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Il vino e la vite nell’antichità: tra Grecia e Roma

La vite ed il vino sono stati solennemente celebrati nelle opere letterarie greche, poiché si considerava il vino un dono speciale delle divinità.

Si narra che Dioniso, figlio di Zeus, un giorno d’estate, si fosse ritirato in una grotta per riposarsi. Alzando gli occhi, vide una vite colma di grappoli e di chicchi rigonfi. Li prese e li pigiò dentro una ciotola. Bevve il liquido ottenuto gustandone il sapore gratificante.

Capì che la terra gli aveva donato una bevanda straordinaria che chiamò «vino». Ninfe e satiri bevvero con lui quel nettare nuovissimo. Dioniso salì su un carro con Sileno, il vecchio satiro che lo aveva allevato, e si mise in cammino per far conoscere il vino alle contrade della Grecia e da lì si inoltrò in Egitto e in India.

Gli antichi Greci non solo conobbero il vino come bevanda dissetante, ma lo elevarono anche ad un alto grado di sacralità, facendone uso specialmente nelle funzioni religiose, nelle feste e nei momenti importanti della vita.

Nell’antica Roma, Dioniso fu accolto nel Pantheon, il suo nome fu mutato in Bacco e venne sempre invocato nei momenti più salienti della maturazione dell’uva. Gli antichi romani erano considerati i maggiori esperti nel campo dell’agricoltura. I legionari romani importarono la vite nella Gallia, nella Penisola Iberica e nella Britannia Meridionale.

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LA PIACEVOLE STORIA DEL VINO: A PARTIRE DA NOE’

La storia del vino si perde nella notte dei tempi.

La Bibbia fa risalire a Noè la coltura della vite. Dopo quaranta giorni e quaranta notti di pioggia continua, Noé poté aprire le porte dell’Arca, liberò le povere bestie, che aveva raccolto prima del diluvio per ordine supremo, e se ne andò con la moglie ed i tre figli Sem, Cam e Jafet, a coltivare la terra e a procreare, obbedendo ai divini comandamenti.

Dice la Bibbia che piantò alberi da frutto, fece germogliare le sementi e costruì una vigna. Un giorno, quando il frutto della vite fu maturo ed i grappoli profumavano al sole, egli li colse e li pigiò con le mani in un vaso, ottenendone un succo invitante. Quel liquido di amabile sapore gli comunicava una giovanile euforia.

Si ritirò, allora, all’ombra di un grosso albero fronzuto per godersi in pace la bella bevuta. Passò il figlio Cam, di ritorno dai campi, e, vedendo il padre dormire scomposto e scoperto, lo derise davanti ai fratelli. Noè maledì il figlio che gli aveva mancato di rispetto ed invocò, invece, la benedizione di Dio sugli altri due figli che lo avevano coperto.

Noè continuò a coltivare la vite e a bere l’ottimo succo dei suoi frutti. La mitologia egiziana, quella indiana e quella ellenica attribuiscono la scoperta della vite e del vino al Dio dell’Agricoltura: Osiride in Egitto, Some in India, Dioniso in Grecia. La scoperta era proprio un dono divino e come tale potenziale apportatore di benessere. Il succo dell’uva tenuto nei primi rudimentali recipienti fermentò spontaneamente.

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Quando a Perugia si coniava il denaro…

L’attività dei cambiatori nel Medioevo è legata principalmente al denaro e, dunque,alla Zecca.

La creazione di una Zecca a Perugia ha conosciuto vicende molto complesse. Sappiamo che tra il XXII e XIII secolo circolavano in città monete coniate soprattutto in zecche toscane come Pisa, Siena e Lucca con un indiscusso primato del denaro lucchese; solo con la metà del Duecento si verifica un declino della moneta lucchese sostituita dagli anconetani e ravennati e da un pluralismo monetario fino ad allora sconosciuto.

Ancora alla metà del secolo si assiste alla diffusione del doppio sistema della moneta grossa e della moneta piccola; della prima fanno parte il fiorino grosso d’argento, ma soprattutto il fiorino e il ducato d’oro. Tali monete sono utilizzate ben oltre i confini della città e in cui vengono coniate: le troviamo anzi soprattutto nel commercio internazionale e nelle transazioni finanziarie più importanti.

A fronte della moneta grossa, la moneta piccola, di cui l’esempio tipico è rappresentato dal denaro, ha densa circolazione, seppur limitata al mercato locale, al piccolo commercio e al pagamento dei salari.

Sarà proprio il denaro la prima unità di moneta coniata dalla Zecca perugina, impiantata da due zecchieri lucchesi che stipulano con il Comune un contratto che nell’immediato non dà i risultati desiderati; solo con il trecento, grazie sempre a zecchieri e cambiatori toscani, la Zecca entrerà in funzione, anche se non continuativamente, coniando monete grosse d’argento e monete parve ovvero il denaro coni suoi multipli (il quattrino e il sestino).

Le due monete hanno diversa fortuna: il denaro raggiunge una netta prevalenza rispetto ad altre unità forestiere dello stesso conio, mentre la moneta grossa d’argento deve dividere il mercato con monete di altre città e soprattutto con il fiorino che nel Medioevo ed oltre non ha rivali sul mercato dei cambi.

Tratto da Storia illustrata di Perugia di M.Grazia Nico Ottaviani – Camera di Commercio di Perugia

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Le Arti nel medioevo a Perugia

Alla fine del Duecento in Perugia molte sono le attività organizzate in Arti o corporazioni che, prendendo a modello il Comune, hanno propri statuti e un proprio organigramma costituito da un camerlengo coadiuvato da più rettori, un consiglio, massari, talvolta un proprio tribunale dove si dibattono cause coinvolgenti i propri iscritti. Il primo interrogativo che gli studiosi si sono posti è relativo alla quantificazione del numero delle Arti a perugia. Annibale Mariotti (medico ed erudito settecentesco) compilò nel 1786 un elenco delle Arti perugine basato sullo spoglio delle matricole (cioè dell’elenco degli iscritti) appartenenti ad epoche diverse; il numero di numero di quarantaquattro arti da lui indicato è stato poi confermato da studi successivi se pure sulla base di documenti diversi. Altro tema è quello della gerarchia delle Arti, generalmente distinte in “grosse” e “minute” (o “maggiori” e “minori”) secondo un criterio che tiene conto di più elementi: la consistenza economica e numerica degli associati, la collocazione di ogni professione all’interno del processo produttivo e del mercato urbano, la maggiore o minore partecipazione dei suoi aderenti alla vita politica. tale gerarchia è legibile in un capitolo dello statuto in volgare del 1342 dove si parla di “luminarie” ovvero delle solenni processioni per le feste di Sant’Ercolano e della Vergine, processioni nelle quali le Arti sfilavano dietro le autorità cittadine secondo un ordine non casuale, bensì sicuramente gerarchico, stabilito in base ai parametri sopra detti: almeno nel 1342 gli iscritti al Cambiosfilano subito dietro quelli della Mercanzia e immediatamente prima della “Calzolaria”, e poi seguono tutte le altre.

La maggioranza delle Arti lavora per il mercato locale e solo poche (i cambiatori, i mercanti non specializzati, gli artigiani lanieri e i calzolai) si spingono fuori dalla regione o addirittura all’estero approfittando della favorevole posizione della città che, situata lungo l’asse commerciale toscano tra Ancona e Arezzo, Firenze, Pisa, riesce a inserirsi nello spazio internazionale.

Le Arti godono in Perugia di una vita molto lunga a motivo del sistema politico vigente che assicura l’accesso al governo della città solo agli iscritti, se pure non “esercitanti” il mestiere; per cui in età moderna si assisterà al fenomeno dell’iscrizione in massa della nobiltà delle Arti, anzi i collegi delle due >Arti di maggiore prestigio, di origine più antica, con un raggio di interessi più vasto e con un maggior peso economico, ovvero Mercanzia e Cambio, diventeranno i “collegi nobili di Perugia” sui quali l’aristocrazia eserciterà un vero “monopolio”, istituzionalizzato nel XVII secolo e protrattosi fino alla soppressione decretata da Pio VII nel 1801.

Tratto da Storia illustrata di Perugia di M.Grazia Nico Ottaviani-  Camera di Commercio di Perugia

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I nobili collegi del cambio e della mercanzia a Perugia

La Mercanzia e il Cambio, le due principali Arti, si insediano abbastanza presto nel Palazzo dei Priori per “congruità con il luogo del potere”. La prima lo fa nel 1403 dopo un lungo, graduale processo di acquisizione dei locali iniziato dal 1384.

A metà del XV secolo anche il Cambio trova lì la sua sistemazione; nel 1452 infatti trasferisce l?udienza in alcuni locali del Palazzo per i quali iniziano subito i lavori di ristrutturazione che si concluderanno nel 1457. Il Collegio del Cambio poi celebra se stesso affidando le decorazioni della sala dell’Udienza al pittore più famoso del momento cioè il Perugino che fu chiamato nel 1500 ad eseguire le pitture parietali seguendo un programma dettato  dall’umanista perugino Francesco Maturanzio, seguendo il quale sono raffigurati uomini illustri dell’antichità raggruppati secondo le virtù che li distinsero: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza. Oltre all’autoritratto del pittore, non mancano soggetti sacri: la Trasfigurazione, il Presepio, l’Onnipotente con in basso una schiera di Profeti e una di Sibille.

 

Tratto da Storia illustrata di Perugia di M.Grazia Nico Ottaviani – Camera di Commercio di Perugia

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DULCIS IN FUNDO; E SI FINIVA CON …MARZAPANE E CONFETTI

Tale è stato infatti, fino a tutto il Seicento il modo di concludere una cena di riguardo: con i preziosissimi confetti di zucchero, offerti dal padrone di casa, e conservati gelosamente in una monumentale “bomboniera” a forma di nave d’oro, scrigno delle meraviglie e di golosità.

CURIOSITA’

A ricordo dello storico matrimonio tra Wallis Simpson e Edward Windsor, gli sposi regalarono piccoli pezzi della loro torta nuziale su una scatola rivestita di seta con scritto: “Un pezzo della nostra torta nuziale 3-VI-1937”.

NOTE SULL’ARTE DEL RICEVERE

La tradizione della bomboniera deriva dalla credenza che la gioia e la fortuna della festa vadano condivise anche con gli invitati, offrendo loro del cibo da portarsi via, una volta terminata la celebrazione.

Oggigiorno, l’usanza di destinare agli invitati cadeaux da portare a casa, che possono essere di natura diversa, è simbolo e segno di ringraziamento per gli ospiti. Gli esperti suggeriscono che i cadeaux siano tutti uguali e vengano consegnati a fine ricevimento.

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SUCCESSIONE DELLE PORTATE

La diffusione di piatti, bicchieri e posati individuali è storia relativamente recente. Lo stesso modo di mangiare, con le portate che compaiono sulla tavola in successione, una dopo l’altra, risale alla prima metà dell’Ottocento, quando viene abbandonato il tipo di servizio detto alla francese o all’italiana.

Questo prevedeva un’unica imbandigione, secondo il sistema barocco, con il “tutto in tavola” contemporaneamente; oggi noi diremmo: dagli antipasti al dolce…

Tratto da “Il Merletto in Tavola – Tradizioni antiche e nuovi linguaggi nell’arte del ricevere” Camera di Commercio di Perugia

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IL LINGUAGGIO DEI FIORI E LE DECORAZIONI DELLA TAVOLA

Poeti, scrittori, storici, ognuno ha raccontato l’origine delle rose, generando opinioni contraddittorie.

Tuttavia gli antichi sono concordi nel ritenere che le prime rose fossero solo bianche…Una leggenda vuole che sia stata la dea Venere che, correndo a recare soccorso al suo amante Adone, abbia posato il piede sopra un rosaio e sia stata punta da una spina. Da qui, dal regale sangue della dea Venere, le rose cominciarono a tingersi di rosso.

Protagonisti delle tavole e delle grandi occasioni, i fiori per le decorazioni sono scelti dalla padrona di casa che può prediligere ciò che preferisce e ciò che rappresenta al meglio la sua personalità e il suo speciale “progetto” di condivisione con i suoi ospiti. Il bon ton suggerisce che le decorazioni siano o molto basse o molto sottili ed alte in modo tale da non ostruire la visione dei commensali, e che non abbiano profumi intensi, in modo da non creare disagio o alterare la percezione olfattiva di cibi e bevande.

Tratto da “Il Merletto in Tavola – Tradizioni antiche e nuovi linguaggi nell’arte del ricevere” Camera di Commercio di Perugia

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La Strada dei Vini del Cantico

Un originale connubio tra atmosfere, colori, magie e tradizioni dei luoghi più rappresentativi dell’Umbria e l’armonia dei loro vini e delle loro specialità gastronomiche.

Per scoprire una zona dell’Umbria attraverso la sua viabilità storica attraverso due percorsi (da Perugia e Spello e da Perugia e Todi) dove si trovano le testimonianze di una cultura secolare: borghi antichi, città, castelli, chiese e abbazie, per fare un viaggio nel passato attraverso rievocazioni, feste e tradizioni che ogni anno danno vita a momenti di grande vivacità e interesse; per vivere i ritmi naturali della terra, scoprire i luoghi dove nascono nobili vini, grazie alla fatica e all’ingegno dell’uomo; per gustare sapori con una grande varietà di piatti e di abbinamenti di gusto.

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Strada del Vino Colli del Trasimeno

Una palestra naturale, dove esercitare tutti i cinque sensi attraverso un itinerario pieno di memoria, cultura, natura e sapori. Nel percorrere i suoi colli si riceve la sensazione di essere sospesi a 300-400 metri tra lago e cielo dove le vigne sono diventate coltivazioni preziose, collocate ai confini di un bosco o di un oliveto, di campi di girasole e di grano.

Strada dei Vini dei Colli del Trasimeno dal sito della Regione Umbria