Il vino e la vite nell’antichità: tra Grecia e Roma

La vite ed il vino sono stati solennemente celebrati nelle opere letterarie greche, poiché si considerava il vino un dono speciale delle divinità.

Si narra che Dioniso, figlio di Zeus, un giorno d’estate, si fosse ritirato in una grotta per riposarsi. Alzando gli occhi, vide una vite colma di grappoli e di chicchi rigonfi. Li prese e li pigiò dentro una ciotola. Bevve il liquido ottenuto gustandone il sapore gratificante.

Capì che la terra gli aveva donato una bevanda straordinaria che chiamò «vino». Ninfe e satiri bevvero con lui quel nettare nuovissimo. Dioniso salì su un carro con Sileno, il vecchio satiro che lo aveva allevato, e si mise in cammino per far conoscere il vino alle contrade della Grecia e da lì si inoltrò in Egitto e in India.

Gli antichi Greci non solo conobbero il vino come bevanda dissetante, ma lo elevarono anche ad un alto grado di sacralità, facendone uso specialmente nelle funzioni religiose, nelle feste e nei momenti importanti della vita.

Nell’antica Roma, Dioniso fu accolto nel Pantheon, il suo nome fu mutato in Bacco e venne sempre invocato nei momenti più salienti della maturazione dell’uva. Gli antichi romani erano considerati i maggiori esperti nel campo dell’agricoltura. I legionari romani importarono la vite nella Gallia, nella Penisola Iberica e nella Britannia Meridionale.

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