieme alla loro arte e ai prodotti della norcineria esportavano, quando di stagione, i tartufi neri pregiati.

Tra l’Ottocento e il Novecento il tartufo nero pregiato di Norcia era già ampiamente conosciuto e apprezzato e in Valnerina già era nota una delle prime industrie di confezionamento e conservazione del tartufo.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli

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Il tartufo in cucina

Le regole da cui non allontanarsi mai – o quasi, il tartufo permette talvolta qualche licenza – sono due: il tartufo bianco dovrebbe essere aggiunto crudo ai piatti, sia freddi che caldi (e a seconda dell’uno o dell’altro caso il suo aroma si sprigionerà in modo diverso, ma non per questo meno gustoso), il tartufo nero dovrebbe essere sottoposto a cottura, seppure breve o brevissima.

Superati i piatti ottocenteschi che vedevano fagiani e altri volatili ben farciti di tartufo e sottoposti a lunghe cotture, espressione di capacità economica più che di buona cucina, non stonano, però, le galantine aromatizzate al tartufo. L’accostamento con il formaggio è oggetto di controversie anch’esso. Ma se gli spaghetti al tartufo non lo richiedono, di certo schegge di parmigiano e lamelle di tartufo vanno d’accordo. In genere il tartufo bene si accosta a ingredienti dal sapore delicato: pesce d’acqua dolce e carni bianche lessati o arrosto. Ottimo è l’accostamento con il piccione. Va d’accordo anche con funghi, sedano, vitello, ricotta, mascarpone, sogliole, trote, gamberi, salsicce. Tra i “liquidi” da aggiungere limone, brandy, vino secco, spumante. Ma è da patate, crema di latte, uova, latte e grassi in genere che ne viene esaltato il sapore.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli

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I segreti per una buona conservazione

Cosa fare se ci capita di trovarci con una piccola scorta di tartufi, cioè un tesoro, in senso del gusto ma anche economico? Il caso più semplice è che i tartufi siano destinati al consumo nel giro di pochi giorni. Tenere i tartufi in frigorifero, se sono al giusto livello di maturazione e con carne ben soda, è il sistema migliore e più pratico.

I tartufi, non lavati (togliere la terra significa accelerare i processi di formazione dei microrganismi), dovranno essere avvolti uno per uno in carta porosa (carta paglia, carta da pane, carta da cucina) e chiusi in un barattolo, che sarà posto nella parte meno fredda del frigorifero (l’ideale sarebbe a uno o due gradi sopra lo zero). La carta dovrà essere cambiata una volta al giorno, perché si inumidisce con l’umidità rilasciata dal tartufo. Con questo sistema i tartufi bianchi pregiati si conservano 5-6 giorni, i neri pregiati, il moscato e gli scorzoni una decina di giorni. Le moderne tecniche offrono un’opportunità sconosciuta solo qualche anno fa: la surgelazione (a – 18 gradi), a livello casalingo sconsigliata per i soli tartufi bianchi pregiati, che permette la conservazione dei tartufi senza problemi per un anno. I tartufi si devono pulire e asciugare con cura. I neri si possono tritare e mettere in sacchettini da freezer a dosi di 20-30 grammi, o surgelare interi (se sono piccoli) o a pezzi (se sono grandi), in singoli sacchetti per alimenti ben chiusi. Al momento dell’uso non si devono scongelare ma grattare direttamente nell’olio o nel burro caldi. Ancora validi i sistemi più vecchi. Il primo prevede di grattare il tartufo in abbondante olio caldo e di versare il tutto in vasetti a chiusura ermetica, da mettere,nero, pregiato e non, una volta che il contenuto è raffreddato, in frigorifero. Avrete una salsa pronta da consumare entro una decina di giorni al massimo. Il bianco si può tagliare a scagliette e amalgamare con burro quasi fuso: se ne ricavano dei rotolini che si conservano in frigo per qualche giorno. Anche in questo caso si ha a disposizione un condimento praticamente pronto. In un barattolo a chiusura ermetica immersi nel riso: anche questa è un’usanza vecchia, anzi tra le più antiche, riservata un tempo soprattutto al bianco pregiato. I tartufi si lavano e asciugano e così si conservano una decina di giorni almeno. Secondo alcuni in questo modo si fa perdere troppa umidità, e perciò troppo aroma, al tartufo. Di certo si ha del riso ben aromatizzato, da utilizzare in cucina. Un’altra vecchia usanza riguarda i tartufi neri, che si possono conservare per qualche giorno a strati in cassette di legno alternati a sabbia e argilla. Un metodo sicuro per la conservazione a lungo termine dei tartufi è la sterilizzazione: ma è anche complesso, e ad essa si dedica con successo l’industria.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Black / White – Di quale tartufo sei? Ricette e Consigli