Le origini del maiale si perdono nella notte dei tempi: già in epoca etrusca iniziano a prendere vita le prime forme di allevamento stabile e con le successive invasioni barbariche il suino diventa una delle risorse più importanti del villaggio.
Anche nel Medio Evo il pascolo dei suini ha un rilievo particolare al punto che i boschi sono misurati in base alla loro capacità di nutrire suini, più che in base alla loro superficie.
Col passare dei secoli l’allevamento dei suini e il consumo dei prodotti da essi derivati, assumono progressivamente maggiore importanza passando dai trionfi rinascimentali, in cui si sviluppa l’arte gastronomica e la carne di maiale compare nei banchetti più sontuosi, fino al XIX secolo in cui si diffondono i primi laboratori alimentari e le prime salumerie.
In Umbria le carni di maiale sono state per secoli elemento primario della cucina locale, rappresentando una continuità di tradizione che non ha uguali: ancora oggi in molte case si festeggia il giorno in cui si uccide e si lavora il maiale.
Secondo l’antica usanza medievale, dopo aver spezzato il maiale lo si mangia tutti insieme, e vengono preparate le puntarelle (arrosto o nel sugo per condire la pasta) e le bistecchine fresche.
E del maiale viene usato proprio tutto, a partire dalla sugna che, sciolta a fuoco moderato e depurata, offre uno strutto ottimo per alcuni tipi di frittura, per poi arrivare alla produzione dei numerosi salumi la cui descrizione sarà oggetto della seconda parte del presente fascicolo.