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Le torte pasquali nell’Assisiate: ricette raccontate e memorie di cucina

Il lettore non si stupisca se non troverà testi uniformi di ricette, così come avviene generalmente in riviste o libri dedicati specializzati. ma abbiamo voluto conservare traccia della memoria della torta di Pasqua in Umbria e, quindi, si è intenzionalmente scelto di trascrivere le ricette esattamente così come sono state raccontate dai testimoni della tradizione oppure tali e quali a come sono state ritrovate nei ricettari, conservati tra le memorie delle famiglie che li hanno messi a disposizione.

In questi appunti, a volte disordinati, pertanto, ci sono parole e forme dialettali, sintassi non ortodosse, così come unità di misura varie e proporzioni non uniformi alle nostre consuetudini.

Chi volesse cimentarsi nel riprodurre queste torte, per semplificare il procedimento, può fare riferimento alle nostre fotoricette, che propongono le ricette base salata e dolce, a cui poi aggiungere vari aromi a gusto personale. In ogni caso, alcune torte sono state provate dall’autrice con il coinvolgimento dell’Associazione Crisalide e, quindi, sono riproposte in una versione più moderna ed al passo con i tempi.

ASSISIATE
Ricette di Raffaella Bartolucci
Torta al formaggio
1 kg di farina, 10 uova, 300 g tra parmigiano, romanesco (pecorino romano, n.d.a.) e gruviera, il parmigiano e il romanesco grattugiati, il gruviera a pezzettini, 75 g di lievito di birra, latte, 300 g tra burro, strutto e olio, sale.

Torta dolce di Pasqua
Uova tre, due etti di sultanina (uva sultanina, n.d.a.), 50 grammi di candito, la grattatura di un limone e di un’arancia (scorza grattugiata di un limone e di un’arancia), 3/4 di latte, 75 g di lievito di birra, 300 grammi di zucchero, o strutto o olio grammi 300,
sale a piacere una presina, vinosanto un bicchierino, farina quanta ne assorbe per fare una pasta giusta come le ciaramicole. Si fa lievitare 3 ore. Prima d’infornare si copre la torta con una biacca* fatta con una chiara d’uovo, 2 o 3 cucchiai di zucchero e qualche goccina di limone.
*Glassa

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UNA SANTA E UN RICAMO

In Umbria,la tradizione per il ricamo sembra risalire alla laboriosità di Santa Chiara d’Assisi (1193/1194 – 1253), la quale completava con il lavoro manuale la sua intensa vita contemplativa, condita – seguendo l’esempio di San Francesco – da “madonna  povertà”. Nasce, così, nei conventi, la tradizione di tessere e ricamare paramenti e tovaglie sacri con delicati decori, di mistica ispirazione. La stessa Santa Jacopa, fondatrice del Terzo Ordine francescano, si distinse per la creazione di rosoni azzurri ricamati con cura e dedizione. Dai conventi, furono formate molte giovani, pur senza  vocazione religiosa, che  portarono come dote di spose la loro abilità nelle arti femminili del tessere e ricamare, insieme alla passione per il lavoro. A partire dal XV secolo, poi, il ricamo divenne per le nobili dame un segno distintivo del loro status sociale, per cui i fregi ricamati andarono ad arricchire abiti, tappezzeria e biancheria della casa. Grazie al contributo delle donne patrizie, nel corso del tempo, la tecnica di ricamo utilizzata ad Assisi venne conosciuta non solo in Italia, ma anche all’estero e venne identificata con il nome di Punto Assisi, che si affermò definitivamente a partire dal XIX secolo, grazie alla nascita di centri di avviamento al lavoro dedicati.
Tra le caratteristiche del Punto Assisi, di media difficoltà per chi si volesse cimentarsi in questa tecnica, ricordiamo che va realizzato con fili non troppo sottili, ma di spessore quanto più simile a quello dei fili della tela di lino naturale. I colori tradizionali del ricamo sono celeste, azzurro e blu scuro, rosso scuro, rosso vivo contornato di nero, marrone e ruggine, che ben si armonizzano con l’ecru della base. La bravura della ricamatrice consiste nel realizzare  il rovescio del lavoro identico al diritto e nel rispettare, per i vari componenti del motivo, la distanza in punti di tre fili ciascuno sia nel senso della lunghezza che in quello della larghezza, al fine di assicurare la perfetta regolarità dell’esecuzione del punto croce. La tela si rifinisce in genere con il  punto quadro e con l’orlino frullato, cioè un sottile cordoncino attorcigliato strettamente tra il pollice e l’indice.