Per fare questo “vino” occorre scegliere al momento della vendemmia il trebbiano nostrale, che si appende per farlo passire. Durante le feste di natale l’uva viene sgranata a mano; si scelgono i chicchi sani, si schiacciano e si mettono a fermentare per due o tre giorni in un recipiente; il tutto si svina e si torchia. Il mosto ottenuto si mette in un botticino di legno, tappato in modo che non penetri l’aria. A primavera si travasa in damigiane, a settembre si imbottiglia e si tappa ermeticamente. Si può bere dopo almeno due anni.
Il Vinsanto può raggiungere una gradazione alcolica di 17-18 gradi.
Il nome Vinsanto deriva dalla consuetudine di travasare, durante la Settimana Santa, il vino ottenuto dalle uve bianche dolci passite. la tradizione vuole che le etichette sulle bottiglie di Vinsanto fossero scritte a mano e che lo stesso fosse servito in cialde. Le cialde sono sottili dischi di pasta dolce con impressi motivi ornamentali ottenuti mediante l’utilizzo dell’apposito “ferro da cialda”.