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L’arte del panificare

La storia del pane nasce con quella dell’uomo.

Anche l’homo sapiens era avvezzo preparare un impasto costituito da ghiande tritate e acqua che, steso su una lastra di pietra rovente, diventava una specie di focaccia dura ma buona da mangiare.

Ma se per pane si intende quel prodotto ottenuto dalla cottura nel forno di un impasto di farina e lievito, la sua nascita si colloca quando ebbe inizio la coltivazione dei cereali e soprattutto del grano, in assoluto il più adatto alla panificazione.

Una serie di curiosità in un breve viaggio nella storia della panificazione tratta dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno”.

 

Il pane all’epoca dell’antico Egitto

Il pane tra Grecia e Roma antica

Il pane nel Medioevo

La panificazione in età moderna

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La panificazione in età moderna

Come la professione del panettiere andò via via consolidandosi, con il trascorrere dei secoli anche l’arte della panificazione si fece sempre più raffinata e diversificata, le ricette sempre più variegate, le forme sempre più inconsuete.

Ad esempio, con l’introduzione in Francia del lievito di birra, portato dai fornai italiani al seguito di Caterina de’ Medici, si creò un vero e proprio dualismo tra il pane piccolo e raffinato lavorato con questo nuovo ingrediente e il pane di campagna confezionato in grandi forme con il lievito madre ad uso del popolo.

In tutta l’età moderna l’approvvigionamento restò tuttavia una delle principali preoccupazioni delle autorità: l’attività dei forni continuò ad essere tenuta sotto rigorosa sorveglianza per evitare frodi sui pesi e sulla composizione dei prodotti. e di quanto il pane fosse vitale lo testimoniano anche le rivolte condotte in suo nome, come il famoso assalto ai forni avvenuto nel 1628 a Milano, di cui ci ha lasciato memoria Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, o la rivolta popolare contro i sovrani di Francia che avrebbe dato il via alla rivoluzione francese.

Anche oggi il pane, anche se alcuni processi di lavorazione si sono meccanizzati e perfezionati, continua ad essere un alimento insostituibile, continua a stare sulle nostre tavole e a raccontarci la sua lunghissima storia.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno

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Il forno di Collazzone e la Comunità dei forni Collettivi

Il comune si distingue nel panorama regionale in quanto sede dal 2008 della Comunità dei forni collettivi Collazzone e dell’Umbria,che fa parte della rete internazionale Terra Madre, di Slow Food.Scopo della Comunità è preservare i forni collettivi, promuoverne il restauro e l’utilizzo da parte della comunità locale e dei visitatori.

Ma anche raccogliere e tramandare la tradizione legata a questo tipo di cottura e trasformazione del cibo,che di fatto avveniva seguendo quello che noi possiamo considerare un perfetto ciclo ecologico.A scaldare il forno vanno infatti residui di potature di viti e alberi da frutto, rametti,rovi,sterpaglie del sottobosco che così viene ripulito, senza che però il risultato della ripulitura, utilizzato per scaldare il forno,vada a finire tra i rifiuti.La cenere può essere utilizzata in vari modi e diventa così una risorsa.

Ma il forno è anche l’esempio di gestione in comunità di un luogo che non ha un proprietario ma è di tutti e il cui utilizzo richiede senso civico e rispetto degli altri.Non a caso si registrano ben cinque realtà di forni collettivi sul territorio,nel capoluogo il forno è inserito in un torrione di guardia dismesso,nel camminamento delle antiche mura.Perfettamente restaurato viene oggi utilizzato da famiglie del luogo in occasioni particolari e per la cottura delle torte di Pasqua e da associazioni e amministrazione comunale in occasione di feste ed eventi.

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria” consultabile qui.