Le tracce della storica presenza del maiale in Valnerina si ritrovano anche sulle mura delle chiese. È il caso della francescana Santa Maria Assunta a Vallo di Nera, dove sono conservati alcuni affreschi dedicati a Sant’Antonio Abate.
Un dipinto in particolare, sulla parete destra, desta particolare interesse. Risale al XIV secolo ed è opera di un pittore seguace di Giotto: il maestro Cola di Pietro da Camerino. Accanto al Santo protettore, ci sono dipinti quattro maialini di colore scuro che a prima vista possono essere scambiati per cinghiali: due sono interi, due ridotti a metà a causa della costruzione sovrapposta di un altare seicentesco.
Il loro manto è attraversato da una fascia che dalla schiena scende alla pancia e torna sul dorso cosparso di setole irte. Una codina lunga e arricciata completa i caratteri dei quattro suini dalla sagoma slanciata e asciutta.
Sono i maialini cintati dell’antica razza dell’Appennino centrale, diversi da quelli senesi che la fascia bianca ce l’hanno sulla spalla. Uno di essi porta al collo una campanella e si inginocchia davanti a Sant’Antonio: è il maialino degli Antoniani, libero di girare di casa in casa per venire governato da tutti, per essere poi sacrificato però il 17 gennaio, giorno della festa.
Osservando questi maialini affrescati alla fine del Trecento, l’Università di Perugia e il Parco Agroalimentare dell’Umbria hanno promosso, al fine di valutare la differenza della carne rispetto agli ibridi commerciali, il recupero e la reintroduzione di un’antica popolazione suina della Valnerina, il cinturino.
Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio dell’Umbria “L’Umbria in Porchetta“