IL FARRO …UNA STORIA ANTICA

II farro è il cereale più antico fra tutti quelli pervenuti fino ai giorni nostri. Reperti archeologici ne danno l’origine in Mesopotamia e in Siria, Egitto e Palestina. Da un’analisi storico-geografica è risultato che il farro veniva coltivato già nel Neolitico verso l’8000 avanti Cristo; successivamente, tra il sesto e il quinto millennio a.C. gli Egiziani coltivavano frumenti spontanei che man mano poi ingentilivano. Tra il quinto e il quarto millennio a.C. i popoli dei Badariani insediati nel Medio Egitto e dediti all’agricoltura stabile intrapresero la coltivazione del triticum di cocco (farro) che rimase per migliaia di anni la specie dominante nel vicino Oriente.

Questi popoli utilizzavano il farro come base della loro alimentazione per fare zuppe e rudimentali focacce da integrare alla carne, al latte e derivati. Contemporaneamente, ad opera di tribù che praticavano agricoltura nomade, il triticum di cocco si diffuse in Anatolia e nelle aree del bacino Mediterraneo. In Europa si diffuse probabilmente attraverso tre itine-rari, l’uno risalente il Danubio, l’altro attraverso le isole del Mediterraneo e l’ultimo dalla Grecia sino al nostro meridione. Nel nostro Paese il farro, già coltivato dagli Italici per molti secoli, rappresentò la coltura comune a tutti i popoli latini: i Romani, oltre ad introdurlo nel vettovagliamento del proprio esercito, lo usavano per farne la «puls» minestra di cereali bolliti largamente consumata, oppure focacce azzime (senza lievito). Come tra i Greci, così tra i Romani, il farro aveva vari usi sacrali.

Nell’antico diritto romano vigeva il rito della «Confarreatio» che consacrava il passaggio della donna nella famiglia del marito: era un rito solenne riservato alla gente patrizia e consisteva nell’offrire una focaccia di farro agli sposi. I chicchi di questo cereale erano protetti da Cerere, dea delle Messi, e perciò era ritenuto il chicco della potenza. Il medico Galene testimonia la sostituzione del farro all’orzo per gli eserciti, ritenendo tale seme più energetico e nutriente. La coltivazione di questa specie pura cadde in disuso intorno al VI-V secolo a.C. quando comparve nell’area del Mediterraneo una specie ibrida, il grano tenero e duro che ha una maggiore resa.

 

Tratto da “Sapori di una terra” pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia

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