CACIOTTA AL TARTUFO

L’area di produzione storica di questa squisitezza è il territorio Eugubino-Gualdese ma si può trovare, di grande qualità, anche in tutto il territorio regionale e, in particolare, in Valnerina, dove abbonda il “tuber melanosporum”.

La leggenda dice che la nascita del formaggio con il tartufo sia dovuta ad uno scherzo fatto da un ragazzo di un caseificio che, nel 1963, nei pressi di Sigillo, nascose del tartufo in una forma di cacio fresco che era stata destinata alla stagionatura. Nessuno si accorse di nulla fino a quando quella forma fu pronta per essere grattata sulla pasta. Il particolare sapore da allora ha incontrato un grande successo tra i consumatori. Grazie alla genuinità assicurata dagli animali che pascolano nella zona di produzione.

Il latte intero di vacca e, talvolta in piccole percentuali anche di pecora, pastorizzato e addizionato di fermenti lattici, viene fatto scaldare a 35-38°C. Poi viene aggiunto caglio di vitello. Al momento della coagulazione si procede alla rottura della cagliata:si divide dal siero e si aggiunge il tartufo in forma grattugiata. La proporzione è all’incirca di 500 grammi di tartufo per 50 chilogrammi di prodotto finito. Dal mescolamento si ottiene una pasta che viene inserita in appositi stampi adatti per sgrondare il siero. Quindi si procede anche con una stufatura a vapore in appositi cassoni, per un’ora ad una temperatura di 40-50°C. Arriva poi il momento cruciale della salatura, fatta per bagno in salamoia, per una durata di 12-15 ore circa. La maturazione del formaggio avviene in ambienti umidi all’80% ed a basse temperature (8-12°C). Non è prevista la stagionatura.

Le forme sono cilindriche, dalle dimensioni mediopiccole. La crosta è chiara, costellata di punti più scuri, mentre la pasta, internamente, è di colore paglierino. Il sapore e l’odore sono forti di tartufo. E al taglio si esprime tutta l’aromaticità del prezioso tubero.

Per il consumo, bisogna seguire il consiglio dei produttori, che raccomandano di tenere il formaggio per diverso tempo a temperatura ambiente in modo che la pasta si ammorbidisca e i profumi si liberino al meglio.

Mangiata da sola, con del pane casereccio, talvolta utilizzata in preparazioni culinarie, di questa caciotta esistono anche le alternative alla cipolla, al pepe, al peperoncino, alle olive e alle noci.

 

Tratto dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “L’Umbria dei formaggi” consultabile qui.

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