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Sulle tracce dello Zafferano in Umbria: a Castel della Pieve del XIII secolo

A Città della Pieve il valore attribuito alla produzione del “croco”accrebbe nei secoli successivi al XIII secolo, come documentano le dettagliate ordinanze emanate dalle autorità locali sulla coltura e la ricolta di saffarano.

Quest’ultima era severamente regolata dagli statuti della “gabella di Castel della Pieve”(1537-1539) che imponevano a chiunque raccogliesse zafferano nel territorio l’obbligo di denunciare al Comune la quantità presa, pagando poi entro l’8 novembre la tassa prevista.

La grande attenzione rivolta alla produzione di zafferano nel comprensorio di Castel della Pieve era di certo legata all’uso dei pigmenti che si potevano ricavare dalla pianta, utilizzati per la tintura di tessuti di lana, velluto e seta e di filati, di cui a lungo la città fu centro di produzione. Lo Statuto di Perugia già dal 1279 vietava nell’allora Castel della Pieve la piantagione dei bulbi ai forestieri e vietava ai proprietari terrieri, sia perugini che residenti nel contado, di locare terreni ai forestieri per piantare lo zafferano. Anche il notaio che avesse redatto l’atto sarebbe stato punito.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dello Zafferano

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Sulle tracce dello Zafferano in Umbria: il documento più antico

Il documento più antico relativo allo zafferano in Umbria viene ritenuto quello sull’acquisto di un’uncia cafrani , risalente al 2 febbraio 1226: è una nota nei libri contabili del monastero di Santa Maria di Valdiponte (abbazia di Montelabate, vicino a Perugia).

La produzione dello zafferano in Umbria è in ogni caso ampiamente attestata a partire dal XIII secolo. Troviamo la preziosa coltivazione citata nello Statuto del Comune di Perugia del 1279, con riferimenti al contado perugino, a Città della Pieve, allora Castel della Pieve, e Montone. E ancora documenti e storie curiose ne attestano la presenza, anche nella quotidianità, nello Spoletino, nella Valnerina, nel Folignate, nell’Eugubino – Gualdese, negli antichi statuti del Comune di Marsciano, nel Trasimeno e nell’Orvietano, ma anche in altre zone.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dello Zafferano

forno parrano

Il vecchio forno di Parrano cuoce ancora il pane ma è pure laboratorio di cibi e di idee

Il forno collettivo di Parrano, un antico manufatto di architettura rurale, si trova in una stanza all’interno del borgo, tra edifici, strade e piazzette antiche, ma è stato il primo forno di comunità, pur nel rispetto del passato, ad aprire un nuovo capitolo, rivolto al futuro. Il progetto di restauro ha seguito un percorso di rigore filologico, ma anche mirato a far sì che il forno fosse aperto non solo a famiglie, per uso privato, ma anche alle piccole realtà ricettive della zona, per produzioni artigianali da poter mettere sul mercato nel rispetto delle leggi.

 

 

Inoltre vengono organizzati visite, feste e piccoli corsi rivolti a gruppi di non più di 50 persone, che si svolgono tra il forno e una piazzetta adiacente, all’insegna delle ricette della tradizione: pane, torte di Pasqua, pizze e schiacciate con i prodotti delle coltivazioni locali: peperoni, pomodori, cipolle, zucchine, salvia, rosmarino, e dolci come i “maritozzi”, i biscotti all’anice, le crostate con marmellata artigianale. La “casa” del forno ospita anche un laboratorio a norma per conserve e cibi trasformati, a disposizione delle piccole aziende, e anche questa è una nuova vita del forno.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria

san venanzo

San Venanzo, nei borghi si sente ancora il profumo del pane

Il forno di San Venanzo, ancora in funzione e al centro di feste paesane, ma utilizzato anche da famiglie e gruppi di amici, è stato costruito nel 1835: in quell’anno Venanzio Faina, appaltatore di forni pubblici, forse in modo non del tutto disinteressato, propose al Comune di costruire un nuovo forno, al posto di quello precedente, addossato alla sua grande abitazione, che, a suo dire, versava in condizioni indecorose. Costruì il forno spostandone l’ubicazione, ma sempre nel cuore del borgo.
Nel 1875, fornaio Venanzo Valentini, il Comune emanò rigide disposizioni: il forno pubblico era sotto la tutela del messo comunale, che ne teneva la chiave, la dava a chi la chiedeva e, quando veniva restituita controllava che il forno fosse a posto. Fino agli anni ’60 del Novecento ha funzionato quotidianamente, ora è una festa accenderlo.

Nella frazione di Rotecastello il forno, collocato nella parte sudorientale del borgo, è ben funzionante e utilizzato soprattutto dall’associazione “Amici di Rotecastello“, che il primo fine settimana di agosto ne fa il punto di riferimento di cene e degustazioni, in occasione di ”Agosto in Medioevo”. 

 

 

 

San Vito in Monte, un tempo comune autonomo (dall’unità d’Italia al 1929, quando fu soppresso e aggregato a San Venanzo), è un borgo piccolo ma delizioso, che si affaccia sulla valle del Fersinone, guardando un paesaggio caratterizzato da ginestre, ginepri, cisti, roverelle e lecci.

Antichi edifici e natura splendida ma anche sorgenti d’acque ferrugginose e solfuree, riportano indietro nel tempo.  
Fino agli anni ‘50 a San Vito funzionavano ben due mulini ad acqua nel fiume Fersinone “Rota Prona” e “Mulino dell’Ospedale”.

 

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria

massetano

Il grande forno medievale, i suoi custodi e la festa di Sant’Apollinare a Messenano, frazione di Spoleto che sconfina con Acquasparta

Messenano è un borgo medievale, frazione di Spoleto, a stretto confine con Acquasparta, primo avamposto della provincia di Terni verso il perugino. Nel cuore del borgo, tra i vicoli, un grande forno a legna medievale, di proprietà della Comunanza Agraria locale, continua ad essere, oggi come nei secoli passati, il luogo di vita comunitaria della piccola frazione, un centinaio di abitanti nell’Ottocento, scesi a una quarantina oggi.
Il pane “sciapo” si prepara secondo gli antichi usi locali, e quando la gente del borgo decide di prepararlo si mette d’accordo e in tutte, o quasi, le abitazioni, ci si mette all’opera: il forno è così grande che tutte le famiglie, autentiche custodi del forno, possono permettersi i loro filoni.
Ma la grande festa del pane, aperta a tutti, si tiene in occasione della ricorrenza del patrono, Sant’Apollinare da Ravenna, che cade il 23 luglio: intorno a questa data la Pro loco di Santa Maria in Rupis organizza laboratori, incontri, e una grande cena nei vicoli intorno al forno. La festa del pane di Messenano dura in genere un paio di giorni, ma è solo la punta di diamante di momenti di cultura, tradizione e amicizia che il forno con la sua sola presenza attira tutto l’anno.

 

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria

FORNO COLPETRAZZO

Massa Martana, quattro forni in un territorio ricco di storia e leggende

Colpetrazzo, Montignano, Viepri, Villa San Faustino: il territorio di Massa Martana conserva ben quattro forni di comunità, lo sfondo, paesaggistico, di Storia e di storie, d’arte e cultura, è quello di un’Umbria particolare e da scoprire. Ognuno dei borghi che, tra viuzze e piazze, ospita un forno, nasconde bellezze, segreti e tesori nascosti.

A Colpetrazzo, nella chiesa di San Bernardino, risplende un affresco con la Madonna attorniata da angeli e santi, miracolosamente venuto alla luce dopo secoli d’oblio e sepoltura sotto strati d’intonaco nel 1999.

A Montignano la vegetazione nasconde, o se preferite protegge, i ruderi della chiesa di Santa Degna, che qui si rifugiò per sfuggire alle persecuzioni degli imperatori Diocleziano e Massimiano e visse a Montignano in preghiera e meditazione.

Viepri vale la pena di una visita anche all’abbazia di Santa Maria di Viepri. Costruita nel XII secolo è un bell’esempio di architettura romanica: gli inevitabili rimaneggiamenti, restauri e rifacimenti nel corso dei secoli non ne hanno stravolto l’impronta originaria.
Austera e imponente riflette la storia e la forte impronta del passato massetano, e di un luogo all’incrocio di strade e di vicende.

L’unica catacomba cristiana nota attualmente in Umbria si trova vicino alla chiesa di Villa San Faustino, lungo il tracciato
della via Flaminia. Poco lontano si trova il ponte Fonnaia, che permetteva d’attraversare il torrente Naia: costruito nel 220 a.C. ma si presenta come venne restaurato nel I secolo d.C., imponente, in blocchi di travertino e a una sola arcata.
Luogo di passaggi e incroci il massetano permette, andando di forno in forno, di immergersi in un mondo senza tempo, ricco di
suggestioni, antiche ricette tramandate di generazione in generazione con orgoglioso rispetto.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria”

assignano forno

Il forno di Assignano a Collazzone

Il forno di Assignano è attualmente in disuso ma ben conservato e si trova in fila con l’antichissimo forno per la cottura dei “cocci”, a raccontare un’altra storia, che sa di borgo, di pani ma anche di artigianato dalle radici millenarie.
Assignano infatti ha alle spalle una notevole tradizione di fornaci e terrecotte, di mattoni e pentolame. La bottega dell’ultimo cocciaio si trova ancora accanto al forno per i cocci, così come l’ha lasciata l’ultimo artigiano di Assignano qualche decennio fa, nel suo ultimo giorno di lavoro.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria

piedicolle

Il forno di comunità di Piedicolle a Collazzone

A Piedicolle il forno di comunità, tuttora in uso, è inserito nel muraglione che sorregge il borgo. In un luogo appartato e intimo è sovrastato da cespugli di capperi, che a seconda della stagione si coprono di fiori e dei loro frutti, la cui presenza non è insolita in quest’area, anche se meno frequente di un tempo. Le donne del paese conoscono anche i segreti della raccolta e conservazione dei capperi.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “La Torta di Pasqua in Umbria

parco del trasimeno

Parco del Lago Trasimeno…il parco delle meraviglie

Fragile e bellissimo, come un ricamo, è anche il Parco del lago Trasimeno, una delle zone umide più caratteristiche d’Europa per la presenza di specie botaniche, faunistiche ed ittiche di rilevante significato.

La porta di questa meraviglia della natura è l’Oasi la Valle, a San Savino di Magione, accanto all’imbocco dell’emissario che porta
fino al Tevere le acque in eccesso del lago.
Un luogo privilegiato per studiare centinaia di specie migratorie: il rifugio di almeno 60mila uccelli di duecento specie diverse che qui si fermano a nidificare o svernare.
Due terzi sono folaghe: quelle nere si riconoscono da una macchia caratteristica sulla fronte. Sembrano quasi passeggiare sulla superficie del lago, appena sopra le vaste praterie di piante acquatiche che crescono sui bassi fondali. Gli svassi nuotano veloci, poi si immergono per pescare.

Insieme a loro, alzavole, moriglioni e germani reali. Quando tira la tramontana, si concentrano nell’angolo sud est tra l’isola Polvese
e il promontorio di San Feliciano. Migliaia di esemplari di uccelli, si aggiungono ogni anno ai volatili che hanno scelto il loro stabile nido sulle rive del Trasimeno: morette, cavalieri d’Italia, aironi bianchi e cenerini e aironi rossi che nidificano tra i canneti. I cormorani si asciugano le ali al vento, sui margini dei canneti. Rapaci, come l’albanella minore e il biancone, cacciano d’estate. In autunno arrivano migliaia di storni e di rondini che si preparano alla migrazione annuale. Tra loro, anche qualche cicogna bianca insieme ai falchi pescatori. Molti passeriformi vengono marcati ogni anno con un anellino in una apposita stazione di inanellamento. Così si scopre che una cannaiola bigia che pesa meno di dodici grammi, sverna in Africa, a migliaia di chilometri dal cuore d’Italia. E che uno storno è arrivato fino in Russia, a duemila chilometri dal Trasimeno. Tanta meraviglia si può osservare con tutta la calma necessaria,
grazie ad una struttura attrezzata per il birdwatching e le visite guidate, accessibili anche ai bambini in passeggino e alle persone diversamente abili.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria del Trasimeno

acque e cielo

Acque e cielo, lo stesso destino…il Trasimeno che incantò gli scrittori

Acque e cielo appaiono uniti dallo stesso destino: uno specchio fragile nel quale sembra riflettersi tutta la grande bellezza dell’Umbria.

“Sembra un uovo di pavoncella; ulivi grigi preziosi, delicati, freddo mare, verde conchiglia”. Così, nell’inverno del 1935, descrisse il Trasimeno nel suo diario la grande scrittrice inglese Virginia Woolf. Colori resi sempre nuovi dalla luce che dal cielo si riflette sulle acque: argentee al mattino, verdi, blu o rosa a seconda del sole e delle ore del giorno. Fino a rosseggiare d’estate, in tramonti che sembrano infiniti. 

Lo spettacolo ammalia ancora oggi il viaggiatore. Una emozione che si ripete ogni giorno. E che spesso si ha voglia di condividere, come scriveva in modo appassionato Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”: “Il lago di Perugia offre uno spettacolo di grande bellezza. Mi struggo dal desiderio di avere al mio fianco qualcuno dei miei”. 

Lo scrittore di fiabe Hans Christian Andersen (1805-1875), che forse proprio sulle rive del lago, a Passignano, trovò ispirazione per la storia de “Il brutto anatroccolo”, raccontò lo stupore di un Trasimeno “illuminato dalla sera, come oro fiammeggiante fra le montagne azzurre”. E aggiunse: “Dall’alto e al di là delle distese di uliveti, ammiravamo lo stesso incantevole paesaggio che si rifletteva negli occhi di Raffaello come aveva fatto in quelli di Augusto…”.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria del Trasimeno