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IL FORMAGGIO CON LE PERE DI CASTORE DURANTE

“Fu un umbro che diede una patente di dignità al formaggio: Castore Durante di Gualdo Tadino.

Era un medico ed un poeta ma anche un raffinato botanico. Scrisse l’Herbario Novo ed Il Tesoro della Sanità, un’opera che conteneva molti preziosi suggerimenti dietetici.

Castore era così famoso ed apprezzato da curare la salute di Papa Sisto V. Ricordando i formaggi della sua infanzia, nell’Umbria odorosa di pascoli, esaltò le virtù gastronomiche e terapeutiche dell’alimento.

Nel suo trattato medico-gastronomico vergò parole che allora apparvero definitive: “Il nocumento del cacio si può ridurre mangiandosi seco in compagnie di pere.”

Da questa autorevole indicazione alimentare nacque il celebre proverbio che tutti conoscono: Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere.

Infatti, all’epoca, il cacio era soltanto il cibo dei poveri: pastori e contadini lo consumavano nelle faticose transumanze e nella grama vita di tutti i giorni. Una vivanda trasportabile, che si poteva conservare per mesi. E che,soprattutto, dava l’energia per affrontare i duri lavori dei campi.

Le pere, invece, erano un lusso, una ricercatezza. Deperibile e lussuriosa: un vero status symbol nelle mense imbandite dei ricchi. Un frutto delicato, da trattare con cura. Tanto che qualche giovin signore con slancio gastronomico e poetico insieme, le paragonava al corpo di una gentildonna.

Fu quindi grazie a Durante, colto medico gualdese, che la barriera classista del gusto, dopo tre secoli di pregiudizi, iniziò a sgretolarsi. Quel prezioso alimento riprese il ruolo che aveva avuto per migliaia di anni: una delizia per ogni palato e un sicuro passaporto per la salute.

Ma Castore non dimenticava la sua Umbria e nelle prescrizioni mediche, rivolte soprattutto a chi sapeva leggere e quindi solo a qualche nobile e ai sacerdoti,ammoniva i contemporanei e tra le righe del suo Il Tesoro della Sanità, scriveva: Il pecorino è il megliore degli altri. E’ la prima citazione del famoso formaggio, nell’anno di grazia 1586.”

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei Formaggi

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GIOCHI DE LE PORTE DI GUALDO TADINO

I richiami sono quelli del “Pallium decurrendum” una manifestazione di origini antiche, sembra risalenti al XIII secolo, che aveva luogo in occasione della festa di San Michele Arcangelo il 29 settembre. Lungo tutte le principali vie del centro si snoda un corteo storico con 800 personaggi in costume d’epoca del XV secolo: inizia così la contesa del Palio tra le “Quattro Porte” della città che si aprivano lungo l’antica cinta muraria, realizzata nel 1242 da Federico II.San Benedetto, San Donato, San Martino, San Facondino questi i nomi delle Porte riferiti ad altrettanti abbazie, pievi e monasteri del territorio fuori della città murata.La contesa consiste nello sfidarsi nella corsa di carretti trainati da un somaro e nella corsa su somari cavalcati a pelo, nel tiro con l’arco e con la fionda.Per la Porta vincitrice, oltre al prestigioso Palio, conquista il diritto a mettere al rogo la “Bastola”, la strega antica nemica di Gualdo. Rievocazioni, esibizioni, taverne fanno da cornice all’evento, creando luoghi ed occasioni  di incontro e di degustazione.

 

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Gualdo Tadino e la sua ceramica

Sulla scia della vicina Gubbio, nel ‘500, sebbene si registrino testimonianze precedenti, prende vita a Gualdo Tadino una fiorente produzione ceramica, che si sviluppa nel ‘700 con molteplici raffigurazioni di Madonna con Bambino ed ex voto, ma che trova la sua migliore espressione a fine ‘800, grazie a Paolo Rubboli, con cui collaborò anche il noto pittore indigeno Giuseppe Discepoli, ed Alfredo Santarelli. Rubboli si insediò a Gualdo nel 1875 e riprese la tecnica dei lustri oro e rubino ereditata da Mastro Giorgio. L’eco risorgimentale trova testimonianza anche nelle sue produzioni, per esempio con piatti commemorativi degli eroi del tempo, come Giuseppe Garibaldi. Santarelli, a sua volta, inizialmente prosegue l’opera di Rubboli per poi trovare una sua propria strada, in cui reinterpreta motivi e decori degli stili più disparati, dal medioevo al rinascimento, dall’ispanico – moresco al liberty e al decò. La produzione attuale è ancora connotata dalla tecnica del lustro e dalla testimonianza di questi grandi maestri, a riprova della loro capacità creativa e della loro originalità. Presso la Rocca Flea, infine, nel Museo Civico, è possibile ripercorrere l’avvincente storia della ceramica gualdese.