TRA I VICOLI STORICI, CON NASO ALL’INSÙ… Camminando con il naso insù, nella miriade dei centri storici che costellano l’Umbria,
è facile ammirare i mille volti del ferro battuto, sinuose balaustre dei palazzi antichi, abbellite da ricchi vasi di gerani, solide ringhiere che costeggiano ripide scalinate, grate dai motivi geometrici o floreali che proteggono le piccole finestre delle abitazioni, inferriate dal colore brunito che contrasta armonicamente con il bianco rosato delle costruzioni tipiche. Le stesse chiese sono ornate da lampadari, candelabri ed altri arredi sacri in ferro battuto.
Tutto ciò è frutto del lavoro faticoso e prezioso dei fabbri, che hanno ereditato dal Medioevo la loro arte, capace di modellare, con estro e fantasia, il duro metallo in opere artistiche dalle funzioni quotidiane.
Ma non solo. L’attuale produzione è a servizio anche degli interni delle abitazioni, con oggetti e complementi di arredamento, come letti, sedie e tavoli, generalmente con il piano in vetro, lampade e lampadari. I principali centri di produzione sono Assisi, Bevagna, Spello, Città della Pieve, Cascia, Città di Castello e Terni, unitamente a Gubbio. Per quest’ultima, si apre un capitolo a parte. Dall’uso domestico, alla riproduzione storica, è questa la strada intrapresa dagli eugubini, ormai famosi per la produzione di splendide armature ed armi dai modelli antichi.
Chicche di colore: Preci, in Valnerina, insieme a Norcia si distinse a partire dal ‘500 per la produzione di alto valore di ferri chirurgici, mentre a fine maggio a Montone e a giugno a Bevagna, è possibile ammirare dal vivo la rappresentazione dell’antico mestiere.
Complementare in qualche modo al lavoro del fabbro, è quello del vetraio. Sebbene in Umbria la lavorazione del vetro artistico sia una nicchia, ha lasciato comunque un’impronta di valore nelle splendide vetrate artistiche di tante chiese, in primis del Duomo di Orvieto. La città, però, che vanta la tradizione più antica è Piegaro, nel comprensorio del Trasimeno, in cui si può visitare l’interessante Museo del Vetro, che ci permette di conoscerne il ciclo produttivo, dalla mescola al prodotto finito. All’interno del Museo, si possono ammirare anche opere nobili risalenti al XIX secolo come oggetti d’uso comune della civiltà contadine, quali gli autoctoni damigiane e fiaschi, che prevedevano l’apporto di altri artigiani per l’impagliatura, realizzata con la locale paglia lacustre. Tra le curiosità legate al museo, il residuo dell’ultima lavorazione dell’Officina che aveva luogo nell’edificio, che appare al visitare come un enorme cumulo verde smeraldo, conservato nei cunicoli dei sotterranei.