Per pecorino di Norcia del caseificio s’intende la versione moderna del “Pecorino del pastore” diffusa ormai tanto quanto quella tradizionale. E, come quella, di grande qualità.
Per assaporare le differenze bisogna far notare che a cambiare è la materia prima. Se nella forma del pastore il latte era crudo, in questo caso si utilizza latte intero ovino ma pastorizzato, proveniente da bestiame alimentato con foraggi verdi della zona di produzione. Una volta addizionato di fermenti lattici termofili, si porta il latte ad una temperatura di 90°C circa e si aggiunge il caglio di agnello o di capretto. Si forma la cagliata e si procede con la rottura. La si pone in apposite forme per la sgrondatura, che le fa perdere l’ulteriore siero in eccesso, ed in seguito si procede alla salatura a secco.
Trascorsi dai due ai quattro giorni, le forme si lavano e messe a stagionare, in celle frigorifere o locali con alta umidità e bassa temperatura, per un periodo che va da 60 giorni ad un anno. Le forme vengono saltuariamente trattate con olio, girate e, se utile, lavate ancora.
Questo tipo di pecorino, di forma cilindrica, ha un diametro di circa 15-22 cm e pesa quasi 3 chilogrammi. La crosta è tendente al giallo mentre la pasta va dal bianco al giallo paglierino. Il sapore è leggermente piccante.
Testo tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei Formaggi” consultabile qui.