Con la caduta dell’impero e le invasioni barbariche molti forni vennero rasi al suolo e la panificazione fu confinata all’ambito domestico o sopravvisse all’interno dei monasteri. Rifiorì poi nel Medioevo, quando si panifica con tutti i cereali – orzo, frumento, farro, segale, avena, miglio, ecc. – e prende piede l’uso di insaporire con spezie ed erbe aromatiche – dal rosmarino alla maggiorana all’anice – anche per contenere l’uso del sale che era sottoposto a pesanti gabelle.
In questo periodo la professione del fornaio è diversa da quella del panettiere: il primo si accontenta di cuocere il pane, il secondo controlla invece tutta la catena della lavorazione, dalla fabbricazione alla vendita, passando ovviamente attraverso la cottura. Anche il loro livello sociale risulta dunque diverso: i secondi sono assai più ricchi dei primi, risultando in cima alla scala dei contribuenti a fianco dei venditori di stoffa e dei beccai (ovvero i macellai, pesciaioli e i gestori di taverne e osterie).
Le prime testimonianze relative alla creazione di comunità di panettieri risalgono alla seconda metà dell’XI secolo e soprattutto nelle città più grandi, anche se in certe regioni bisognerà attendere il XV secolo per registrare i panettieri organizzati in mestiere. Gli statuti di questa corporazione, documentati soprattutto tra il 1300 e il 1400, definiscono le regole della professione e forniscono preziose informazioni sull’organizzazione dei panettieri e sul loro percorso professionale.
Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno“