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Spunti dai borghi dell’Umbria: Magione

Sono numerose le testimonianze artistiche che raccontano la storia di Magione, conosciuto in epoca romana con il nome di Pian di Carpine. 

Sin da lontano appare la grande torre quadrangolare, eretta a difesa del borgo tra il XII e il XIII secolo.

Nella piazza principale, recentemente restaurata, sorge il Palazzo Comunale che custodisce gli affreschi del Dottori. Al XII secolo risale, invece, l’Ospedale fortificato di S. Giovanni (oggi detto la Badia), voluto dai Cavalieri Gerosolimitani (Cavalieri di Gerusalemme, oggi Cavalieri di Malta).

Nel museo di S.Feliciano sono conservate le antiche tecniche di pesca, da sempre attività principale per l’economia di questa zona.

 

Proseguendo lungo le rive del lago, si schiudono i tesori degli antichi borghi in cui rimane intatto lo spirito dello spazio medievale, denso, liquido e pervasivo: Monte del Lago, il Castello di Zocco, S. Savino e S. Feliciano da cui ci s’imbarca per l’isola Polvese.

 

Dalla Ritratti di Storia “Viaggio nei Centri Storici del Lago Trasimeno” – Camera di Commercio di Perugia

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Spunti dai borghi: Panicale

Panicale è posto come spartiacque tra il bacino lacustre del Trasimeno e le valli del Nestore e della Chiana.

L’antichissimo borgo della provincia di Perugia mantiene intatta la forma ellittica del castello con al centro la piazza della Corte (ora Umberto I) su cui sorgono la chiesa di S. Michele Arcangelo e la vasca poligonale del ‘400, trasformata poi in fontana.

 

Nel punto più alto del borgo si staglia il Palazzo del Podestà intorno al quale si dipanano a cerchi concentrici le abitazioni e le strade che arrivano fino alle mura.

 

In una di queste stradine è custodito il settecentesco teatro comunale Caporali. Le opere d’arte più preziose si trovano, invece, fuori delle mura: la Chiesa della Madonna della Sbarra e la Chiesa di S. Sebastiano.

Merita una visita il museo del tulle, ricco di testimonianze dell’arte del ricamo nota come Ars Panicalensis.

trasimeno area

Le torte pasquali nell’area del Trasimeno: ricette raccontate e memorie di cucina

Il lettore non si stupisca se non troverà testi uniformi di ricette, così come avviene generalmente in riviste o libri dedicati specializzati. ma abbiamo voluto conservare traccia della memoria della torta di Pasqua in Umbria e, quindi, si è intenzionalmente scelto di trascrivere le ricette esattamente così come sono state raccontate dai testimoni della tradizione oppure tali e quali a come sono state ritrovate nei ricettari, conservati tra le memorie delle famiglie che li hanno messi a disposizione.

In questi appunti, a volte disordinati, pertanto, ci sono parole e forme dialettali, sintassi non ortodosse, così come unità di misura varie e proporzioni non uniformi alle nostre consuetudini.

Chi volesse cimentarsi nel riprodurre queste torte, per semplificare il procedimento, può fare riferimento alle nostre fotoricette, che propongono le ricette base salata e dolce, a cui poi aggiungere vari aromi a gusto personale. In ogni caso, alcune torte sono state provate dall’autrice con il coinvolgimento dell’Associazione Crisalide e, quindi, sono riproposte in una versione più moderna ed al passo con i tempi.

TRASIMENO

Tuoro sul Trasimeno

Torta al formaggio vecchia versione
Ingredienti per 3-4 filoni del peso di 6-7 etti l’uno.
Il formaggio era il pecorino stagionato secco “toscanello”, se non c’era quello che capitava, il giorno prima si preparava la pasta lievitata con 500 g di farina, acqua, sale, lievito di birra. Si fa riposare su un panno per un giorno, il giorno dopo s’aggiungono 10 uova,
500 g di formaggio (300 g grattugiato, 200 g a pezzi), 1 chilo e mezzo di farina, 200 g di strutto, 2 bicchieri d’acqua tiepida.
L’impasto deve essere denso, infatti se ne formano dei filoni di pane che si pongono in forno, un tempo a legna, adagiati su foglie di cavolo, e devono cuocere bene per 45 minuti, un’ora. Era un uso delle campagne attorno, dove i contadini non avevano tegami adatti. Più tardi anche i fornai li preparano così, Alessio Straccali, che ha dato la ricetta e gestisce il forno aperto dai nonni negli anni ’50 ancora ogni anno prepara una quindicina di questi pani, per clienti attaccati alla tradizione, per lo più anziani. Ma ve ne era anche una versione molto più povera, un filone di pane non troppo grande condito con un uovo e pecorino grattugiato, cui qualche anziano è ancora affezionato, che su ordinazione Alessio prepara.
La ricetta è sorprendentemente uguale a quella riportata nel De Agricoltura dell’autore latino Catone. 

Una versione della ricetta, rispettosa della tradizione, ma pratica, potrebbe essere questa:

Ingredienti per due filoni del peso di 6-7 etti l’uno: 250 g di farina; 170 g di acqua; 50 g di lievito di birra; 5 uova; 250 g di formaggio (170 g grattugiato, 80 g a pezzetti); 750 g di farina, uno o due cucchiai in più da aggiungere se l’impasto è troppo liquido; 100 g di
strutto; 1 bicchiere d’acqua tiepida; un pizzico di sale.
Il giorno prima preparate la pasta lievitata con 250 g di farina, 170 g d’acqua, 50 g di lievito di birra. Il giorno dopo aggiungete a questo impasto le uova, il formaggio, la farina, lo strutto, l’acqua tiepida e il sale. Lavorate tutti questi ingredienti insieme, fino a formare un impasto della consistenza della pasta da pane. Formate due filoni e, quando le loro dimensioni saranno raddoppiate, poneteli in forno statico preriscaldato a 220 °C e fateli cuocere per 45 – 60 minuti.

Ricette di Emilia Minciaroni
Torta di Pasqua al formaggio
Ingredienti: 10 uova intere, 1 kg di farina, 100 g di pasta lievitata, 20 g di lievito di birra, 300 g di parmigiano grattugiato, 200 g di pecorino romano grattugiato, 100 g di pecorino romano a dadini, 200 g d’olio d’oliva, 50 g di strutto, sale, pepe.
Sistemare la farina a fontana in un recipiente, sciogliere la pasta di pane già lievitata in una tazza d’acqua tiepida e versare il liquido entro la cavità della farina, impastarne una piccola quantità (la farina che richiede il liquido), lavorare per qualche minuto
l’impasto che dovrà risultare molto morbido, ricoprire l’impasto con un velo di farina, quindi porre il recipiente in un luogo caldo e privo d’aria.
Mettere in un altro recipiente le uova, il parmigiano e il pecorino grattugiati, l’olio, il sale e il pepe.
Sbattere il tutto per qualche minuto e lasciare a riposo fino a quando il lievito nella farina ha raddoppiato il volume (qualche ora). Amalgamare la pasta lievitata con la farina e con il composto d’uova. Unire contemporaneamente il lievito di birra ben sbriciolato e il pecorino a dadini.
Lavorare bene l’impasto sulla spianatoia per circa 15 minuti e ungere uno o più tegami a bordo alto. Mettere la pasta nel tegame, non oltre la metà dell’altezza. Collocare il tegame in luogo caldo e umido e coprirlo con teli per ripararlo dall’aria.
Lasciar lievitare per circa 3-4 ore. Quando la pasta ha raggiunto il bordo del tegame, introdurre la torta nel forno già caldo. Una volta la qualità e la quantità di formaggi usata comprendeva solo il “pizzichino” (una manciata di formaggio grattugiato, NdA). Il panetto si prepara impastando con acqua tiepida 200 g di farina e 20 g di lievito di birra. Si spolvera con la farina, si lascia riposare qualche ora.

Torta dolce di Pasqua
Ingredienti: Pasta da pane lievitata 200 g, lievito di birra 20 g, uova intere 8, olio 200 g, zucchero 300 g, succo di un limone, vanillina 1 bustina, zucchero vanigliato 30 g, canditi 80 g, farina q.b.
Fare una fontana con un po’ di farina, mettere 10 g di lievito di birra e la pasta lievitata.
Ammorbidire con latte ed acqua tiepida. Lavorare bene l’impasto e porlo a lievitare
in luogo caldo, fino a quando non avrà raddoppiato il volume.
In una terrina capiente unire all’impasto le uova, l’olio, altri 10 grammi di lievito di birra sciolto nel latte e la farina, quanto basta per ottenere un impasto morbido e consistente. Mettere la terrina in luogo caldo, per la seconda lievitazione.
Quando il volume dell’impasto sarà raddoppiato unite tutti gli altri ingredienti e lavorate energicamente. Versate nelle teglie unte e lasciate lievitare per la terza volta.
Cuocete in forno come un dolce.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria

parco del trasimeno

Parco del Lago Trasimeno…il parco delle meraviglie

Fragile e bellissimo, come un ricamo, è anche il Parco del lago Trasimeno, una delle zone umide più caratteristiche d’Europa per la presenza di specie botaniche, faunistiche ed ittiche di rilevante significato.

La porta di questa meraviglia della natura è l’Oasi la Valle, a San Savino di Magione, accanto all’imbocco dell’emissario che porta
fino al Tevere le acque in eccesso del lago.
Un luogo privilegiato per studiare centinaia di specie migratorie: il rifugio di almeno 60mila uccelli di duecento specie diverse che qui si fermano a nidificare o svernare.
Due terzi sono folaghe: quelle nere si riconoscono da una macchia caratteristica sulla fronte. Sembrano quasi passeggiare sulla superficie del lago, appena sopra le vaste praterie di piante acquatiche che crescono sui bassi fondali. Gli svassi nuotano veloci, poi si immergono per pescare.

Insieme a loro, alzavole, moriglioni e germani reali. Quando tira la tramontana, si concentrano nell’angolo sud est tra l’isola Polvese
e il promontorio di San Feliciano. Migliaia di esemplari di uccelli, si aggiungono ogni anno ai volatili che hanno scelto il loro stabile nido sulle rive del Trasimeno: morette, cavalieri d’Italia, aironi bianchi e cenerini e aironi rossi che nidificano tra i canneti. I cormorani si asciugano le ali al vento, sui margini dei canneti. Rapaci, come l’albanella minore e il biancone, cacciano d’estate. In autunno arrivano migliaia di storni e di rondini che si preparano alla migrazione annuale. Tra loro, anche qualche cicogna bianca insieme ai falchi pescatori. Molti passeriformi vengono marcati ogni anno con un anellino in una apposita stazione di inanellamento. Così si scopre che una cannaiola bigia che pesa meno di dodici grammi, sverna in Africa, a migliaia di chilometri dal cuore d’Italia. E che uno storno è arrivato fino in Russia, a duemila chilometri dal Trasimeno. Tanta meraviglia si può osservare con tutta la calma necessaria,
grazie ad una struttura attrezzata per il birdwatching e le visite guidate, accessibili anche ai bambini in passeggino e alle persone diversamente abili.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria del Trasimeno

acque e cielo

Acque e cielo, lo stesso destino…il Trasimeno che incantò gli scrittori

Acque e cielo appaiono uniti dallo stesso destino: uno specchio fragile nel quale sembra riflettersi tutta la grande bellezza dell’Umbria.

“Sembra un uovo di pavoncella; ulivi grigi preziosi, delicati, freddo mare, verde conchiglia”. Così, nell’inverno del 1935, descrisse il Trasimeno nel suo diario la grande scrittrice inglese Virginia Woolf. Colori resi sempre nuovi dalla luce che dal cielo si riflette sulle acque: argentee al mattino, verdi, blu o rosa a seconda del sole e delle ore del giorno. Fino a rosseggiare d’estate, in tramonti che sembrano infiniti. 

Lo spettacolo ammalia ancora oggi il viaggiatore. Una emozione che si ripete ogni giorno. E che spesso si ha voglia di condividere, come scriveva in modo appassionato Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”: “Il lago di Perugia offre uno spettacolo di grande bellezza. Mi struggo dal desiderio di avere al mio fianco qualcuno dei miei”. 

Lo scrittore di fiabe Hans Christian Andersen (1805-1875), che forse proprio sulle rive del lago, a Passignano, trovò ispirazione per la storia de “Il brutto anatroccolo”, raccontò lo stupore di un Trasimeno “illuminato dalla sera, come oro fiammeggiante fra le montagne azzurre”. E aggiunse: “Dall’alto e al di là delle distese di uliveti, ammiravamo lo stesso incantevole paesaggio che si rifletteva negli occhi di Raffaello come aveva fatto in quelli di Augusto…”.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria del Trasimeno

volo uccelli

L’uomo che volava sulle acque…curiosità dal lago Trasimeno

Meno nota è un’altra storia che ebbe il lago come teatro: quella del perugino Giovan Battista Danti, nato nel 1478, che sperimentò
il volo umano librato prima di Leonardo da Vinci.
Costruì grandi ali ferme con pelli, penne e ferri. Voleva sfruttare il favore del vento e le correnti ascensionali, come fanno oggi gli alianti o i deltaplani. La prima volta, assistito da un suo servitore, si lanciò da una altura dell’Isola Maggiore.
Usava l’acqua del Trasimeno come pista di atterraggio. I suoi concittadini lo soprannominarono Dedalo, come il personaggio mitologico che accompagnava il volo del figlio Icaro. Ma Giovan Battista poi volò davvero, nel febbraio del 1498, davanti a una
folla enorme, accorsa a Perugia per festeggiare il matrimonio di Pantasilea Baglioni con il celebre capitano di ventura Bartolomeo d’Alviano: imbracato nelle grandi ali di sua invenzione, volteggiò, per qualche minuto sui tetti della città dalla piazza centrale
della città fino alla Sapienza Nuova. Lo tradì la rottura della giuntura di un’ala: rovinò al suolo ma gli andò comunque bene. Si spezzò solo una gamba. Ma da allora rinunciò per sempre al suo sogno sovrumano.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria del Trasimeno

annibale

L’ulivo millenario del Trasimeno e la battaglia di Annibale

Il Trasimeno è un luogo dove ogni memoria sembra riemergere.
A Villastrada, nei pressi di Castiglione del Lago, un gigantesco albero di ulivo di 2500 anni di età, è il muto testimone di grandi e piccole storie.
L’ulivo millenario fu piantato intorno al V secolo avanti Cristo. Il tronco, tortuoso e imponente, misura più di 12 metri di circonferenza. E domina con la sua presenza gli altri alberi centenari, disposti tutt’attorno, quasi a  volergli rendere omaggio.

La pianta secolare aveva già salde radici all’alba del 21 giugno del 217 a.C. quando a pochi chilometri di distanza, sulle colline di Sanguineto di Tuoro, Annibale, condottiero cartaginese, annientò l’esercito di Roma nella memorabile battaglia del Trasimeno.
Nacque allora, tra quei fumi e nel crepitio dei fuochi, il mito di Annibale, il geniale ed enigmatico condottiero che una quindicina di anni dopo fu comunque costretto ad arrendersi alla potenza di Roma.
Oggi i turisti possono rivivere il “Percorso storicoarcheologico della Battaglia del Trasimeno” in tredici aree di sosta che ricostruiscono quello scontro epocale e le intere vicende della seconda guerra punica nell’affascinante scenario di un vero e proprio museo all’aperto. Nel Centro di Documentazione di Tuoro, vengono presentate, grazie agli ultimi studi geografici-storici e geofisici sul lago Trasimeno e ad un accurato studio delle fonti, dati scientifici che consentono di chiarire quale fu lo svolgimento e il teatro della battaglia. Vengono utilizzati allo scopo plastici, ricostruzioni video, filmati. E ogni anno, nel mese di agosto, cortei storici e rappresentazioni teatrali ricordano l’evento.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria del Trasimeno

 

carrellata ricette

Il pesce del lago Trasimeno in tavola

Il pesce del lago Trasimeno, frutto di una attività di pesca esercitata nel rispetto della natura, è un prodotto di alta qualità in grado di offrire, grazie ai saperi culinari tramandati, piatti particolari e di elevato livello qualitativo.

Tra le pagine di questo sito una selezione di ricette che meglio interpretano le caratteristiche proprie di questo prodotto: antipasti, primi e secondi con a base il pesce del Trasimeno…idee per sbizzarrirsi anche tra i fornelli casalinghi.

 

cartina lago

L’utilizzo in cucina del pesce del lago Trasimeno nel primo Cinquecento

Matteo dall’Isola nella sua opera Trasimenide del 1537 fornisce alcune preziose informazioni su come cucinare e conservare le specie ittiche del Trasimeno.
I pesci venivano cotti nell’acqua in una pentola di terracotta con foglie di basilico e prezzemolo che davano sapore e grazia all’intingolo e al pesce cotto.

Alle carni lessate si aggiungeva pane bagnato nel brodo e un composto di aceto, noci, mandorle, foglie di alloro, pepe e garofano.
Si procedeva talvolta ad arrostire i pesci sulle braci ardenti.

Solo i più grandi venivano subito squamati e tagliati in pezzi.

In genere, dopo un breve contatto con le braci, le donne provvedevano a spogliarli delle squame e a restituirli al fuoco dopo averli cosparsi di sale. Questa pratica è rimasta in uso almeno fino al secolo scorso. Le mogli dei pescatori la praticavano infilando vivo un luccio di medie dimensioni con uno spiedo che attraversava il pesce dalla testa alla coda. Dopo il primo contatto con le braci, le
donne staccavano facilmente con le mani la pelle del pesce.

Bastava poi incidere la pancia del luccio per veder uscire tutte le interiora. Gli stessi pescatori, quando si recavano a pescare di notte con le reti (a bottà), lo preparavano così, dando fuoco ad un mucchietto di canne lacustri, e se ne cibavano staccandone dei pezzetti cotti con le mani.

Era consueto nel primo Cinquecento, come anche oggi, friggere i pesci nell’olio in una padella apposita dopo averli infarinati. Il pescato veniva in parte anche salato e affumicato. Soprattutto le scardole subivano questo trattamento dopo essere state squamate.
(E. Gambini)

Tratto  dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria del Trasimeno