La mattina di Pasqua le torte venivano poste sulla tavola, bene in ordine, o in allegra confusione, assieme agli altri cibi che costituivano la ricca prima colazione pasquale,un lungo pasto che avveniva tra le undici e le tredici, rigorosamente dopo aver adempiuto ai riti religiosi. Tutto si consumava secondo una successione non ben precisa, non codificata. Alla torta si accompagnavano capocollo, salame, ciauscolo, a seconda delle zone, ma anche uova sode, frittate, coratella, vino e vinsanto. I salumi si consumavano in alcune zone con la torta al formaggio, in altre con quella dolce, in un’armonia o in un felice contrasto di sapori e d’aromi. Spesso la prima portata del pranzo pasquale consisteva in fette di torta al formaggio sulle quali veniva versato brodo di castrato.
Un’eccezione alla torta consumata la mattina di Pasqua assieme ad altri cibi della tradizione è la torta che, soprattutto in campagna, si preparava il sei gennaio, giorno dell’Epifania e, per il calendario liturgico della chiesa cattolica, prima Pasqua dell’anno. In questa occasione non vi era il dispiegamento di torte della ricorrenza successiva, ma in ogni famiglia si preparava una sola torta. Un’usanza, anche questa, forse passata alla festa cattolica da altri riti e da altri mondi.
Le torte venivano preparate in grandi quantità, “anche 100 uova”, quindi impastando almeno dieci chili di farina, ricordava Maria de Nunno nata Alessandrini, vecchia famiglia di proprietari terrieri del trevano. La preparazione era un vero rito, la raccolta delle uova iniziava molti giorni prima, venivano poste in cesti e tenute al fresco in cantina. La lavorazione delle torte coinvolgeva anche gli uomini in quanto veniva lavorata una quantità enorme di ingredienti. Le torte servivano per l’uso di famiglia,per farne dono a parenti, amici e autorità, spesso se ne conservava una scorta fino all’Ascensione ed oltre.
(Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria” consultabile qui.)