La cottura consiste nel sottoporre la carne a un innalzamento di temperatura grazie al contatto con aria, acqua, grasso o una superficie calda. Ma cosa succede alla carne durante questo processo? I tessuti sono costituiti da fibre muscolari riunite in fasce e avvolte da un tessuto connettivo, il “collagene”. Questa si scioglie in acqua a una temperatura di circa 65°C. Più un animale esercita i muscoli più è ricco di collagene e, quindi, necessita di cotture prolungate che ne favoriscano la tenerezza. Per questo è molto importante scegliere la giusta modalità di cottura e temperatura in base al taglio di carne che si cucina.I sistemi di cottura sono essenzialmente due, a secco e in umido, ma possono essere anche usati insieme.Vediamoli nel dettaglio.
A SECCO
Ne fanno parte la cottura al forno, alla griglia, alla piastra e sullo spiedo.Ma anche la gratinatura (cioè con il calore dall’alto), la rosolatura e la frittura.Sono metodi adatti alle carni di animali giovani o che non sono stati sottoposti a eccessivo sforzo fisico.
IN UMIDO
I metodi più usati sono la bollitura (la carne è messa a lessare completamente immersa in acqua a 100°C), la brasatura o stufatura (cottura lenta e costante in casseruola con aggiunta di brodo o vino), a bagnomaria (il recipiente della carne è posto in un altro riempito con acqua e posto sul fuoco) e infine la cottura a vapore. Sono metodi ideali per carni ricche di tessuto connettivo, come quelle dei tagli più robusti o ricavate da animali macellati in età avanzata.
TECNICA MISTA
Questa modalità risulta molto utile per cuocere a puntino le carni ricche di collagene all’interno ma che hanno una pelle particolarmente grassa. È ad esempio il caso dello stinco di maiale, prima stufato in casseruola e poi rosolato all’esterno; oppure quello della porchetta, cotta a vapore e poi rosolata al forno, per rendere la carne ben tenera all’interno ma la cotenna croccante.
Testo tratto dalla pubblicazione ella Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria delle Carni” consultabile qui.