A Città della Pieve il valore attribuito alla produzione del “croco”accrebbe nei secoli successivi al XIII secolo, come documentano le dettagliate ordinanze emanate dalle autorità locali sulla coltura e la ricolta di saffarano.
Quest’ultima era severamente regolata dagli statuti della “gabella di Castel della Pieve”(1537-1539) che imponevano a chiunque raccogliesse zafferano nel territorio l’obbligo di denunciare al Comune la quantità presa, pagando poi entro l’8 novembre la tassa prevista.
La grande attenzione rivolta alla produzione di zafferano nel comprensorio di Castel della Pieve era di certo legata all’uso dei pigmenti che si potevano ricavare dalla pianta, utilizzati per la tintura di tessuti di lana, velluto e seta e di filati, di cui a lungo la città fu centro di produzione. Lo Statuto di Perugia già dal 1279 vietava nell’allora Castel della Pieve la piantagione dei bulbi ai forestieri e vietava ai proprietari terrieri, sia perugini che residenti nel contado, di locare terreni ai forestieri per piantare lo zafferano. Anche il notaio che avesse redatto l’atto sarebbe stato punito.
Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dello Zafferano“