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Da Monteverde a Monte delle Cerque: sui passi di San Francesco a Valfabbrica

Una serie di itinerari ispirati al percorso intrapreso da San Francesco quando, nel 1207 subito dopo la sua spoliazione pubblica sulla Piazza di Assisi, partì dalla sua casa per giungere a Gubbio.
L’occasione per incamminarsi lungo un sentiero ancora selvaggio, immerso tra i boschi tipici dell’Umbria: oltre 40 chilometri suddivisi su diversi percorsi da godersi a piedi, in bicicletta o a cavallo.
Il tutto completato da un panorama appagante, che fu dello stesso Francesco, estimatore attento e profondo della natura, riflesso del volto di Dio.

Da Monteverde, piccolo paese di alta collina che si affaccia con vista panoramica verso i colli perugini e i monti Martani, si parte per una non difficoltosa ma suggestiva passeggiata immersa nel verde pre-montano tipico dell’Umbria.

Da Perugia si raggiunge Valfabbrica (SS. 318), da qui si seguono le indicazioni Coccorano-Monteverde, dopo circa 10 Km di salita si giunge a Monteverde dove si parcheggia la macchina e si prosegue a piedi.
Dopo aver parcheggiato l’auto all’interno del paese si percorrono circa 100 metri andando verso Coccorano seguendo la strada principale costeggiando sulla sinistra una fitta pineta di Pinus nigra (pino nero).
Al primo bivio si prende una strada in lieve discesa a sinistra, lasciandoci sulla destra la strada principale. Dopo aver lasciato un casale sulla sinistra a circa 60 mt dal bivio sopra citato si segue sempre la strada principale che dopo una curva a destra inizia a salire dolcemente portandoci verso il “Monte delle Cerque”.
Fatto circa 1,5 Km in prossimità di un altro casale sempre sulla sinistra, arriviamo ad un trivio dove ignorando la strada bianca a sinistra e la strada bianca a destra troviamo, sempre a destra, una strada sterrata che apparentemente sembra riportarci indietro, ma in effetti è la strada sterrata che si inerpica dolcemente alla radura del “Monte delle Cerque”.
Presa la strada sterrata ci lasciamo alle spalle il vicino paese di Fratticiola Selvatica; a sinistra troviamo sotto di noi tutta la vallata del fiume Chiascio con ben in evidenza il relativo invaso che si spinge fino all’orizzonte dove troviamo compatta la catena appenninica umbro-marchigiana, mentre a destra troviamo in primo piano i colli perugini ed i Monti Martani. Questo punto del percorso appare particolarmente suggestivo sia nel periodo autunnale che invernale, infatti durante il tramonto con giornate particolarmente limpide, il sole definisce con particolare fascino i colli perugini e la stessa città di Perugia.
La vegetazione che qui troviamo è tipica del lauretum freddo, infatti l’azione dei forti venti che in queste zone insistono si evidenzia sia sulle specie arboree che arbustive, le quali essendo caratterizzate da Quercus cerris (certo), Quercus pubescens (roverella), Juniperus comunis ed oxicedrus (ginepro) non riescono a superare i 10 mt di altezza per le specie arboree e circa 1 mt per quelle arbustive.

Dopo aver percorso circa 200 metri in lieve salita e dopo aver attraversato un giovane querceto arriviamo in una radura panoramica di eccezionale bellezza. Durante il periodo estivo questo luogo non a caso è utilizzato per effettuare avvistamenti antincendio. All’orizzonte da nord a sud-est sì può vedere tutta la catena appenninica umbro-marchigiana dove a nord nord-est è ben visibile il Monte Cucco mentre ad est-sud est spicca la cima del Monte Vettore. Più vicino a noi (sud-est) si può vedere imponente il Monte Subasio.
Facendo particolare attenzione nei periodi caldi da qui è possibile inoltrarci nei numerosi sentieri del Monte delle Cerque; se dotati di un po’ dì fortuna e di un buon binocolo è possibile vedere i numerosi rapaci in volo: poiane, gheppi, nibbi e nibbi reali. Ritornati alla radura panoramica e lasciandoci alle spalle il sentiero che ci ha condotti fin qui, troviamo di fronte a noi una ciottolosa ed ampia mulattiera in discesa; presa questa dopo appena 150 mt. ci ritroviamo alla strada principale (Valfabbrica-Monteverde) in località C. Spinella. Da qui si procede a destra e dopo circa 2,5 Km ritorniamo al grazioso paesino di Monteverde.

TEMPI
Circa 2,5 ore comprese le soste.

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CASA CONTADINA: UN MUSEO A CORCIANO

All’interno del centro storico di Corciano, borgo incastonato sulla cima di un colle affacciato sulla valle che da Perugia porta al Lago Trasimeno, una tipica abitazione custodisce il Museo della casa contadina: entrando è possibile riavivere negli ambienti tipici della civiltà agricola locale propria di un passato non troppo lontano.
Una cucina, una camera da letto, un granaio e un fondo stalla: questi i locali delle case contadine diffuse a Corciano come in tutta l’Umbria prima dell’avvento dell’economia industriale. Gli ambienti sono allestiti con i tradizionali e semplici arredi, completi di utensili e attrezzi di uso quotidiano originali: dal telaio ligneo al tavolo da falegname, da l’ascina per il bucato, al materasso costituito da un saccone di foglie, al “prete” per scaldarsi dalle freddi notte. Tutta una serie di elementi, testimoni preziosi di uno stile legato al lavoro della terra, alla famiglia, alla religione.

Il museo, sempre aperto nel periodo di eventi comunali, è visitabile nel resto dell’anno su prenotazione presso gli uffici comunali.

Dove: Via Tarragone 12, 06073 Corciano (Pg)
         Telefono: +39 075 5188255/6

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IL ROGO DI SANSIMINO

 

L’ultimo giorno di carnevale la tradizione prevede che per le vie di Marsciano (Perugia) si snodi una schiera di incappucciati che, intonando con voce spiegata una antica filastrocca, accompagnano in corteo verso la piazza centrale un pupazzo di paglia e stracci alto tre metri.
È la rievocazione storica, culminante nel processo e nella condanna al rogo di Sansimino, personaggio immaginario simbolo del cattivo per eccellenza, di un episodio, verosimilmente datato 1643.

Si racconta che all’epoca dello “strappo” tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio, un esercito di fiorentini invase i possedimenti ecclesiastici, tra cui appunto il territorio di Marsciano: il castello fu assediato e, per difendersi, i marscianesi, vestiti di bianco, corsero in cima alle mura agitandosi con delle torce in mano, come “anime del Purgatorio”.
L’esercito, credendo di assistere alla visione di fantasmi sopraggiunti dal Purgatorio, si spaventò e si diede alla fuga.
Altra versione della storia riferisce invece di un diverso stratagemma difensivo: viene narrato che gli abitanti di Marsciano, indossate tuniche e cappucci bianchi, si misero in piedi sulle mura, così da insinuare il sospetto che il castello fosse colpito da un’epidemia di peste. Per paura del contagio i fiorentini levarono le tende, e Marsciano fu salva.

Cosa sia accaduto in realtà non è certo, in ogni modo la tradizione indica che gli Incappucciati da quel momento istituirono la Compagnia del Purgatorio o Signoria del Carnevale.

Ancora oggi Marsciano conclude i festeggiamenti carnevaleschi rievocando l’avventura del 1643: la sera del martedì grasso un carro trasporta il fantoccio allegorico di Sansimino per le vie del centro, illuminate dalle fiaccole della processione degli incappucciati: si apre il processo che si conclude con sentenza inappellabile immediatamente esecutiva… Sansimino è messo al rogo, per scacciare via i mali dell’anno appena trascorso e per auspicarsi tempi migliori.
Tra i protagonisti del corteo degli Incappucciati: “il Nero” (l’unico vestito completamente di nero) è il boia, colui che declama la sentenza di morte e la esegue appiccando per primo il rogo; “la Falce” rappresenta la morte che attende Sansimino e, prima che sia dato luogo alla sentenza, compie tre giri di corsa attorno a lui; “il Teschio”, un incappucciato che indossa un teschio di cervo, a monito della lugubre fine che spetta al condannato.

L’immagine è tratta dal sito dell’Associazione Oratorio Santa Maria Assunta di Marsciano, che cura l’organizzazione dell’evento. 
 

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Da località La Valle di Arrone (Tr) a Tripozzo per un antico sentiero dell’olio

Il sentiero, un tempo utilizzato come collegamento con i muli tra il paese di Arrone e quello di Tripozzo, sale tra gli uliveti percorrendo il paesaggio tipico collegato alla tradizionale coltura dell’olivo.
Non distante dalla Fonte San Lorenzo, che si incontra lungo il sentiero a 485 m s.l.m. , sono visibili i resti di un antico mulino, la cui datazione presumibilmente riconducibile all’epoca romana, conferma l’importanza della coltivazione dell’olivo per l’area già da tempi antichi.
Il percorso si chiude raggiungendo il piccolo borgo rurale di Tripozzo, posto a mezza costa sulle pendici dell’omonimo monte, area archeologica nella quale sono stati rinvenuti materiale in ceramica, brani di murature, probabili tracce di edificio nel quale, tra il I sec a.C. ed il I sec. d.C., veniva eseguita una fase della lavorazione per la produzione di olio d’oliva.

PARTENZA: Arrone Loc. La Valle (321 m. s.l.m.)
ARRIVO: Tripozzo (560 m. s.l.m.)
DISLIVELLO: 239 m
TEMPO DI PERCORRENZA: ANDATA 1 ora – RITORNO 45 minuti
DIFFICOLTA’ : Facile
QUOTA MASSIMA: Tripozzo (560 m. s.l.m.)
ITINERARIO: segnalato

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Dal centro di Arrone (Tr) a Monte di Arrone

L’itinerario è particolarmente apprezzabile sia per gli scorci paesaggistici che regala, sia perché ha rappresentato luogo di ritrovamento di reperti archeologici.

Partendo dal centro di Arrone, antico castello fondato nell’anno 880, si raggiunge, attraverso un percorso agevole, la cima del Monte di Arrone. Da qui si può godere di un punto privilegiato di osservazione con lo sguardo che abbraccia il paesaggio della bassa Valnerina.
La cima conserva poi le tracce di un antico luogo di culto per sacrifici ed offerte votive: un santuario di vetta, oggi ricordato dallo scavo rettangolare nella roccia calcarea, area di rinvenimento di reperti di valore, tra cui, oltre a bronzetti votivi, anche una testa in marmo di divinità appartenuta presumibilmente ad una statua di culto presente nel santuario.

PARTENZA: Arrone (236 m. s.l.m.)
ARRIVO: Monte di Arrone (420 m. s.l.m.)
DISLIVELLO: 126 m
TEMPO DI PERCORRENZA: ANDATA 45 minuti – RITORNO 30 minuti
DIFFICOLTA’ : Facile
QUOTA MASSIMA: Monte di Arrone (420 m. s.l.m.)
ITINERARIO: segnalato

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Da Casteldilago di Arrone (Tr) all’Eremo della Madonna dello Scoglio

Una proposta per chi desidera gustare la varietà botanica della zona, immersa nel contesto del fiume Nera, per raggiungere l’Eremo della Madonna dello Scoglio, meta dell’itinerario.
L’eremo, immerso nella ricca vegetazione, è un edificio di origine cinquecentesca, sottoposto a successivi ampliamenti nel corso del XVII e XVIII secolo.
Si erge su uno sperone di roccia a strapiombo, nel luogo in cui fu dipinta proprio sulla roccia l’immagine della Madonna, apparsa proprio in quel luogo al nobiluomo di Casteldilago Pietro Lelli.
Il sito è diventato meta di processioni durante le quali ancora oggi, a memoria del miracoloso evento, si intona la “Canzoncina in lode a Maria Santissima dello Scoglio Rotondo” composta all’epoca dell’apparizione dall’arciprete locale.

PARTENZA: Casteldilago (220 m. s.l.m.)
ARRIVO: Eremo della Madonna dello Scoglio (465 m. s.l.m.)
DISLIVELLO: 245m
TEMPO DI PERCORRENZA: ANDATA 1 ora – RITORNO 45 minuti
DIFFICOLTA’ : Facile
QUOTA MASSIMA: Eremo della Madonna dello Scoglio (465 m. s.l.m.)
ITINERARIO: segnalato

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OCCHIOLINO, PRESAGIO DI NOZZE

Costanzo, un dolce ed un…occhiolino. Per sapere cosa lega tra loro questi tre elementi occorre indagare nelle tradizioni secolari della città di Perugia, quando i rioni erano ad un passo dalla campagna limitrofa, e le ragazze in età da marito si recavano speranzose nella antica Chiesa dedicata al patrono di Perugia.
Il perché? …oltre che per esprimere la propria devozione al Santo della grande freddura (per distinguerlo da San Lorenzo, il patrono della grande calura venerato il 10 di agosto, altro protettore, insieme ad Ercolano, della città) anche per avere risposta ad un interrogativo sostanziale: arriveranno le nozze entro l’anno?
Secondo una antica usanza, infatti, il 29 gennaio, giorno dedicato al Santo martire, le ragazze nubili, vestite a festa, si recavano alla Chiesa di San Costanzo. Qui era custodita, in un angolo scarsamente illuminato, una statua lignea del santo vestita con i paramenti cerimoniali tipici del vescovo.
La fisionomia di Costanzo non doveva essere particolarmente attraente: lo scultore pare avesse dedicato poca attenzione ai particolari del volto, tant’è che sembra, come confermato da coloro che ne conservavano la memoria, che un occhio apparisse più piccolo dell’altro.
Il risultato era che, per un sottile gioco di luci riflesse, in certe condizioni di illuminazione, poteva aversi l’impressione che il Santo si dilettasse a…fare l’occhiolino: dal verificarsi di questo cenno, le giovani donne in età da marito, traevano la conferma che sarebbero convolate a nozze entro l’anno.
In caso contrario, nella speranza di rinviare l’agognato ammiccamento all’anno successivo, le giovani meno fortunate sussurravano la frase “San Costanzo dall’occhio adorno famme l’occhietto sinnò n’ciartorno” (“San Costanzo dall’occhio adorno fammi l’occhiolino sennò non ci ritorno”). Come consolazione, il dolce tipico della festa veniva donato loro dal fidanzato.
Questa credenza legata al Santo conferma il forte legame dei perugini con il proprio patrono che, per la ricchezza di leggende e tradizioni a lui collegate, può a tutta ragione essere considerato tra gli altri santi protettori della città quello che maggiormente ne ha colpito la tradizione popolare.
Sembra infatti che avesse il potere di aiutare l’unione tra uomo e donna e favorirne la procreazione: si narra di come in passato, venisse realizzata in occasione della festa una statua del Santo interamente prodotta con l’impasto del torcolo: mangiarne un pezzo, si credeva aiutasse le donne a guarire dai problemi di sterilità.

Da visitare, la Chiesa di San Costanzo, che sorge nel centro storico di Perugia, immediatamente fuori dalla porta di San Costanzo collocata alla fine di Borgo XX Giugno, ed edificata nel 1143 sul luogo in cui il Santo fu sepolto dopo il martirio.

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Oasi "La valle"

L’Oasi Naturalistica “la Valle” nasce nel 1996 per volontà della Provincia di Perugia, è gestita dalla cooperativa ” l’Alzavola” che si occupa delle aperture del centro visite, delle attività didattiche, turistiche e dell’Inanellamento Scientifico degli uccelli. La struttura, compresa nel Parco Regionale del Lago Trasimeno, si trova a San Savino di Magione, sulla sponda sud orientale del Lago, nella zona dove più esteso è lo straordinario ambiente del canneto al quale si deve la ricchezza di specie che si possono osservare: la Valle è interessata dal passaggio di rotte migratorie di centinaia di specie di uccelli che si fermano a nidificare, a svernare, o solo a rifornirsi di cibo durante il viaggio, così che ogni stagione dell’anno permette osservazioni diverse ed interessanti. L’Oasi è dotata di un Centro visite, un edificio a tre piani costruito alla fine dell’ottocento per ospitare il “Consorzio di Bonifica del Lago Trasimeno”, al cui interno è stata allestita una mostra riguardante gli aspetti storico-naturalistici dell’area della Valle; l’edificio ospita anche il Centro Di Educazione Ambientale dotato di aule didattiche attrezzate con strumentazione multimediale, di un laboratorio scientifico con 18 stereomicroscopi, di un centro di documentazione con oltre 250 testi sulla natura e cultura del Trasimeno e di poster, depliant e testi in Braille per permettere la fruizione autonoma ai non vedenti. All’esterno, ha uno spazio verde, una stazione per l’Inanellamento degli uccelli, per lo studio delle popolazioni di Passeriformi, una passerella che si inoltra nel canneto con un osservatorio per birdwatching con la disponibilità di 40 binocoli, 2 cannocchiali e 20 audioguide per rendere ogni partecipante completamente autonomo nella fruizione della struttura. L’Oasi la Valle è aperta tutto l’anno per visite guidate, autonome e con audioguida.

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Parco dei Monti Sibillini

Il Parco nazionale dei Monti Sibillini fu istituito nel 1993. Si estende a cavallo delle regioni Marche e Umbria.

Le province interessate sono pertanto: Macerata, Fermo, Ascoli Piceno e Perugia. L’Ente gestore del Parco, Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini, ha sede a Visso (MC). I comuni del parco sono: Acquacanina, Bolognola, Castelsantangelo sul Nera, Cessapalombo, Fiastra, Fiordimonte, Pievebovigliana, Pieve Torina, San Ginesio, Ussita e Visso (provincia di Macerata); Arquata del Tronto, Montegallo e Montemonaco (in provincia di Ascoli Piceno); Amandola e Montefortino (in provincia di Fermo); Norcia e Preci (in provincia di Perugia).

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Parco del Monte Subasio

Il Parco del Monte Subasio è un’area protetta, istituita nel 1995, costituita dal sistema montano che prende il nome dal monte omonimo, forse il più famoso dell’Umbria, dominando dai suoi 1290 metri di altezza l’ampio paesaggio vallivo e collinare e comprendente i comuni di Assisi, Nocera Umbra, Spello e Valtopina.
Nell’area del Parco sono presenti borghi, rocche, ponti, fontanili, chiese, santuari, conventi, abbazie, oratori, edicole che vanno ad incrementare il valore storico ed architettonico del territorio. Il susseguirsi di tutte queste piccole ma importanti opere, inserite in una cornice a forti connotazioni agricole e rurali, rappresenta una delle maggiori attrattive turistiche del territorio.
Il Parco del Monte Subasio è anche il territorio delle memorie francescane e dei tanti eremi disseminati lungo la montagna del Subasio: per questo è stato definito il “Parco mistico” o, anche, il “Parco di Assisi”, in quanto la cittadina ne rappresenta l’accesso privilegiato. Assisi e il suo monte vivono reciprocamente in una sorta di simbiosi che si tramanda sin dall’antichità e che, attraverso i secoli, si è rafforzata e radicata. 
Il Parco del Monte Subasio, sin dal X sec. a.C., ha assunto carattere di sacralità e misticismo per le popolazioni umbre e questi elementi di spiritualità si sono rafforzati e caratterizzati con San Francesco e le presenze del suo ordine monastico, nonché con l’ode del Cantico delle Creature, straordinario documento di ammirazione e di amore per la natura e il Monte Subasio. 
La caratteristica forma arrotondata del Monte Subasio e il monumentale complesso della basilica di Assisi che si allunga lungo le sue pendici, lo rendono facilmente identificabile nel panorama della pianura umbra.
Il monte Subasio per le sue caratteristiche geomorfologiche e per le condizioni favorevoli delle correnti d’aria, si presta alla pratica di attività affascinanti quali il parapendio e il volo libero. Il Parco è inoltre una delle zone umbre dove la sentieristica è più sviluppata e meglio mantenuta.

 

I comuni del parco sono: Assisi, Nocera Umbra, Spello e Valtopina.