Il pane all’epoca dell’antico Egitto

Tutti i popoli del Mediterraneo conoscevano il grano fin dagli albori della loro storia, ma non tutti cominciarono a panificare nello stesso tempo. Secondo gli storici il primato spetta agli egiziani, presso i quali la coltivazione dei cereali era una delle attività più importanti, favorita dalle annuali inondazioni del fiume Nilo, che, lasciando sul terreno grandi quantità di fertile limo, consentiva di effettuare anche due raccolti all’anno. Una leggenda vuole che l’impasto del pane sia nato proprio in seguito ad uno straripamento del Nilo, le cui acque bagnarono le scorte di farina conservate nei magazzini del faraone. Ad un altro “leggendario” aneddoto si lega la scoperta del lievito: una domestica egizia, per far dispetto alla padrona, gettò nella pasta del pane il residuo della preparazione della birra, che provocò la fermentazione dell’impasto.

Ma al di là delle fantastiche narrazioni, è plausibile che gli egiziani scoprissero presto che il principio della fermentazione dei cereali con cui preparavano la birra, tra gli alimenti base della loro dieta, potesse essere applicato alla panificazione.

Nell’antico Egitto il lavoro del fornaio era considerato una vera e propria professione e il pane cotto nei forni rappresentava – al pari dei cereali – una moneta di scambio. In un documento risalente al Nuovo Regno (1570 -1085 a.C.), il periodo di massimo splendore della civiltà, vengono enumerati addirittura quaranta varietà di pani e di dolci.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno”

 

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