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L’arte del panificare

La storia del pane nasce con quella dell’uomo.

Anche l’homo sapiens era avvezzo preparare un impasto costituito da ghiande tritate e acqua che, steso su una lastra di pietra rovente, diventava una specie di focaccia dura ma buona da mangiare.

Ma se per pane si intende quel prodotto ottenuto dalla cottura nel forno di un impasto di farina e lievito, la sua nascita si colloca quando ebbe inizio la coltivazione dei cereali e soprattutto del grano, in assoluto il più adatto alla panificazione.

Una serie di curiosità in un breve viaggio nella storia della panificazione tratta dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno”.

 

Il pane all’epoca dell’antico Egitto

Il pane tra Grecia e Roma antica

Il pane nel Medioevo

La panificazione in età moderna

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Il pane nel Medioevo

Con la caduta dell’impero e le invasioni barbariche molti forni vennero rasi al suolo e la panificazione fu confinata all’ambito domestico o sopravvisse all’interno dei monasteri. Rifiorì poi nel Medioevo, quando si panifica con tutti i cereali – orzo, frumento, farro, segale, avena, miglio, ecc. – e prende piede l’uso di insaporire con spezie ed erbe aromatiche – dal rosmarino alla maggiorana all’anice – anche per contenere l’uso del sale che era sottoposto a pesanti gabelle.

In questo periodo la professione del fornaio è diversa da quella del panettiere: il primo si accontenta di cuocere il pane, il secondo controlla invece tutta la catena della lavorazione, dalla fabbricazione alla vendita, passando ovviamente attraverso la cottura. Anche il loro livello sociale risulta dunque diverso: i secondi sono assai più ricchi dei primi, risultando in cima alla scala dei contribuenti a fianco dei venditori di stoffa e dei beccai (ovvero i macellai, pesciaioli e i gestori di taverne e osterie).

Le prime testimonianze relative alla creazione di comunità di panettieri risalgono alla seconda metà dell’XI secolo e soprattutto nelle città più grandi, anche se in certe regioni bisognerà attendere il XV secolo per registrare i panettieri organizzati in mestiere. Gli statuti di questa corporazione, documentati soprattutto tra il 1300 e il 1400, definiscono le regole della professione e forniscono preziose informazioni sull’organizzazione dei panettieri e sul loro percorso professionale.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno

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Il pane tra Grecia e Roma antica

Anche nell’antica Grecia il pane rivestì un ruolo molto importante nell’alimentazione: due secoli prima della nostra era i Greci consumavano più di sessanta varietà di pane e a loro si deve l’istituzione dei primi forni pubblici e delle associazioni di panificatori con precise regole di lavoro.

A Roma l’arte del pane venne introdotta da schiavi greci intorno al II secolo a.C.. Fino ad allora i romani avevano mangiato semplici cereali arrostiti e trasformati in farinata (puls) oppure in una sorta di galletta molto dura. I pistores (fornai) si specializzarono nella preparazione di numerose varietà di pane, dal panis plebeius, ovvero il pane della plebe, spesso fabbricato con i residui della macinatura, al panis palatius, preparato con farina di frumento finemente setacciata e destinato alle tavole dei personaggi di rango.

Al tempo dell’imperatore Augusto i forni attivi nella capitale erano più di trecento, quasi tutti gestiti da Greci, e distinti per la varietà del loro prodotto: dal panis osterearius, adatto ad essere consumato con le ostriche, al panis pepsianus destinato a consumatori con problemi di digestione, da quello furfurens, preparato con i semi di papavero, al panis militares riservato alla guardia pretoriana.

Tra i numerosissimi pani, da non dimenticare il gradilis, la cui denominazione deriva da gradino appunto perché destinato ad essere distribuito al popolo assiepato negli anfiteatri per seguire i giochi.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno

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Il pane all’epoca dell’antico Egitto

Tutti i popoli del Mediterraneo conoscevano il grano fin dagli albori della loro storia, ma non tutti cominciarono a panificare nello stesso tempo. Secondo gli storici il primato spetta agli egiziani, presso i quali la coltivazione dei cereali era una delle attività più importanti, favorita dalle annuali inondazioni del fiume Nilo, che, lasciando sul terreno grandi quantità di fertile limo, consentiva di effettuare anche due raccolti all’anno. Una leggenda vuole che l’impasto del pane sia nato proprio in seguito ad uno straripamento del Nilo, le cui acque bagnarono le scorte di farina conservate nei magazzini del faraone. Ad un altro “leggendario” aneddoto si lega la scoperta del lievito: una domestica egizia, per far dispetto alla padrona, gettò nella pasta del pane il residuo della preparazione della birra, che provocò la fermentazione dell’impasto.

Ma al di là delle fantastiche narrazioni, è plausibile che gli egiziani scoprissero presto che il principio della fermentazione dei cereali con cui preparavano la birra, tra gli alimenti base della loro dieta, potesse essere applicato alla panificazione.

Nell’antico Egitto il lavoro del fornaio era considerato una vera e propria professione e il pane cotto nei forni rappresentava – al pari dei cereali – una moneta di scambio. In un documento risalente al Nuovo Regno (1570 -1085 a.C.), il periodo di massimo splendore della civiltà, vengono enumerati addirittura quaranta varietà di pani e di dolci.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno”

 

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Il forno di Assignano a Collazzone

Il forno di Assignano è attualmente in disuso ma ben conservato e si trova in fila con l’antichissimo forno per la cottura dei “cocci”, a raccontare un’altra storia, che sa di borgo, di pani ma anche di artigianato dalle radici millenarie.
Assignano infatti ha alle spalle una notevole tradizione di fornaci e terrecotte, di mattoni e pentolame. La bottega dell’ultimo cocciaio si trova ancora accanto al forno per i cocci, così come l’ha lasciata l’ultimo artigiano di Assignano qualche decennio fa, nel suo ultimo giorno di lavoro.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria

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Il forno di comunità di Piedicolle a Collazzone

A Piedicolle il forno di comunità, tuttora in uso, è inserito nel muraglione che sorregge il borgo. In un luogo appartato e intimo è sovrastato da cespugli di capperi, che a seconda della stagione si coprono di fiori e dei loro frutti, la cui presenza non è insolita in quest’area, anche se meno frequente di un tempo. Le donne del paese conoscono anche i segreti della raccolta e conservazione dei capperi.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria

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Il forno di Monte del Lago a Magione

L’antico forno di Monte del Lago posto al centro del paese, di fianco alla chiesa di Sant’Andrea condivide ancora con l’edificio religioso momenti di vita collettiva, soprattutto nel periodo della Pasqua quando, ancora, le famiglie del piccolo borgo affacciato sul Trasimeno, si accordano per i giorni di cottura delle torte pasquali al formaggio. Difficile mettere una data precisa, al momento,della sua edificazione che potrebbe risalire a un’epoca tra Ottocento e Novecento, vista la collocazione del forno stesso addossato ad una vecchia casa del paese di cui poteva essere parte. Oggetto di una ristrutturazione in tempi recenti a cura della Pro loco di Monte del Lago, il forno è oggi utilizzato nei momenti di festa comune come nel caso della Zzurla, manifestazione gastronomica organizzata in concomitanza con il Festival delle corrispondenze,che vede l’antico forno in piena attività.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria” consultabile qui.

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Il forno di Montecolognola a Magione

Il profumo del pane e delle torte crea ancora un’atmosfera di festa intorno al forno di Montecolognola, piccolo ma ben tenuto, con una splendida e ampia vista sul lago Trasimeno, per i legami con la tradizione e per un lavoro di recupero, culturale e materiale curato da un gruppo di donne del luogo e dalla loro vasta rete d’amiche, umbre e non solo.

Non lasciatevi ingannare dall’aspetto antico del borgo e dalla sua porta d’ingresso che parla di Medioevo e antiche storie: tra i tesori nascosti nella chiesa di Santa Maria Annunziata, troverete la cappella di Santa Lucia, interamente decorata con tempere nel 1949 dal grande pittore futurista Gerardo Dottori. Il martirio della Santa e la Santa in estasi, la composizione di luce sulla parete centrale e la campagna umbra, in particolare le colline e il Trasimeno, sulla cupola narrano, secondo il registro del grande maestro, una storia con poesia senza cedere a falsi sentimentalismi.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di pasqua in Umbria” consultabile qui.

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Il forno medievale di Antria a Magione

Il forno di comunità di Antrìa (Magione) è medievale, al centro del borgo e incastrato negli edifici della Confraternita di San Rocco e Sant’Antonio abate.

Una Confraternita istituita nel Quattrocento e tuttora attiva ,che ha sede in quella che fu l’abitazione del letterato Marco Antonio Bonciari, nato proprio ad Antrìa e vissuto tra Cinquecento e Seicento.

Bonciari lasciò la sua casa natale alla Confraternita per testamento, e nei locali si trovano antichi arredi e memorie, come la credenza che custodisce il “bossolo” per conservare i fagioli bianchi e neri per le “votazioni”. Davanti alla sede della Confraternita e al forno si trova il pozzo, che risale al 1496. Il forno è il cuore di feste paesane, su tutte in agosto quella dell’oca, e della cottura delle torte di Pasqua, rito collettivo in questo borgo, dove in molti casi è rispettata la tradizione di assegnare agli uomini la lavorazione di grandi quantità di impasto.

Dal centro del borgo si godono magnifiche vedute sulla campagna circostante, ancora ordinatamente coltivata, come nei secoli passati, quando olivi, viti, cereali si alternavano nelle colture e la gente di Antrìa conosceva e lavorava le piante tintorie.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria” consultabile qui.

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A Torgiano il mulino Silvestri, tra reminescenze benedettine e una vecchia dinastia di mugnai

Tevere e Chiascio si incontrano a Torgiano, borgo che sovrasta le due vie d’acqua e un incrocio di strade un tempo importanti. La torre Baglioni, risalente al 1274, ancora pare controllare il territorio di cui un tempo era a guardia, e le rive, sede nei secoli passati di ben quattro mulini, azionati dalla forza delle acque.

Di alcuni potrete vedere ancora i ruderi suggestivi, o il riutilizzo dell’edificio. Proprio dove, con una cascatella, il Chiascio si getta nel Tevere, le macine a pietra del mulino Silvestri, la cui storia è legata alla presenza dei Benedettini nel territorio, funzionano ancora, come mille anni fa.

Guardando l’antica costruzione dal lato del fiume vi sembrerà di essere tornati indietro nel tempo. Ma la famiglia Silvestri, mugnai in Umbria almeno da metà Ottocento, all’opera nel mulino che ora ha preso il loro nome dagli anni’70, unisce nella molitura dei cereali (frumento, farro e altri ancora, tutti coltivati biologicamente in aziende del territorio) tecniche e saperi millenari e capacità di guardare al futuro.

Le energie rinnovabili governano la parte che va ad elettricità,e nella piccola bottega annessa è possibile acquistare non solo le farine ma anche pasta secca ed altri derivati preparati da aziende di fiducia con le farine del mulino.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria” consultabile qui.