IL ROGO DI SANSIMINO

 

L’ultimo giorno di carnevale la tradizione prevede che per le vie di Marsciano (Perugia) si snodi una schiera di incappucciati che, intonando con voce spiegata una antica filastrocca, accompagnano in corteo verso la piazza centrale un pupazzo di paglia e stracci alto tre metri.
È la rievocazione storica, culminante nel processo e nella condanna al rogo di Sansimino, personaggio immaginario simbolo del cattivo per eccellenza, di un episodio, verosimilmente datato 1643.

Si racconta che all’epoca dello “strappo” tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio, un esercito di fiorentini invase i possedimenti ecclesiastici, tra cui appunto il territorio di Marsciano: il castello fu assediato e, per difendersi, i marscianesi, vestiti di bianco, corsero in cima alle mura agitandosi con delle torce in mano, come “anime del Purgatorio”.
L’esercito, credendo di assistere alla visione di fantasmi sopraggiunti dal Purgatorio, si spaventò e si diede alla fuga.
Altra versione della storia riferisce invece di un diverso stratagemma difensivo: viene narrato che gli abitanti di Marsciano, indossate tuniche e cappucci bianchi, si misero in piedi sulle mura, così da insinuare il sospetto che il castello fosse colpito da un’epidemia di peste. Per paura del contagio i fiorentini levarono le tende, e Marsciano fu salva.

Cosa sia accaduto in realtà non è certo, in ogni modo la tradizione indica che gli Incappucciati da quel momento istituirono la Compagnia del Purgatorio o Signoria del Carnevale.

Ancora oggi Marsciano conclude i festeggiamenti carnevaleschi rievocando l’avventura del 1643: la sera del martedì grasso un carro trasporta il fantoccio allegorico di Sansimino per le vie del centro, illuminate dalle fiaccole della processione degli incappucciati: si apre il processo che si conclude con sentenza inappellabile immediatamente esecutiva… Sansimino è messo al rogo, per scacciare via i mali dell’anno appena trascorso e per auspicarsi tempi migliori.
Tra i protagonisti del corteo degli Incappucciati: “il Nero” (l’unico vestito completamente di nero) è il boia, colui che declama la sentenza di morte e la esegue appiccando per primo il rogo; “la Falce” rappresenta la morte che attende Sansimino e, prima che sia dato luogo alla sentenza, compie tre giri di corsa attorno a lui; “il Teschio”, un incappucciato che indossa un teschio di cervo, a monito della lugubre fine che spetta al condannato.

L’immagine è tratta dal sito dell’Associazione Oratorio Santa Maria Assunta di Marsciano, che cura l’organizzazione dell’evento. 
 

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