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Spunti dai borghi: Panicale

Panicale è posto come spartiacque tra il bacino lacustre del Trasimeno e le valli del Nestore e della Chiana.

L’antichissimo borgo della provincia di Perugia mantiene intatta la forma ellittica del castello con al centro la piazza della Corte (ora Umberto I) su cui sorgono la chiesa di S. Michele Arcangelo e la vasca poligonale del ‘400, trasformata poi in fontana.

 

Nel punto più alto del borgo si staglia il Palazzo del Podestà intorno al quale si dipanano a cerchi concentrici le abitazioni e le strade che arrivano fino alle mura.

 

In una di queste stradine è custodito il settecentesco teatro comunale Caporali. Le opere d’arte più preziose si trovano, invece, fuori delle mura: la Chiesa della Madonna della Sbarra e la Chiesa di S. Sebastiano.

Merita una visita il museo del tulle, ricco di testimonianze dell’arte del ricamo nota come Ars Panicalensis.

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Panicale tra i luoghi più belli del pianeta secondo il New York Times

Tra i luoghi più belli del pianeta figura anche Panicale. Lo certifica il New York Times che ha dedicato a questo “piccolo gioiello umbro” una puntata della rubrica “The World Through a Lens – Il mondo attraverso una lente”.

L’articolo “Riflessioni quiete sull’incantevole villaggio italiano di Panicale” èuscito per la serie “Il mondo attraverso una lente”. (consultabile al link https://www.nytimes.com/2020/08/17/travel/panicale-italy.html) e porta la firma del fotografo e giornalista Barry Scwartz che nel 2017, in luna di miele, ha fatto tappa a Panicale, grazie all’amico Steve Siegelman (scrittore californiano con casa a Panicale).

Barry Scwartz prima del 2017 non era mai stato in Italia. Il suo soggiorno in Umbria, nella piccola Panicale è stata la scoperta dell’autenticità in ogni dettaglio, dalle pietre, al cibo, alle persone. Nel suo reportage parla della terrazza sul Trasimeno e di alcuni indimenticabili momenti, come la visita guidata compiuta insieme all’Ufficio Informazioni turistiche. Parla poi di quel prezioso scrigno che è il Teatro Caporali, di cui è rimasta particolarmente affascinata la moglie Maggie, una stilista.

E poi del Museo del Tulle, dedicato al ricamo e che ospita Dalia Lazar, artista in residenza e della Chiesa della Madonna della Sbarra, con il suo piccolo museo di oggetti e paramenti sacri.

 “Rimane – scrive Barry – un sacco di vita e bellezza nei muri antichi, nelle persone incontrate, nel cielo sotto l’aereo che sorvola i campi”.

 

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Il pane all’epoca dell’antico Egitto

Tutti i popoli del Mediterraneo conoscevano il grano fin dagli albori della loro storia, ma non tutti cominciarono a panificare nello stesso tempo. Secondo gli storici il primato spetta agli egiziani, presso i quali la coltivazione dei cereali era una delle attività più importanti, favorita dalle annuali inondazioni del fiume Nilo, che, lasciando sul terreno grandi quantità di fertile limo, consentiva di effettuare anche due raccolti all’anno. Una leggenda vuole che l’impasto del pane sia nato proprio in seguito ad uno straripamento del Nilo, le cui acque bagnarono le scorte di farina conservate nei magazzini del faraone. Ad un altro “leggendario” aneddoto si lega la scoperta del lievito: una domestica egizia, per far dispetto alla padrona, gettò nella pasta del pane il residuo della preparazione della birra, che provocò la fermentazione dell’impasto.

Ma al di là delle fantastiche narrazioni, è plausibile che gli egiziani scoprissero presto che il principio della fermentazione dei cereali con cui preparavano la birra, tra gli alimenti base della loro dieta, potesse essere applicato alla panificazione.

Nell’antico Egitto il lavoro del fornaio era considerato una vera e propria professione e il pane cotto nei forni rappresentava – al pari dei cereali – una moneta di scambio. In un documento risalente al Nuovo Regno (1570 -1085 a.C.), il periodo di massimo splendore della civiltà, vengono enumerati addirittura quaranta varietà di pani e di dolci.

Dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Perugia “Di forno in forno”