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Non solo Laterizio e Terrecotte, ma anche tanti fischietti!

 

Il ruolo di Marsciano quale principale centro umbro di produzione del laterizio ha determinato la creazione del Museo Dinamico del Laterizio e delle Terrecotte “Enzo Briziarelli” inaugurato nel 2004, che documenta la produzione secolare di laterizi e terrecotte dal XVI al XX secolo e rappresenta un momento molto importante di costruzione dell’identità della città. Il museo, il cui nucleo centrale è costituito da Palazzo Pietromarchi, si snoda attraverso un percorso che prevede la visita di più luoghi e edifici situati nel territorio
comunale: le antenne museali di Compignano e Spina, le antiche fornaci restaurate di Compignano e San Fortunato e l’ex Fabbrica di
piastrelle delle fornaci Briziarelli.
La creazione delle antenne museali rappresenta un percorso dinamico, originale ed innovativo, sui luoghi della civiltà contadina, artigianale e industriale del marscianese, che assicura uno stretto legame con l’intero territorio, con le sue storie e le tradizioni.
All’interno di Palazzo Pietromarchi è possibile ammirare: un corredo tombale etrusco risalente al IV sec. a. C., rinvenuto a Villanova nel 1987, terrecotte etrusco-romane, terrecotte architettoniche, terrecotte invetriate, laterizi realizzati sia in maniera industriale che artigianale ed una serie di grandi orci. Le terrecotte esposte all’interno del museo sono suddivise per aree tematiche e illustrano alcuni aspetti della vita rurale e contadina.
Potrai visitare la Sala del Camino in cui si propone la ricostruzione di un desco rurale ottocentesco con terrecotte da cucina e da tavola; la Galleria degli Orci con orci da olio e da vino di produzione ottocentesca; la Sala delle Pignatte con terrecotte “da fuoco” per la cucina; la sala delle Brocche con terrecotte “da acqua” per uso domestico e, da ultimo, la Bottega del vasaio che riproduce un’antica officina di terrecotte.
La sezione dedicata ai laterizi presenta la produzione e l’uso dei laterizi dall’antichità ai giorni nostri, dal punto di vista delle tecniche, delle abilità professionali e degli strumenti della produzione. L’esposizione si articola nelle seguenti aree tematiche: il materiale e le tecniche in età classica e i laterizi romani; la produzione preindustriale e industriale dei laterizi; le terrecotte architettoniche.
La terracotta è la protagonista anche della mostra di scultura allestita all’interno di palazzo Pietromarchi dell’artista marscianese Antonio
Ranocchia, noto in tutto il mondo per le sue sculture principalmente in terracotta, realizzate con i polpastrelli delle mani. In una sala attigua è ospitata una mostra di fischietti in terracotta, un’originale collezione privata di fischietti provenienti da tutto il mondo donata al museo da un privato, unica nel suo genere per qualità e quantità. Intorno al mondo dei fischietti l’Amministrazione Comunale ha ideato un “Concorso internazionale biennale del fischietto in terracotta tradizionale e d’arte”.
Il percorso secondo cui è organizzato il museo ci porta ad uscire dal bel palazzo nobiliare trecentesco per andare a visitare le altre realtà diffuse sul territorio. Rimanendo nella città di Marsciano si può visitare “La Ceramica”, l’ex fabbrica di piastrelle delle Fornaci Briziarelli dove a partire dagli anni ‘20 sino agli anni ‘40 è stata realizzata la produzione di terrecotte artistiche ed architettoniche.
Per conoscere più da vicino gli altri luoghi dove venivano realizzate con metodo preindustriale le produzioni di laterizi e di terrecotte puoi recarti a San Fortunato e a Compignano (a circa 12 km. da Marsciano) per visitare le antiche fornaci, ben ristrutturate, risalenti al ‘700 ed utilizzate sino agli anni ‘50 del secolo scorso da fornaciai della zona. Le rievocazioni delle produzioni sono rese possibili dalla
presenza ancora sul posto di alcuni anziani fornaciai che conservano vive nella loro memoria le tecniche e i metodi di produzione artigianale.
Entrambe le fornaci, distanti una dall’altra circa 4-5 km, sono liberamente accessibili e gratuite. Presso l’antenna museale di Compignano è disponibile, inoltre, un laboratorio dove, su prenotazione, potrai cimentarti anche tu nella manipolazione
delle terrecotte utilizzando le varie tecniche di lavorazione.
L’antenna museale “Rossana Ciliani” (a 13 km. da Marsciano), ubicata all’interno dell’antico castello di Spina, costituisce un’altra tappa del percorso museale dove potrai visitare un interessante centro di documentazione di antichi mestieri relativi alla produzione del vino, alla lavorazione tradizionale del ferro, all’attività delle antiche fornaci e ad altre produzioni che caratterizzavano la vita contadina e l’economia del posto (per informazionitel. 075-8741152).

TRATTO DA ABITARE IL TERRITORIO volume 1

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Un intero museo dedicato alla ceramica

Per gli appassionati della ceramica, una tappa obbligata è certamente il Museo Regionale della Ceramica. Il percorso museale è costituito da 14 sale espositive con oltre 7.000 opere, distribuito su tre piani, al quale va aggiunto l’immenso spazio destinato ai depositi che conservano oltre 5.000 maioliche e collezioni di ceramica contemporanea, accessibili al pubblico e debitamente attrezzate per attività di studio.
Al piano terreno si accede a sale “open” dove sono sistemate mostre temporanee che consentono al visitatore di cogliere, a colpo d’occhio, un saggio della sistemazione del Museo e di decidere se proseguire la visita a pagamento. Dalla stessa area si accede alla biblioteca specialistica in storia della ceramica, già ricca di oltre 1.400 volumi. Il percorso si apre con una sala dedicata alla tecnica della ceramica e continua a pian terreno con una sezione dedicata alla ceramica arcaica ed alla storia della ceramica di Deruta. La sezione archeologica, che  riunisce oggetti di provenienza varia e spesso ignota, offre un significativo panorama dei
principali tipi di vasellame prodotti in Grecia e in Italia in epoca antica. Notevoli sono alcuni vasi di fabbricazione etrusca; fra le produzioni romane si segnala la “sigillata italica”, il tipico vasellame da mensa della prima età imperiale. La produzione locale medioevale è testimoniata da brocche e catini del XIV sec. Di maggiore ricchezza decorativa sono le ceramiche databili fra
il XV ed il XVII sec. Sono esposti elementi non realizzati per uso comune, come piatti da pompa recanti stemmi nobiliari o ritratti di belle donne rinascimentali, decorati con la tecnica
del lustro, coppe amatorie, gamelii, ballate, impagliate, oggetti per la tavola, alzate,
saliere, boccali e brocche. Durante il percorso vengono proposte alcune aree tematiche,
come la sezione dei pavimenti, delle targhe votive, nonché la ricostruzione di un’antica farmacia. Particolare attenzione al secondo piano è dedicata al collezionismo, con la parte finale del percorso destinata alla “Collezione Magnini”.

Orario di apertura al pubblico:

luglio-settembre: tutti i giorni
10,00-13,00 e 15,30-18,30

aprile-giugno: tutti i giorni
10,30-13,00 e 15,00-18,00

ottobre–marzo: chiuso il martedì
10,30-13,00 e 14,30-17,00

Largo S. Francesco 1,
tel. 075-9711000

TRATTO DA ABITARE IL TERRITORIO volume 1

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Dove la ceramica si veste di storia

Ad Orvieto, la tradizione ceramica affonda le sue radici nel periodo etrusco, tant’è che l’importanza di questo comparto per l’economia locale ha risvegliato un interesse verso gli scavi archeologici, i quali hanno riportato alla luce buccheri di pregio, a cui si ispirano alcune produzioni odierne. La caratteristica, però, peculiare delle ceramiche orvietane è la tridimensionalità dei decori, dovuta alla tecnica di campitura “a reticolo”, unita alle applicazioni a rilievo.

Degno di nota è, infine, ricordare come le tessere dei mosaici, sapientemente alternati ad elementi sculturoei, della splendida facciata del medievale Duomo di Orvieto siano di produzione locale che, a partire da questo evento artistico, fu diffusamente conosciuta con la denominazione di “stile orvietano”.

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Gualdo Tadino e la sua ceramica

Sulla scia della vicina Gubbio, nel ‘500, sebbene si registrino testimonianze precedenti, prende vita a Gualdo Tadino una fiorente produzione ceramica, che si sviluppa nel ‘700 con molteplici raffigurazioni di Madonna con Bambino ed ex voto, ma che trova la sua migliore espressione a fine ‘800, grazie a Paolo Rubboli, con cui collaborò anche il noto pittore indigeno Giuseppe Discepoli, ed Alfredo Santarelli. Rubboli si insediò a Gualdo nel 1875 e riprese la tecnica dei lustri oro e rubino ereditata da Mastro Giorgio. L’eco risorgimentale trova testimonianza anche nelle sue produzioni, per esempio con piatti commemorativi degli eroi del tempo, come Giuseppe Garibaldi. Santarelli, a sua volta, inizialmente prosegue l’opera di Rubboli per poi trovare una sua propria strada, in cui reinterpreta motivi e decori degli stili più disparati, dal medioevo al rinascimento, dall’ispanico – moresco al liberty e al decò. La produzione attuale è ancora connotata dalla tecnica del lustro e dalla testimonianza di questi grandi maestri, a riprova della loro capacità creativa e della loro originalità. Presso la Rocca Flea, infine, nel Museo Civico, è possibile ripercorrere l’avvincente storia della ceramica gualdese.

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Buccheri, ceramica e le brocche della Festa dei Ceri

A Gubbio, le origini della lavorazione ceramica risalgono al Medioevo, con una produzione caratterizzata dal blu cobalto, lo sviluppo, però, avviene tra la fine del ‘400  e gli inizi del ‘500, grazie alla presenza di Mastro Giorgio Andreoli, a cui, per la riconosciuta importanza, sono dedicati alcuni toponimi del centro storico cittadino.  Mastro Giorgio introduce la tecnica del riverbero e del lustro dai colori intensi oro, argento, verde e soprattutto rosso rubino. Nel ‘900, invece, è stato Aldo Ajò a lasciare una sua personalissima impronta nel comparto, con accenti d’avanguardia. Nella seconda metà del XX secolo, poi, si sviluppano lo stile  “fiorato” e la particolare lavorazione di buccheri, di tendenza etrusca, decorati a graffito con smalti policromi ed oro. Per approfondire e gustare con gli occhi il mondo della ceramica, Gubbio propone le Biennali d’Arte della Ceramica e dei lavori in Metallo, fucina di esperienze di artisti a livello nazionale, unitamente all’apposita sezione dedicata all’interno del Museo Comunale.

Una nota legata alla tradizione del posto: in occasione della Festa dei Ceri (15 maggio), al momento dell’alzata in Piazza dei Consoli, ogni Capodieci getta la brocca in ceramica del proprio cero di appartenenza, che si rompe in mille pezzi ed i presenti si contendono i frammenti della brocca stessa, quale ricordo e portafortuna!

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La ceramica di Deruta

Non è semplice descrivere la rinomata ceramica derutese senza rischiare di sembrare retorici, visto quanto è famosa e nota nel mondo. Basti dire che nel centro storico di Deruta ha sede, per l’importanza di questa produzione, uno specifico museo regionale, ampliamento di quello fondato dal natio avvocato Briganti, in cui è presente una ricca esposizione di manufatti, oltre che spazi per mostre a tema. La ceramica di Deruta trova la sua massima ispirazione nel lungo periodo che va dalla seconda metà del ‘400 fino a tutto il ‘600. In questi due secoli e mezzo,   si sviluppano diversi stili, come il “petal back”caratterizzato da semplici decorazioni a forma di petali sul retro dei piatti e da motivi in “stile severo” sul fronte oppure raffigurazioni più complesse, come le scene ed temi allegorici contornati da moduli geometrici (a corona di spine, a denti di lupo, a embricazioni, a girali floreali, a porcellana), come il ritratto, come lo stile raffaellesco con le caratteristiche tonalità azzurro e giallo di tipo pastello e meno accese rispetto ai colori della produzione gualdo – eugubina, e poi come i “bianchi” ed il “calligrafico” in monocromia blu o arancio. Gli oggetti che segnano il passaggio da una ceramica di tipo domestico ad una più ornamentale sono i grandi piatti da pompa, le coppe amatorie, i vasi globulari a doppia ansa su alto piede.  Nel seicento nasce anche lo stile compendiario che propone motivi pittorici essenziali applicati su forme complesse, quasi scultoree, dai contorni flessuosi.
Quali esempi dell’arte ceramica derutese, meritano una menzione il pavimento della Chiesa di San Francesco e gli ex voto del vicino Santuario della Madonna dei Bagni.
A seguito di una crisi del settore avviatasi nel ‘700, dopo l’unità d’Italia, a partire da un’iniziativa del Comune di Deruta del 1872, riprende vigore la produzione locale, con forti richiami alla tradizione e con punte di innovazione, quali riflesso dell’arte contemporanea, a tal proposito si suggerisce una visita alla Galleria Moretti.

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Tradizionando

Per i più curiosi, consigliamo la visione del video “tradizionando”, per conoscere mestieri, tecniche e modelli dell’artigianato tradizionale umbro.
Alla riscoperta delle professionalità che hanno reso viva la nostra economia locale, con gustosi riferimenti alle storie dei maestri artigiani, dai seggiolai agli impagliatori, dagli artigiani della cannina del Trasimeno a quelli dei cesti in vimini, dai fabbri ai costruttori di raspe di Sellano, dagli orafi ai liutai, dai falegnami agli ebanisti, dai ceramisti agli artigiani delle terrecotte.

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L’ARTE A PORTATA DI MANO

 

L’Arte a portata di mano. In questo modo potremmo definire la ceramica artistica di produzione Umbria, senza dimenticare la maiolica e la più povera terracotta. Oggetti d’uso comune – caraffe, piatti, vasi anche da farmacia, tanto per citarne alcuni – diventano affreschi veri e propri, occasioni per sfoggiare, in casa propria, motivi raffaelleschi, decori minuziosi frutto di mani esperte, ritratti storici, paesaggi senza tempo, colori a volta accesi e contrastanti, altre volte tenui ed armoniosi… Ma non solo, conoscere la nostra ceramica, arte ampiamente diffusa nella nostra terra, equivale a ripercorrere nel tempo la sua affascinante storia e a viaggiare per l’Umbria, raggiungendo le molteplici città in cui viene prodotta. Da Orvieto a  Deruta, da Gubbio a Gualdo Tadino,  da Città di Castello ad Umbertide, da Perugia ad Assisi, è possibile ammirare la maestria dei nostri artigiani, che, pur appartenendo a scuole e correnti differenti, sono accomunati dalla stessa passione e dedizione per la lavorazione dell’argilla, la quale, grazie al loro lavoro, si esprime in pezzi unici, opere destinate a durare nel tempo. Se, alle origini, tali produzioni sono state favorite dalla stessa morfologia geografica, per la presenza di terreni argillosi di buona qualità, di acque fluviali e di boschi quali riserve di legna per le fornaci, attualmente, invece, potremmo dire che la ceramica sia diventata la scelta per molti artigiani di coltivare il bello, tant’è che la tradizione è stata rinnovata con slanci verticali e forme essenziali oltre che con richiami moderni.

Il lento girare del tornio, le mani che modellano l’argilla o che  usano piccoli pennelli per le decorazioni, persone che con la loro arte fanno vivere le proprie botteghe sono le migliori motivazioni per decidersi a percorrere la via della ceramica, non solo attraverso il video qui riportato, ma anche dal vivo. Segnaliamo, dunque, le principali tappe di questo avvincente itinerario.

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